Partito Democratico sempre più in subbuglio: cresce l’insofferenza della minoranza verso Matteo Renzi, altra scissione in vista o si aspetteranno le elezioni?
Acque sempre più agitate nel Partito Democratico: il costante calo fatto registrare negli ultimi sondaggi elettorali hanno allarmato la corrente di minoranza, che potrebbe optare anche per una nuova clamorosa scissione.
Matteo Renzi è sempre più l’elemento cruciale del centrosinistra italiano. Intorno alle sue mosse e alle sue dichiarazioni ruotano infatti tutti gli altri esponenti, come una sorta di sistema solare che vede l’ex premier al centro.
Dopo la sconfitta alle primarie del 30 aprile, Andrea Orlando e i suoi non si sono rassegnati a recitare il ruolo dei semplici comprimari di un segretario libero di fare e disfare a suo piacimento all’interno del partito.
Una criticità questa che ha già scaturito una scissione nel Partito Democratico, quella del Movimento Democratici e Progressisti, ma che potrebbe presto essere seguita anche da un secondo abbandono di massa.
L’alternativa sarebbe quella di resistere in silenzio nella pancia del PD, aspettando poi magari una debacle elettorale per inchiodare Matteo Renzi alle sue responsabilità, chiederne le dimissioni e riprendersi di fatto il partito. Una strategia questa però che potrebbe regalare il paese alla destra.
La situazione nel Partito Democratico
Matteo Renzi ha stravinto le primarie e ora si sente più che legittimato a proseguire per la sua strada. Del resto, la linea politica dell’ex premier è stata sempre chiara e, se la maggioranza del popolo del PD l’ha premiata, adesso è anche giusto che questa venga portata avanti.
Che quella di Renzi sia una strategia giusta o sbagliata può essere certo opinabile, ma dopo la forte investitura ottenuta dalle primarie il segretario ha tutto il diritto di continuare nella sua strategia politica per cercare di vincere le prossime elezioni.
Il pensiero di Matteo Renzi è sempre lo stesso: il Partito Democratico anche da solo può tornare ad ambire a conquistare quel 40% ottenuto alle europee del 2014, basta far capire agli italiani quanto di buono è stato fatto negli ultimi anni dal suo governo prima e da quello Gentiloni ora.
Per la minoranza del partito invece questa strategia porterà ad una batosta alle prossime elezioni proprio come accaduto alle ultime amministrative. I dati dei sondaggi del resto vanno tutti in questa direzione.
Il fatto poi che anche un fedele alleato di Renzi come Dario Franceschini si stia in qualche modo iniziando a smarcare, è un segno che la situazione per il segretario non è del tutto sotto controllo, anche se lui non ha intenzione di fare alcuna retromarcia.
Impossibile quindi qualsiasi forma di accordo o di dialogo con gli scissionisti o con la sinistra radicale. Insomma, con chi gli ha voltato le spalle in occasione del Referendum del 4 dicembre Renzi non vuole più avere niente a che fare.
Allora cosa farà la minoranza del Partito Democratico? Deciderà comunque di giurare fedeltà al segretario viste le elezioni ormai prossime oppure proverà a smarcarsi? Questa scelta alla fine dipenderà da diversi fattori.
Cosa farà la minoranza?
Più di un rumors indicava nel probabile depennamento dei bersaniani dai posti sicuri del prossimo listino elettorale, come uno dei principali motivi della scissione avvenuta la scorsa primavera.
Questo problema potrebbe riproporsi anche per l’attuale minoranza PD. Naturalmente gli esponenti più in vista come Orlando e Cuperlo non sarebbero a rischio epurazione, molti dei loro invece si.
Visto che l’attuale legge elettorale è un sistema proporzionale con listini bloccati, questo può essere un problema che animerà le discussioni interne del partito. Ecco allora che c’è anche chi parla di una seconda scissione.
Orlando e i suoi potrebbero fare armi e bagagli e confluire in Insieme, il nuovo progetto politico che dovrebbe nascere dall’alleanza sotto un unico nome di Pisapia, MDP, Verdi e chiunque altro voglia aggiungersi.
I posti in questo listone potrebbero essere quindi assicurati, andando a rafforzare questo fronte di centrosinistra che si dichiara alternativo alle politiche attuate e ipotizzate da Matteo Renzi.
La minoranza però potrebbe invece anche decidere di rimanere nel Partito Democratico, ingoiare qualche boccone amaro per poi presentare il conto al segretario in caso di una debacle alle elezioni.
Se Renzi fa flop alle urne, Franceschini e Orlando potrebbero cercare di mettere all’angolo l’ex premier, per una sorta di ribaltone che coinvolgerebbe anche tutti i fedelissimi dell’attuale segretario che al momento guidano il partito.
Una sorta di restaurazione dell’ancien régime dopo lo tsunami Renzi, una rottamazione dei rottamatori che però come sicuro risultato porterebbe quello di consegnare il paese per i prossimi cinque anni a Grillo e Salvini.
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