Trump spinge al ribasso le borse: ecco cosa ha detto

Luca Fiore

02/12/2019

02/12/2019 - 18:00

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Donald Trump continua a decidere, in un senso o nell’altro, l’andamento delle piazze finanziarie. Oggi ha deciso di spingere al ribasso i listini.

Trump spinge al ribasso le borse: ecco cosa ha detto

Prima seduta del mese di dicembre a due velocità per le borse europee. Di poco sopra la parità nella prima parte di contrattazioni in scia delle indicazioni arrivate dal manifatturiero cinese, il cui indice dei direttori degli acquisti si è riportato sopra quota 50 punti a novembre, gli indici borsistici europei sono scivolati in rosso.

In chiusura di seduta, l’indice Eurostoxx 50 ha segnato un calo dell’1,99% a 3.629,77 punti e il nostro Ftse Mib è sceso del 2,28% a 22.728,59 punti. Perdita più contenuta per lo statunitense S&P500, in rosso dello 0,84% a 3.114,95 punti.

Come spesso accade, dietro l’inversione di tendenza delle piazze finanziarie c’è il presidente statunitense Donald Trump.

Mercati: ecco perché sono in rosso

Da sempre particolarmente prolifico su Twitter, anche questa volta The Donald ha mosso i mercati tramite l’utilizzo del social dei cinguettii.

Due i grandi temi toccati da Donald Trump su Twitter: le tariffe commerciali e la Federal Reserve.

Per quanto riguarda la questione dazi, oggi Trump ha attaccato Brasile e Argentina annunciando che ripristinerà le tariffe sull’acciaio e l’alluminio.

«Brasile e Argentina hanno messo in campo una forte svalutazione delle loro valute e questo non è positivo per i nostri agricoltori”, ha scritto Trump.

“Di conseguenza, e con effetto immediato, ripristinerò le tariffe su tutto l’acciaio e l’alluminio che verrà spedito negli Stati Uniti da quei Paesi», si legge nel tweet.

Dazi Brasile e Argentina: la parola agli esperti

Riteniamo, ha commentato Timme Spakman, economista di ING, “che le autorità di Brasile e Argentina non siano responsabili per questa debolezza (delle valute, ndr). L’Argentina, ad esempio, si trova ad affrontare l’ennesimo problema legato al debito […] mentre in Brasile la Banca Centrale sta intervenendo per limitare il deprezzamento del real”.

Inoltre, continua l’esperto, “non è chiaro se Trump abbia l’autorità di mettere in campo simili misure dopo che la Corte statunitense per il Commercio internazionale lo scorso 15 novembre ha valutato illegale il precedente aumento del 50% sulle tariffe relative acciaio e alluminio”. Nel complesso, la sensazione che si ricava è che “gli accordi commerciali siglati con gli Stati Uniti abbiano un valore limitato”.

Trump e la Federal Reserve: continuano gli attacchi

Trump non poteva lasciarsi sfuggire l’opportunità di tornare ad attaccare la Federal Reserve, da sempre uno dei suoi bersagli preferiti.

“La Federal Reserve – ha rilevato Trump- dovrebbe agire per far sì che questi Paesi (Brasile e Argentina, ndr), così come molti altri, non traggano vantaggio dalla forza del dollaro svalutando ulteriormente le loro valute”.

Questo, continua un Trump come sempre particolarmente combattivo, “rende molto difficile per i nostri industriali ed i nostri agricoltori esportare equamente”. “Abbassa e allenta i tassi, Fed!”.

Trump: Wall Street è salita a due cifre con dazi

Forse per sottolineare la sua capacità di indirizzare l’andamento dei mercati, Trump in un altro messaggio ha rilevato come i mercati siano saliti del 21% da quando, a gennaio 2018, i dazi sono stati annunciati “e (con i dazi, ndr) gli Stati Uniti stanno accumulando un enorme quantità di denaro (che stiamo dando ai nostri agricoltori, nel mirino della Cina)!”.

Il supporto offerto dalle autorità statunitensi alle proteste di Hong Kong ha immediatamente fatto scattare la risposta piccata delle autorità di Pechino, da sempre particolarmente sensibili quando vengono trattate questioni interne. Di conseguenza, nelle condizioni attuali, è improbabile che prima della fine dell’anno venga raggiunto un accordo commerciale di fase uno tra Stati Uniti e Cina.

Un portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Hua Chunying, oggi ha annunciato che alcuni gruppi statunitensi attivi nella promozione dei diritti umani (tra cui il National Endowment for Democracy, Human Rights Watch e Freedom House) saranno colpiti da sanzioni. Inoltre, le autorità cinesi sospenderanno le visite al porto di Hong Kong da parte delle navi della Marina americana.

A questo punto i riflettori restano puntati sulla scadenza del 15 dicembre, quando dovrebbe scattare l’incremento dei dazi sul “made in China” (anche se è difficile che Trump deciderà di minare il rally di Natale).

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