Una tecnologia sospetta è stata appena trovata nei pannelli solari cinesi

Luna Luciano

17 Maggio 2025 - 15:05

Componenti non documentati negli inverter solari cinesi potrebbero minacciare la rete elettrica europea. Un rischio serio per la sicurezza nazionale.

Una tecnologia sospetta è stata appena trovata nei pannelli solari cinesi

Gli esperti hanno trovato dei componenti cinesi sospetti negli impianti fotovoltaici.

Un’allerta che potrebbe scuotere il settore energetico globale arriva dagli Stati Uniti: durante alcune ispezioni di routine, tecnici americani hanno individuato componenti sospetti all’interno degli inverter utilizzati nei pannelli solari cinesi. Questi elementi non risultano nella documentazione ufficiale dei dispositivi e potrebbero, secondo fonti informate, rappresentare una minaccia concreta alla sicurezza delle infrastrutture energetiche.

In Europa, circa 200 gigawatt di energia solare, una parte significativa del fabbisogno elettrico, dipendono da inverter prodotti in Cina. Il controllo remoto e la manutenzione di questi impianti richiedono necessariamente dispositivi di comunicazione integrati, ma la presenza di hardware non dichiarato apre scenari inquietanti: accessi non autorizzati, manipolazione a distanza e persino la possibilità di blackout su larga scala.

La scoperta, riportata da Reuters, è stata condivisa da due fonti rimaste anonime ma ben informate. Anche se non è ancora emersa una prova definitiva di un’intenzione malevola, l’incertezza che circonda la provenienza, la funzione e l’integrazione di questi componenti alimenta seri dubbi sulla sicurezza della rete elettrica in Europa e nel mondo. Ecco tutto quello che c’è da sapere a riguardo.

Inverter cinesi: componenti non documentati e sospetti

Secondo quanto riferito da Reuters, le autorità americane hanno scoperto nei pannelli solari cinesi alcuni componenti di natura elettronica che non figurano nella documentazione tecnica dei dispositivi. Si tratta di parti tipicamente impiegate nei telefoni cellulari, in particolare dispositivi di comunicazione che permettono il controllo da remoto. Questi moduli sono stati individuati negli inverter, ovvero i dispositivi responsabili di convertire l’energia prodotta dai pannelli solari in corrente alternata, pronta per essere immessa nella rete elettrica.

Il fatto che questi componenti non siano dichiarati ha sollevato immediatamente interrogativi sulla loro funzione reale. In un settore dove ogni dettaglio deve essere conforme a standard di sicurezza e trasparenza, la presenza di elementi non documentati è una “red flag”. Non si tratta semplicemente di un’anomalia tecnica: è un potenziale punto di ingresso per attacchi informatici o per operazioni di controllo da remoto non autorizzate.

Le aziende energetiche che utilizzano questi inverter adottano solitamente firewall per impedire la comunicazione diretta con l’esterno, in particolare con Paesi terzi come la Cina. Tuttavia, l’integrazione di dispositivi non ufficiali potrebbe eludere tali barriere, aprendo una falla nei sistemi di sicurezza. Se ciò fosse vero, non solo verrebbe compromesso il funzionamento degli impianti solari, ma si aprirebbe la possibilità di azioni coordinate per interrompere o sabotare la produzione elettrica.

Le fonti che hanno condiviso le informazioni con Reuters hanno sottolineato che, anche in assenza di intenti malevoli, è fondamentale conoscere nel dettaglio ogni componente installato in un’infrastruttura critica. Senza questa consapevolezza, il rischio diventa strutturale, perché rende impossibile prevedere o controllare completamente il comportamento del sistema. L’ambiguità in ambito tecnologico, in questo contesto, equivale a vulnerabilità.

Inverter cinesi sospetti: i rischi per la sicurezza nazionale

La questione non riguarda solo la tecnologia o la qualità dei prodotti: tocca il cuore della sicurezza nazionale. In Europa e negli Stati Uniti, le infrastrutture energetiche sono considerate asset strategici, indispensabili per il funzionamento di ogni settore dell’economia e della vita civile. Il fatto che una parte significativa della produzione di energia rinnovabile dipenda da tecnologie importate, in particolare da un Paese come la Cina, solleva preoccupazioni geopolitiche di primo piano.

Con oltre 200 gigawatt di potenza solare in Europa supportata da inverter cinesi, anche un’interruzione parziale potrebbe avere conseguenze gravissime. In caso di manipolazione remota coordinata, si ipotizzano blackout estesi, malfunzionamenti nella rete e gravi danni fisici alle infrastrutture. Questo renderebbe vulnerabili interi Paesi, soprattutto in periodi di tensione internazionale o conflitto.

Gli esperti parlano apertamente di “tasto dolente” nelle infrastrutture critiche. In un momento storico in cui la transizione energetica verso fonti rinnovabili è una priorità globale, il fatto che queste tecnologie siano in parte sotto controllo di attori esterni poco trasparenti crea un paradosso pericoloso. La sostenibilità non può andare a scapito della sicurezza.

Il silenzio delle autorità ufficiali, come l’Energy Information Administration statunitense, lascia spazio a speculazioni, ma non riduce la portata del problema. Anche se i componenti sospetti non sono stati installati con scopi offensivi, la semplice possibilità di un loro uso improprio dovrebbe bastare per avviare indagini approfondite e rivedere le politiche di approvvigionamento tecnologico.

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