Tensione India-Pakistan, cosa sta succedendo e perché si teme una nuova guerra

Violetta Silvestri

8 Maggio 2025 - 11:43

Perché è scoppiata la tensione tra India e Pakistan e cosa temere? Le ragioni di una potenziale guerra tra le due nazioni e le tappe fondamentali della storica rivalità.

Tensione India-Pakistan, cosa sta succedendo e perché si teme una nuova guerra

La tensione tra India e Pakistan è salita alle stelle e la minaccia dello scoppio di un conflitto in Asia è altissima.

Un altro pericoloso fronte di guerra rischia quindi di aggiungersi ai già drammatici e imprevedibili contesti dell’Ucraina e del Medio Oriente. L’escalation tra le due nazioni rivali per il dominio sul territorio del Kashmir è esplosa di nuovo in questi primi giorni di maggio, riportando in prima pagina una storia ormai lunga e non risolta fatta di rivendicazioni territoriali, divisioni religiose, povertà, attacchi terroristici, insurrezioni che si sono accumulate dalla fine del periodo coloniale britannico fino a oggi.

La cronaca più recente racconta che l’India ha lanciato attacchi nelle prime ore del 7 maggio contro quelli che ha definito “campi terroristici” in Pakistan, incluso il territorio conteso del Kashmir. L’attacco ha fatto seguito all’uccisione di 26 uomini, per lo più turisti, nel Kashmir indiano il mese scorso da parte di aggressori islamisti, che New Dehli ha accusato di essere pakistani.

Il ministero della Difesa indiano ha affermato che gli attacchi, denominati Operazione Sindoor, facevano parte di un “impegno per chiudere il cerchio” sui responsabili dell’attacco del 22 aprile a Pahalgam, nel Kashmir amministrato dall’India, in cui hanno perso la vita 25 indiani e un cittadino nepalese.

Tuttavia il Pakistan, che ha negato qualsiasi coinvolgimento nell’attacco, ha descritto le mosse indiane come “non provocate”, con il primo ministro Shehbaz Sharif che ha affermato che l’atto atroce di aggressione “non rimarrà impunito”.

Il timore dello scoppio di una vera e propria guerra, tra due potenze nucleari, è alto. La maggior parte degli esperti concorda sul fatto che una rappresaglia da parte del Pakistan sia inevitabile, ma che la diplomazia dovrà intervenire.

Kashmir diviso tra India e Pakistan, le tappe della contesa

Comprendere le ragioni di questa escalation tra le due nazioni asiatiche significa ripercorrere la storia del Kashmir.

Non è infatti la prima volta che i due Paesi più grandi dell’Asia meridionale, che insieme contano più di 1,6 miliardi di persone, circa un quinto della popolazione mondiale, si trovano nell’ombra di una potenziale guerra.

Al centro della loro lunga ostilità c’è lo status della valle del Kashmir, per la quale India e Pakistan hanno combattuto tre delle loro quattro guerre precedenti. Dall’indipendenza dal dominio britannico nel 1947, entrambi i paesi hanno controllato parti del Kashmir – con la Cina che ne domina una terza parte – ma continuano a rivendicarlo integralmente.

Situata nel nord-ovest del subcontinente indiano, la regione si estende su 222.200 chilometri quadrati, con circa quattro milioni di persone che vivono nel Kashmir amministrato dal Pakistan e 13 milioni nel Jammu e Kashmir amministrato dall’India.

All’origine di tutto c’è la fine del dominio coloniale britannico e la spartizione dell’India britannica nell’agosto del 1947, che portarono alla creazione del Pakistan a maggioranza musulmana e dell’India a maggioranza indù.
Si prevedeva che il Kashmir sarebbe diventato parte del Pakistan, come altre regioni a maggioranza musulmana. Il suo sovrano indù desiderava che rimanesse indipendente, ma, di fronte a un’invasione da parte di tribù musulmane provenienti dal Pakistan, aderì all’India nell’ottobre del 1947 in cambio di aiuto contro gli invasori.

Il Kashmir finì per essere diviso tra l’India a maggioranza indù, che governa la valle del Kashmir, il Jammu e il Ladakh; il Pakistan islamico, che controlla l’Azad Kashmir («Kashmir libero») e le aree settentrionali; e la Cina, che controlla l’Aksai Chin.

Una disposizione della Costituzione indiana, l’articolo 370, prevedeva un’autonomia parziale per il Jammu e Kashmir. Fu redatta nel 1947 dall’allora Primo Ministro dello Stato, lo sceicco Abdullah, e accettata dal Primo Ministro indiano, Jawaharlal Nehru. Sebbene concepita come temporanea, fu inclusa nella Costituzione indiana nel 1949 dall’Assemblea Costituente.

Nell’agosto 2019, il governo del Primo Ministro Narendra Modi ha però revocato lo status di semi-autonomia del Kashmir, in una mossa che, a suo dire, avrebbe migliorato l’integrazione della regione con il resto del Paese. Lo stato è stato riorganizzato in due territori dell’Unione amministrati a livello federale: Jammu e Kashmir e Ladakh.

Frustrazione e militarizzazione del Kashmir e delle zone di confine tra i territori sotto guida indiana e pakistana si sono acuite negli anni.

L’India insiste sul fatto che il Pakistan sia responsabile della crisi in corso in Kashmir e lo accusa di ospitare, finanziare e addestrare i gruppi armati con base in Pakistan che hanno rivendicato la responsabilità di molteplici attacchi nel Kashmir amministrato dall’India nel corso dei decenni.

Il Pakistan continua a negare di alimentare la violenza nel Kashmir controllato dall’India e sottolinea invece il diffuso risentimento tra la popolazione locale, accusando l’India di imporre un governo duro e antidemocratico nella regione. Islamabad afferma di sostenere il separatismo kashmiro solo diplomaticamente e moralmente.

Tutte le guerre tra India e Pakistan

Le due nazioni si sono scontrate in vere e proprie guerre in quattro occasioni finora.

La prima scoppiò a ridosso dell’indipendenza nel 1947-48 e si concluse con un cessate il fuoco mediato dalle Nazioni Unite e, nel 1949, i due Paesi formalizzarono una linea di cessate il fuoco in base a un accordo firmato a Karachi, allora capitale del Pakistan. La nuova linea di confine divise il Kashmir tra le zone controllate dall’India e dal Pakistan.

Nel settembre del 1965, meno di due decenni dopo l’indipendenza, India e Pakistan si scontrarono nuovamente in guerra per il controllo della regione. Il Pakistan sperava di aiutare la causa del Kashmir e di fomentare una rivolta locale, ma la guerra si concluse con una situazione di stallo, con entrambe le parti che accettarono un cessate il fuoco sotto la supervisione delle Nazioni Unite.

Un’altra guerra seguì nel dicembre del 1971, questa volta per il Pakistan orientale, in seguito a una rivolta popolare dei nazionalisti bengalesi sostenuti dall’India contro il dominio pakistano. La guerra portò alla creazione del Bangladesh. Più di 90.000 soldati pakistani furono catturati dall’India come prigionieri di guerra. L’accordo di Simla trasformò la linea del cessate il fuoco nella LoC, un confine di fatto ma non riconosciuto a livello internazionale, mettendo ancora una volta in discussione lo status del Kashmir.

Nel 1999, scoppiò il conflitto a Kargil, dove le forze indiane e pakistane si contesero il controllo delle alture strategiche lungo la LoC. L’India alla fine riconquistò il territorio perduto e lo status quo pre-conflitto fu ripristinato.

Gli anni successivi videro una graduale riduzione del conflitto diretto, con la firma di molteplici cessate il fuoco. Tuttavia, l’India intensificò significativamente la sua presenza militare nella valle. Le tensioni si sono riaccese nel 2016 dopo l’uccisione di Burhan Wani, una popolare figura separatista. La sua morte ha portato a un aumento della violenza nella valle e a scontri a fuoco più frequenti lungo la LoC.

I principali attacchi nel Kashmir amministrato dall’India, tra cui quelli a Pathankot e Uri nel 2016, hanno preso di mira le forze indiane, che hanno attribuito la colpa a gruppi armati sostenuti dal Pakistan.

L’escalation più grave si è verificata nel febbraio 2019, quando un convoglio di paramilitari indiani è stato attaccato a Pulwama, uccidendo 40 soldati e portando le due nazioni sull’orlo della guerra.

Cosa sta succedendo adesso?

Mercoledì mattina presto Delhi ha dichiarato che sono state prese di mira nove località diverse sia nel Kashmir amministrato dal Pakistan sia in Pakistan. Secondo l’agenzia, questi siti sarebbero “infrastrutture terroristiche”, ovvero luoghi in cui gli attacchi contro l’India sarebbero “pianificati e diretti”.

L’India ha sottolineato di non aver colpito alcuna base militare pakistana, affermando che le sue azioni sono state “mirate, misurate e non hanno avuto carattere escalation”

Il ministro della Difesa pakistano Khawaja Asif ha però subito evidenziato che gli attacchi hanno colpito zone civili, aggiungendo che l’affermazione dell’India di “aver preso di mira campi terroristici” era falsa.

Gli attacchi arrivano dopo settimane di crescente tensione tra i due paesi vicini dotati di armi nucleari a seguito delle sparatorie avvenute nella pittoresca cittadina turistica di Pahalgam. L’attacco del 22 aprile da parte di un gruppo di militanti ha causato la morte di 26 persone; i sopravvissuti hanno affermato che i militanti avevano preso di mira uomini indù. Si è trattato del peggior attacco contro i civili nella regione negli ultimi due decenni e del primo grave contro i civili da quando l’India ha revocato l’articolo 370, che conferiva al Kashmir lo status di semi-autonomia, nel 2019.

Nonostante l’aumento delle tensioni, alcuni esperti continuano a sperare in una de-escalation. “Ci sono buone probabilità che usciremo da questa crisi con un solo round di attacchi reciproci e un periodo di intensi scontri a fuoco lungo la linea di controllo,” secondo il professore Christopher Clary dell’Università di Albany negli Stati Uniti intervenuto su BBC.

Tuttavia, il rischio di un’ulteriore escalation resta elevato, rendendo questa la crisi tra India e Pakistan “più pericolosa” dal 2002 e persino più rischiosa delle situazioni di stallo del 2016 e del 2019, ha aggiunto. Gli esperti in Pakistan sottolineano che, nonostante l’assenza di isterismo bellico prima dell’attacco indiano, la situazione potrebbe cambiare rapidamente.

C’è molta incertezza. L’India si trova ancora una volta a camminare su un sottile confine tra escalation e moderazione.

Poco dopo l’attacco di Pahalgam, New Dehli ha prontamente reagito chiudendo il principale valico di frontiera, sospendendo un trattato di condivisione delle acque, espellendo diplomatici e bloccando la maggior parte dei visti per i cittadini pakistani.

Le truppe di entrambe le parti si sono scambiate colpi di armi leggere e l’India ha vietato a tutti gli aerei pakistani di entrare nel suo spazio aereo, replicando la precedente mossa del Pakistan. In risposta, il Pakistan ha sospeso un trattato di pace del 1972 e ha adottato le proprie misure di ritorsione.

Tensione India-Pakistan, chi sono gli attori esterni?

Il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha subito chiesto “massima moderazione”, un sentimento condiviso dall’Unione Europea e da numerosi Paesi, tra cui il Bangladesh.

Il primo ministro britannico Keir Starmer ha sollecitato il dialogo e la de-escalation. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, uno dei primi a reagire, ha dichiarato ai giornalisti alla Casa Bianca di sperare che gli scontri si concludano molto rapidamente. Il segretario di Stato americano Marco Rubio, nel frattempo, ha affermato di seguire da vicino gli sviluppi.

I riflettori sono accesi innanzitutto sulla Cina. Il dragone ha stretto rapporti strategici con il Pakistan, come osservato in una analisi degli esperti Ispi: “Anche grazie alla sua posizione geografica, in quanto garantisce uno sbocco sul Mar Arabico, il Pakistan è infatti un anello fondamentale del progetto della Belt and Road Initiative (BRI) con il China-Pakistan Economic Corridor. Oltre agli investimenti infrastrutturali, la Cina è il principale partner commerciale del Pakistan e la principale fonte di importazioni.”

Islamabad ha inoltre aumentato gli acquisti di armi dalla Cina, che oggi pesa per l’81% circa nell’import di armamenti pakistani.

Con l’India, invece, rimane un rapporto di maggiore rivalità. Il dragone è in competizione con il gigante indiano, soprattutto nelle relazioni commerciali e diplomatiche in Asia. Inoltre, New Dehli mantiene aperti i canali relazionali con l’Occidente, soprattutto in questo contesto storico così complesso. Proprio con USA e anche con alcuni Paesi europei, Francia in primis, l’India ha stretto sempre maggiori accordi per acquistare le armi.

Come specificato dagli analisti di Ispi: “In questo contesto, con il Pakistan più ancorato all’influenza cinese e l’India che si avvicina a Washington, è inevitabile considerare il conflitto come un potenziale tassello all’interno della più ampia competizione tra Stati Uniti e Cina.

Un fattore, quest’ultimo, da non sottovalutare nel contesto di aspra rivalità geopolitica mondiale in corso.

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