Scissione Pd: Franceschini ci prova, mediazione in extremis tra Renzi e Bersani?

Alessandro Cipolla

17 Febbraio 2017 - 10:22

Scissione Pd: il momento della resa dei conti è sempre più vicino, Franceschini prova a mediare in extremis tra Renzi e Bersani, ecco perché è l’unico che può riuscirci.

Scissione Pd: Franceschini ci prova, mediazione in extremis tra Renzi e Bersani?

Scissione Pd: Dario Franceschini ci prova, tentando in extremis una mediazione tra Matteo Renzi e Pier Luigi Bersani per evitare la separazione in seno al partito.

Ormai manca poco al momento della resa dei conti all’interno del Partito Democratico, con l’assemblea in programma domenica che sarà lo spartiacque decisivo: se Bersani ed i suoi non parteciperanno, allora la scissione del Pd sarà inevitabile ed ognuno andrà per la propria strada.

Una extrema ratio che tutti vogliono evitare, ma diventata sempre più concreta dopo la direzione del Pd che si è svolta lunedì, dove è passata la proposta di Matteo Renzi di andare subito al congresso e di fare le primarie a fine aprile.

Una accelerata che ha provocato la forte indignazione di Bersani, ormai sempre più convinto che l’unica soluzione sia quella di abbandonare il Pd e dare vita ad una nuova formazione politica.

Un’ipotesi che non è accettabile per il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, che forte della sua influenza sta tentando una mediazione in extremis.

Scissione Pd: Franceschini prova a mediare

La crisi all’interno del Partito Democratico sembrerebbe essere irreversibile, ecco perché il ministro dei Beni Culturali sta provando in tutti i modi a trovare un punto d’incontro tra la posizione di Renzi e quella di Bersani.

Probabilmente Dario Franceschini è l’unico che in questo momento può evitare la scissione Pd. Il ministro è tenuto molto in considerazione da Bersani, che lo stima fin dai tempi di quando era lui il segretario del partito.

Matteo Renzi invece, oltre ad apprezzare la grande lealtà finora avuta dal suo ministro, sa bene che quella di Franceschini nella miriade di correnti presenti nel Pd è sicuramente la più numerosa, potendo contare su circa 90 esponenti tra deputati e senatori.

Se Franceschini decidesse di voltare le spalle all’ex premier, allora in quel caso Matteo Renzi potrebbe trovarsi in seria difficoltà numerica nei rapporti di forza all’interno del Pd. Ecco perché l’attuale ministro dei Beni Culturali sta provando a convincere entrambi i contendenti a fare un passo indietro.

Il partito non è proprietà di alcuni capi che litigano. Stiamo discutendo di una forza politica che appartiene a milioni di persone, non ai leader. Persone che hanno faticato a sciogliersi in un soggetto unico, mettendo da parte storie gloriose e centenarie. E che oggi dicono: se è la casa di tutti, litighiamo, scontriamoci, ma senza abbandonarla o distruggerla.

Al vaglio quindi ci sarebbe la possibilità di effettuare un congresso che abbracci anche la fase programmatica del partito, legge elettorale compresa. Le primarie così potrebbero slittare a maggio, a patto però che il governo Gentiloni arrivi alla sua scadenza naturale del 2018.

Scissione Pd: la partita tra Renzi e Bersani

In questa intricata vicenda della possibile scissione del Pd, c’è una domanda che serpreggia in maniera trasversale in entrambi i due fronti che si stanno ormai sfidando apertamente: è possibile dividere un partito per una questione di calendario?

Nelle ultime ore Matteo Renzi ha rivolto un appello alla minoranza dem, dicendosi pronto ad un confronto programmatico per discutere del futuro del paese, ma senza fare passi indietro su quella che è la road map del congresso del partito.

Faccio un appello ai dirigenti: bloccate le macchine della divisione. Non andatevene, venite. Partecipate. Le porte sono aperte, nessuno caccia ness Io voglio evitare qualsiasi scissione. Se la minoranza mi dice: o congresso o scissione, io dico congresso. Ma se dopo che ho detto congresso loro dicono ’comunque scissione’, il dubbio è che si voglia comunque rompere. Che tutto sia un pretesto. Toglieremo tutti i pretesti, tutti gli alibi. Vogliono una fase programmatica durante il congresso? Bene. Ci stiamo, torniamo a parlare di Italia.

Matteo Renzi quindi tende la mano a Pier Luigi Bersani, che però non è soddisfatto delle parole dell’ex premier, visto che su temi come la calendarizzazione del congresso e la durata del governo Gentiloni non sembrerebbero essere arrivate grandi rassicurazioni.

Al segretario e a tutti coloro che lo hanno sostenuto dico: non date seguito alle infauste conclusioni dell’ultima direzione. Fermatevi. Se consentissimo l’ordinario svolgimento delle cose, non mancherebbe la possibilità di questa radicale e ineludibile discussione. Abbiamo una maggioranza e un governo che possono e devono operare fino al 2018, col tempo dunque di correggere le cose che non hanno funzionato.

Nonostante la mediazione di Franceschini e l’appello di Renzi, Bersani e i suoi ormai sembrerebbero aver deciso. In politica però non si può dare mai nulla per scontato, con le prossime ore che ci diranno quale sarà il futuro per il Pd.

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