“Stop al rigassificatore”, prima grana per il governo Meloni. Perché l’Italia può andare in difficoltà sul gas

Stefano Rizzuti

20/10/2022

25/10/2022 - 09:23

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Il rigassificatore di Piombino rischia di diventare la prima grana per il nuovo governo Meloni, con l’opposizione all’infrastruttura da parte del sindaco della cittadina toscana, esponente di Fdi.

“Stop al rigassificatore”, prima grana per il governo Meloni. Perché l’Italia può andare in difficoltà sul gas

Prima ancora di arrivare a Palazzo Chigi, mentre l’impegno è tutto indirizzato alle trattative per la nascita del suo governo, Giorgia Meloni ha già una bella gatta da pelare all’interno del suo partito. Fratelli d’Italia rischia di spaccarsi, almeno parzialmente, sul rigassificatore di Piombino.

Infrastruttura essenziale per diminuire la dipendenza dalle forniture di gas russo, secondo Meloni, ma problema di non poco conto a livello locale, con la ferma opposizione del sindaco della cittadina toscana, Francesco Ferrari, esponente proprio del partito della prossima presidente del Consiglio.

Il sindaco di Piombino (Livorno) è tornato a opporsi al rigassificatore, spiegando che anche i tecnici dell’amministrazione comunale “hanno esposto le ragioni oggettive, tecniche, giuridiche e scientifiche per cui possiamo e dobbiamo ritenere l’ipotesi della nave all’interno del porto come sbagliata”. Il riferimento è a un convegno nel quale è stato rappresentato, a giudizio di Ferrari, il limite “invalicabile” per la città di Piombino.

La manifestazione a Piombino e la posizione di Meloni

Il sindaco di Piombino ha partecipato alla manifestazione contro il rigassificatore. Ma è evidente che la posizione di Meloni non coincide con quella del primo cittadino. Solo poche settimane fa, prima di vincere le elezioni, la leader di Fdi aveva detto che i rigassificatori vanno fatti per diminuire la dipendenza dal gas russo: “Se non ci sono alternative per me l’approvvigionamento energetico è una priorità ma bisognerà però parlare molto seriamente del ruolo del comune e delle compensazioni che vanno al comune di Piombino”, aveva spiegato.

Posizione ben diversa da quella espressa ancora una volta dal sindaco di Piombino, che riportando le parole dei tecnici ribadisce le “ragioni per cui l’opera è insicura per l’incolumità pubblica, dannosa per la salute, per l’ambiente e anche per il rilancio economico dell’intero territorio”. Per Ferrari si tratta di “un’opera pericolosa che blocca il porto per tre anni e nove mesi e frena il rilancio in chiave turistica”.

Da qui anche le parole rivolte alla sua leader di partito, anche se indirettamente: “Dobbiamo accendere i riflettori del governo, non per chiedere l’ennesimo sacrificio di Piombino ma per il rilancio e le bonifiche, quelle vere”. Si schiera invece con il governo Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana e commissario straordinario per la realizzazione dell’opera, che vuole arrivare a una “soluzione condivisa” per poter andare avanti con il rigassificatore di Piombino.

Perché il rigassificatore di Piombino è fondamentale per Meloni

Il governo, almeno quello uscente, ha più volte ribadito l’importanza del rigassificatore di Piombino. Posizione che Giorgia Meloni ha comunque condiviso più volte. Il ministro uscente della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha spiegato che il rigassificatore si deve assolutamente installare: “Dall’inizio dell’anno prossimo è imperativo, non negoziabile, cominciare a rigassificare la metà del primo blocco di Gnl che ci arriverà. Così faremo gli stoccaggi con sicurezza, e nel 2024 sarà installato il secondo rigassificatore, con cui saremo totalmente indipendenti dalla Russia”.

Installare un nuovo rigassificatore permetterebbe all’Italia di ricevere più Gnl e diventare sempre meno dipendente dal gas russo. L’accordo su Piombino prevedeva di tenere il rigassificatore per tre anni per poi collocarlo altrove, potendo intanto compensare le minori entrate da Mosca. L’obiettivo è quello di ricevere attraverso l’impianto da installare a Piombino fino a 5 miliardi di metri cubi di gas l’anno, una quota consistente che potrebbe mettere almeno in parte al sicuro l’Italia per i prossimi inverni.

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