Smart working, l’azienda può impedire determinati luoghi di lavoro?

Paolo Ballanti

7 Novembre 2022 - 14:24

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Il datore di lavoro ha il potere di limitare l’attività a distanza? È possibile escludere determinati luoghi nell’accordo individuale o in quello collettivo? E per quali ragioni? Guida completa.

Smart working, l’azienda può impedire determinati luoghi di lavoro?

Lo smart working o lavoro agile è una modalità di esecuzione dell’attività lavorativa, stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

La definizione è contenuta nella Legge 22 maggio 2017 numero 81, con cui è stato introdotto il lavoro agile nell’ordinamento italiano.

Gli anni della pandemia, con l’esigenza di limitare i contatti tra le persone e garantire, al tempo stesso, la continuità delle attività economico - produttive, alla luce dei vari lockdown, hanno comportato un ricorso massiccio allo smart working.

L’esplosione del lavoro a distanza ha portato a galla una serie di problematiche legate all’applicazione in concreto dello smart working. Tra queste figura la scelta del luogo in cui il dipendente potrà svolgere l’attività a distanza.

Sotto questo aspetto quali poteri ha il datore di lavoro e che possibilità ha il dipendente per far valere le proprie ragioni?

Analizziamo la questione in dettaglio.

L’azienda può impedire determinati luoghi di lavoro?

L’azienda ha la possibilità di impedire lo svolgimento della prestazione in smart working, in determinati luoghi, se tutto ciò viene contemplato nell’accordo individuale di lavoro agile.

L’accordo di smart working, a norma della Legge 22 maggio 2017 numero 81, articolo 19, dev’essere stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova ed ha lo scopo di disciplinare l’esecuzione della prestazione lavorativa, all’esterno dei locali aziendali. Nello specifico, l’accordo disciplina i seguenti aspetti:

  • Forme di esercizio del potere direttivo e di controllo del datore di lavoro;
  • Tempi di riposo del lavoratore;
  • Strumenti utilizzati dal lavoratore e misure tecnico - organizzative necessarie per assicurare la sua disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro;
  • Condotte sanzionabili a livello disciplinare;
  • Eventuale diritto all’apprendimento.

Il 9 dicembre 2021, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e le Parti sociali hanno siglato il primo «Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile nel settore privato».

Il documento fissa il « quadro di riferimento, condiviso tra le Parti sociali, per la definizione dello svolgimento del lavoro in modalità agile esprimendo pertanto linee di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale, aziendale e / o territoriale nel rispetto della disciplina legale di cui alla legge 22 maggio 2017, n. 81 e degli accordi collettivi in essere» (articolo 1, comma 1).

In materia di accordo individuale (articolo 2), il Protocollo indica come contenuti:

  • La durata dell’accordo, che può essere a termine o a tempo indeterminato;
  • L’alternanza tra i periodi di lavoro all’interno e all’esterno dei locali aziendali;
  • I luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento della prestazione lavorativa esterna ai locali aziendali;
  • Gli aspetti relativi all’esecuzione della prestazione lavorativa svolta al di fuori dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro e alle condotte che possono dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari nel rispetto della disciplina prevista nei contratti collettivi;
  • Gli strumenti di lavoro;
  • I tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e/o organizzative necessarie ad assicurare la disconnessione;
  • Le forme e le modalità di controllo della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, nel rispetto di quanto previsto dallo Statuto dei lavoratori (Legge numero 300/1970);
  • L’attività formativa eventualmente necessaria per lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile;
  • Le forme e le modalità di esercizio dei diritti sindacali.

Tra i contenuti dell’accordo si può notare, per quanto di nostro interesse, l’indicazione dei luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento dell’attività in smart working.

Cosa scrivere nell’accordo?

Nell’accordo di lavoro agile sarà innanzitutto indicata la ragione alla base delle limitazioni. Possono essere fatte valere motivazioni connesse, ad esempio, a:

  • Sicurezza dei sistemi informatici;
  • Segretezza dei documenti trattati dal lavoratore.

Il documento in parola riporterà altresì l’elenco tassativo dei luoghi in cui è consentita la prestazione a distanza e la descrizione di quelli in cui, al contrario, non è ammesso lo smart working. Si può, ad esempio, limitare l’attività a:

  • Residenza / domicilio del lavoratore;
  • Qualsiasi altro luogo privato, preventivamente comunicato dal lavoratore e autorizzato dal responsabile diretto / datore di lavoro;

escludendo la prestazione in:

  • Luoghi pubblici;
  • Luoghi aperti al pubblico.

Il lavoratore può opporsi?

L’accordo di smart working è un documento che, al pari del contratto di assunzione, è il risultato delle negoziazioni tra azienda e dipendente. È pertanto possibile che, una volta letta la bozza di accordo, il lavoratore proponga una modifica dell’articolo riguardante i luoghi di svolgimento dell’attività.

A questo punto è il datore di lavoro che decide se accogliere o meno la proposta di modifica del lavoratore:

  • In caso positivo, la bozza sarà modificata e le parti firmeranno l’accordo;
  • In caso negativo, il lavoratore deciderà se accettare lo smart working così come è stato proposto dal datore di lavoro o di rinunciare alla sottoscrizione dello stesso e, di conseguenza, rinunciare anche al lavoro a distanza.

Divieto contenuto nell’accordo collettivo

La normativa non obbliga il datore di lavoro a stipulare un apposito accordo collettivo di lavoro agile con le rappresentanze sindacali in azienda o le loro articolazioni territoriali. Tuttavia, soprattutto nelle realtà di più grandi dimensioni o, in generale, al fine di definire con i sindacati una disciplina - quadro dello smart working (che dovrà comunque essere declinata nell’accordo individuale) si fa ricorso a un documento che definisca, ad esempio:

  • I settori e i reparti aziendali che possono o meno accedere allo smart working;
  • Il numero di giorni alla settimana in cui è consentita l’attività a distanza;
  • Le fasce orarie di reperibilità del dipendente;
  • I periodi e le modalità utili a garantire la disconnessione;
  • Il numero di lavoratori ammessi al lavoro agile e le modalità per consentirne o meno il ricorso;
  • La procedura che il dipendente deve seguire per chiedere lo smart working.

L’accordo collettivo può altresì definire i luoghi in cui è consentita o meno l’attività a distanza. In tal caso, il contratto individuale non dovrà fare altro che rimandare al testo collettivo.

A fronte di un accordo collettivo che disciplini espressamente i luoghi di svolgimento della prestazione in smart working, le possibilità per il lavoratore di ottenere una deroga si riducono drasticamente. Accordare un trattamento differenziato rappresenterebbe infatti un precedente: altri dipendenti potrebbero chiedere un trattamento diverso rispetto all’accordo, di fatto snaturandone la funzione.

smart working «semplificato», come comportarsi?

Fino al 31 dicembre 2022, il ricorso allo smart working è ammesso anche in assenza degli accordi individuali. La mancanza di un accordo che conseguenze ha nel limitare il luogo di svolgimento dell’attività a distanza? In queste ipotesi, vale l’accordo collettivo e le previsioni ivi contenute.

Tuttavia, in mancanza anche dell’accordo collettivo, il lavoratore non avrebbe alcuna limitazione in materia di luogo di lavoro. In tal caso, pertanto, l’attività potrebbe essere resa anche in luoghi pubblici o aperti al pubblico.

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