Si può sopravvivere a una guerra atomica? La risposta di Brian Toon

Dimitri Stagnitto

05/03/2022

05/03/2022 - 09:34

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Uno scontro nucleare, anche solo regionale, sarebbe un evento distruttivo per tutta l’umanità? Cosa succederebbe di preciso? Lo scenario del prof. Toon

Si può sopravvivere a una guerra atomica? La risposta di Brian Toon

È possibile sopravvivere a uno scontro bellico che preveda l’uso di armi nucleari? Fino a quale distanza dai luoghi colpiti si sarebbe a rischio di vita? È davvero possibile l’estinzione umana in caso di guerra atomica?

Il Prof. Brian Toon, specializzato in scienze oceaniche e dell’atmosfera e allievo di Carl Sagan, ha risposto a queste domande alcuni anni fa in un TED Talk che riportiamo alla fine di questo articolo.

Hirosima e Nagasaki: due città ancora abitate

Tutti sappiamo delle due bombe atomiche per eccellenza, le prime sganciate sulla popolazione civile, a Hiroshima e Nagasaki, due città che sono state ricostruite e hanno continuato ad essere abitate.
Per quanto quindi un attacco nucleare sia un evento di magnitudine enorme dal grandissimo potere distruttivo avrebbe senso credere che, dopotutto, al netto di un possibile gran numero di vittime nell’immediato e molte altre nelle settimane successive nelle aree limitrofe all’esplosione, le conseguenze di un attacco nucleare sarebbero comunque circoscritte.

Bombe nucleari di ieri e di oggi

Nella sua spiegazione Toon fa notare come le attuali bombe nucleari in dotazione alle varie (troppe) nazioni che ne dispongono sono non solo più numerose ma fino a centinaia di volte più potenti di quelle sganciate in Giappone nel 1945.

Inoltre, a scopo di dissuasione e deterrenza ma comunque alzando l’asticella della distruzione, i programmi nucleari di molte nazioni, USA e Russia in primis, prevedono la risposta massiccia ed automatica a un possibile attacco nucleare.
Quindi rispetto alla seconda guerra mondiale le esplosioni sarebbero di più e più potenti.

Quali danni causerebbe un’esplosione nucleare

Il Prof Toon illustra nel suo speech come in effetti il danno dell’esplosione di per sè sarebbe circoscritto: a seconda della potenza delle bombe si avrebbe un certo raggio di distruzione totale immediata, un raggio maggiore di luce abbagliante e calore che provocherebbero ustioni mortali e infine un’area di fallout radioattivo piuttosto estesa che causerebbe la morte delle persone esposte nell’arco delle successive settimane, tra dolori piuttosto atroci (in effetti dovendo morire per via di un attacco atomico essere annientati al centro dell’esplosione è forse per assurdo la via più indolore).

Il danno di una singola esplosione avrebbe quindi il potenziale di fare molti morti se questa avvenisse in un’area abitata e causerebbe danni diretti e indiretti su un’area vasta, rimaniamo però nel contesto di danni locali. Quale sarebbe allora il rischio per l’umanità?

Esplosioni, polvere e inverno nucleare

Quali sarebbero i danni per le parti del pianeta distanti dal punto dell’esplosione?
In primo luogo per le motivazioni già esposte è difficile che in caso di attacco nucleare la bomba sganciata sia solo una e in un solo punto, lo scenario più probabile è quello di una serie di esplosioni più o meno ravvicinate in un’area più o meno circoscritta (il territorio di 2 nazioni).

Nella simulazione esposta dal Prof. Toon si presenta il caso di una guerra nucleare tra India e Pakistan, due nazioni che da decenni sono sull’orlo di un conflitto nucleare, entrambe dotate di ordigni non particolarmente potenti rispetto alla media degli arsenali mondiali.

Basterebbe lo scambio lanci tra questi due paesi per sollevare in pochi giorni una nuvola di polvere tale da coprire gran parte della superficie terrestre a quote abbastanza elevate da non avere la formazione di pioggia e quindi precipitazioni in grado di riportare a terra queste polveri che rimarrebbero in sospensione per anni.

La diffusione di polveri ad alta quota dopo due settimane dallo scontro nucleare tra India e Pakistan (simulazione) La diffusione di polveri ad alta quota dopo due settimane dallo scontro nucleare tra India e Pakistan (simulazione)

Nell’arco di questo periodo il minor apporto di luce solare renderebbe molto difficile la sopravvivenza della maggior parte delle specie vegetali e quasi impossibile o minimamente redditizia l’agricoltura. Al contempo la temperatura media della terra si abbasserebbe drasticamente, rendendo ancora più complessa la produzione di cibo.

Pertanto a poco varrebbe avere a disposizione un bunker in cui rifugiarsi oppure vivere in una nazione molto lontana dagli eventi bellici: una scontro atomico non prevede vincitori ed è arduo affermare che chi sopravvive alle esplosioni possa ritenersi fortunato.

Se fino ad oggi, nonostante gli enormi arsenali prodotti, non abbiamo ancora dato il via a un’apocalisse nucleare è perché l’impatto emotivo di Hiroshima e Nagasaki è ancora vivo e l’impegno di scienziati e attivisti nel sensibilizzare popolazioni e rappresentanti politici sul tema è stato forte e costante. Lo stesso Toon si trovò con Sagan e altri a spiegare i concetti esposti in questo articolo a Gorbachev e Reagan che, come ricorda lo stesso Toon, ascoltarono.

Da allora sono passati decenni e il ricordo si fa sempre meno forte, l’attenzione è sempre più spostata su altro e rischiamo di finire per pensare che, in fondo, un olocausto nucleare non sia davvero possibile.

Assistere in questi giorni alle serie minacce in questo senso da parte di una delle due maggiori potenze nucleari unite alla reazione tutt’altro che seria dei referenti a cui queste minacce erano e sono indirizzare, fino a portare all’avvio di uno scenario bellico che per anni poteva essere evitato con la diplomazia e il buonsenso ci dà la misura di come, in fondo, l’umanità stenti a imparare le lezioni impartite dalla Storia e come quindi il suicidio di massa sia ancora per la nostra specie un destino più che plausibile.

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