Cinque mesi dopo l’inizio del suo secondo mandato, Trump non convince: tra caos decisionale, bluff diplomatici e instabilità, gli investitori iniziano a preoccuparsi.
Donald Trump ha fatto ritorno alla Casa Bianca a gennaio, ma a cinque mesi dall’inizio del suo secondo mandato, i segnali lanciati al mondo – e ai mercati – sono tutt’altro che rassicuranti. La nuova amministrazione ha mostrato finora uno stile decisionale impulsivo, privo di coerenza strategica, e soprattutto inefficace. I dossier internazionali più urgenti – Ucraina, Medio Oriente, politica commerciale – sono fermi, o peggio, in regressione. E questa incertezza si sta riflettendo in modo crescente sulle scelte degli investitori.
Il tratto distintivo di questa nuova presidenza Trump è la centralità dell’esibizione della forza, spesso fine a sé stessa. Il presidente lancia messaggi muscolari, annuncia svolte radicali, ma all’atto pratico i risultati mancano. L’approccio si rivela quindi debole proprio là dove vorrebbe apparire dominante: nella gestione dei grandi equilibri geopolitici ed economici. A differenza del 2017, oggi molti attori internazionali non temono più i suoi “bluff”: sanno che spesso si tratta di mosse isolate, non sostenute da una visione di lungo periodo.
Il caso Ucraina è emblematico: dopo mesi di dichiarazioni roboanti e promesse di “soluzioni decisive”, non si è visto alcun progresso concreto. La guerra continua, la diplomazia americana è in stallo e la credibilità della leadership USA è in calo. Anche sul fronte dei dazi, Trump ha rilanciato lo scontro con la Cina, evocando nuovi balzelli sull’import, ma senza definire un piano strutturale. Il risultato? Mercati nervosi, supply chain in allarme e partner commerciali sempre più guardinghi. [...]
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