Stop auto a benzina e diesel dal 2035: in Italia a rischio 70 mila posti di lavoro. Ecco perché

Redazione Motori

9 Giugno 2022 - 12:48

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Il Parlamento europeo ha approvato il testo che prevede lo stop alla vendita di veicoli termici nell’Ue a partire dal 2035. L’allarme dei costruttori: "A rischio 70 mila posti di lavoro". Ecco perché.

L’industria dell’automotive è a un punto di svolta. Il Parlamento europeo ha approvato il testo sulla riduzione delle emissioni di CO2 delle macchine. Testo che prevede l’addio alla vendita di veicoli a benzina, diesel e gpl nei paesi dell’Unione europea a partire dal 2035.

Il provvedimento colpisce dunque tutte le macchine a combustione che andranno sostituite dalle case automobilistiche con veicoli elettrici. Fatta eccezione per i veicoli pesanti commerciali. Ma i costruttori lanciano l’allarme, solo in Italia sarebbero a rischio 70 mila posti di lavoro. C’è il rischio dunque di una crisi del settore? Entriamo nel dettaglio.

Addio auto termiche, a rischio 70 mila posti di lavoro

Il Parlamento europeo ha approvato il testo sulla riduzione delle emissioni di CO2 delle auto. Testo che prevede lo stop alla vendita di veicoli termici nei paesi dell’Unione europea a partire dal 2035. Ma i costruttori hanno lanciato l’allarme, a rischio 70 mila posti di lavoro solo in Italia.

Come mai? Il motivo è matematico: se per la realizzazione di un motore termico ci vogliono 100 persone, per costruirne uno elettrico bastano 25 addetti. Tre quarti dei dipendenti dunque sarebbero inutili. I posti di lavoro a "saltare" riguardano l’intera filiera produttiva. L’Italia sarebbe il paese a risentirne di più perché nel nostro paese la maggior parte dell’industria dell’automotive è rappresentata dalla componentistica. Che non lavora solo per gli stabilimenti Stellantis, ma anche per molte case tedesche e francesi.

Il prossimo 28 giugno, il consiglio dei ministri dell’Ambiente dell’Ue dovrà pronunciarsi sulla proposta del Parlamento europeo, accettandola o suggerendo modifiche.

Stop ai veicoli termici dal 2035, le reazioni

"C’è una forte delusione per questa decisione - ha spiegato Paolo Scudieri presidente dell’Anfia, l’Associazione delle imprese della filiera automotive - anche perché a Strasburgo in realtà non c’è stata una maggioranza netta. A nostro avviso è giusto identificare obiettivi per la decarbonizzazione come ha fatto l’Ue, è un errore invece imporre una unica tecnologia per arrivarci".

Secondo Anfia sono 450 le imprese più esposte perché impegnate quasi esclusivamente nella produzione di motori a combustione. "Parte della filiera italiana soffrirà di questa decisione e la posizione di Anfia è di dare voce alle aziende più in difficoltà. Allo stesso tempo però è importante per noi stimolare le imprese a investire sulle nuove tecnologie per conquistare spazi in un mondo, quello della componentistica auto, in fortissima trasformazione". Come riporta Aifa, il contraccolpo dello stop ai veicoli termici sarebbe avvertito soprattutto dai componentisti.

Dal mondo sindacale, la Fim-Cisl commenta: "Ora il governo deve rendere disponibile per le imprese gli 8 miliardi del fondo dell’automotive e insediare un comitato scientifico che indirizzi le politiche di vantaggio nei settori strategici della mobilità del futuro". La Fiom ha chiesto un confronto immediato tra governo, sindacati e imprese.

Unica deroga riconosciuta, per la case automobilistiche che lavorano su volumi limitati come Ferrari e Lamborghini.

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