Riforma del Patto di stabilità, perché il tentativo Ue di dire addio all’austerità scontenta sia Italia che Germania

Giacomo Andreoli

26/04/2023

26/04/2023 - 16:47

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La Commissione europea ha presentato la riforma del Patto di stabilità: le nuove regole sul debito e la crescita, però, non accontentano né l’Italia né la Germania: è un compromesso al ribasso?

Riforma del Patto di stabilità, perché il tentativo Ue di dire addio all’austerità scontenta sia Italia che Germania

Finalmente l’Unione europea ha una proposta ufficiale per un nuovo Patto di stabilità. A presentare la riforma, che i Paesi membri devono approvare definitivamente, è stata la Commissione europea, con il commissario all’Economia Paolo Gentiloni in prima fila assieme al collega vicepresidente, il “falco” Valdis Dombrovskis. La nuova governance europea è un mix, un compromesso tra le posizioni rigoriste di Germania, Olanda e Paesi nordici da una parte e Paesi mediterranei e progressisti dall’altra (tra cui l’Italia).

La via di mezzo, con cui la Commissione prova ad archiviare del tutto la stagione dell’austerity post crisi del 2007/2008 (culminata nella crisi dei debiti sovrani nel 2011), non abbandona i noti paletti del 3% (rapporto deficit/Pil) e 60% (rapporto debito/Pil), ma interviene sulle modalità di rientro verso questi parametri.

Le regole vengono quindi rese più morbide nella loro applicazione, anche se, qualora non venisse rispettata la nuova formula flessibile di rientro, le sanzioni stavolta scatterebbero in modo automatico. La Germania voleva molta più attenzione ai conti, l’Italia maggiore flessibilità.

Nessuna delle due, quindi, è stata davvero accontentata, mentre Roma viene anche invitata da Bruxelles a ratificare la riforma del Mes (siamo rimasti gli ultimi in Ue a non averla firmata), quel Meccanismo europeo di stabilità per aiutare gli Stati in emergenza di cui il governo Meloni non vuole nemmeno sentir parlare.

Patto di Stabilità, cosa prevede la proposta di riforma

Con la nuova riforma, quindi, resterebbero i paletti del rapporto deficit/Pil al 3% e di quello debito/Pil al 60% e si dovrebbero portare avanti aggiustamenti concordati con la Commissione, ma sparirebbe il rientro obbligatorio di 1/20 l’anno.

Si prevederanno poi percorsi sostenibili e credibili per ridurre i debiti più alti, come quello italiano. I tempi potrebbero essere lunghi: 4 anni dalla comunicazione della Commissione, più altri 3 in caso di riforme sulla sostenibilità dei conti o investimenti in difesa, tecnologia e transizione ecologica.

I singoli Stati definiranno gli obiettivi di medio termine su come intendono affrontare gli squilibri macroeconomici e il capitolo delle riforme. I piani saranno valutati dalla Commissione e approvati dal Consiglio europeo.

Più flessibilità, ma sanzioni automatiche per chi non rispetta le regole

Secondo Gentiloni il calo del debito con il nuovo patto di Stabilità seguirà “un ritmo molto più graduale e ragionevole rispetto alla regola del ventesimo, che di fatto ha reso molto difficile l’attuazione dei meccanismi di riduzione del debito nel corso degli ultimi 10-15 anni”.

In ogni caso dopo alla fine del periodo di 4 anni, estendibili a 7, il rapporto tra debito pubblico e Pil dovrà essere più basso. La correzione dovrà essere almeno dello 0,5% del Pil (in Italia sono 8 miliardi di euro) all’anno, ma solo finché il disavanzo resta superiore al 3%.

Si prevede quindi un regime di applicazione più rigoroso per garantire che gli Stati membri rispettino gli impegni. Per le nazioni che si trovano ad affrontare “sfide sostanziali in materia di debito pubblico”, la deviazione dal percorso di aggiustamento di bilancio concordato comporterà automaticamente l’apertura di una procedura per disavanzo eccessivo.

Infine c’è una clausola di salvaguardia per sospendere il Patto a livello nazionale in circostanze eccezionali, come nel caso di un’altra pandemia che colpisca in particolare uno Stato più degli altri.

Patto di stabilità, perché scontenta sia Italia che Germania

Perché l’accordo scontenta sia Italia che Germania? Nel dettaglio il nostro Paese aveva chiesto una sorta di “golden rule” sugli investimenti, cioè non conteggiare nel debito alcune spese destinate alla crescita (come la transizione verde, l’istruzione e la transizione digitale) o per la difesa. La richiesta, però, non è stata accolta.

Per il capodelegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento Ue Carlo Fidanzail pendolo sembra aver oscillato in direzione del rigore e non della crescita”. Più prudente il ministro dell’Economi Giancarlo Giorgetti.

È certamente un passo avanti - ha spiegato - ma noi avevamo chiesto con forza l’esclusione delle spese d’investimento, ivi incluse quelle tipiche del Pnrr digitale e green deal, dal calcolo delle spese obiettivo su cui si misura il rispetto dei parametri. Prendiamo atto che così non è. Ogni spesa di investimento poiché è rilevante e produce debito per il nuovo Patto deve essere valutata attentamente”.

La Germania, invece, voleva una “disposizione di salvaguardia” fissa con un calo minimo vincolante ogni anno. Il limite minimo poteva prevedere che il rapporto tra debito e Pil dovesse calare sempre di almeno 1 punto percentuale ogni anno per tutti gli Stati membri con un debito elevato e di almeno lo 0,5% per quelli con un debito pubblico oltre al limite del 60%. Inoltre Berlino chiedeva un rispetto ferreo della regola del 3% sul deficit/Pil, prevedendo sanzioni più rigorose. Anche queste richieste non sono stata accolte.

Le proposte della Commissione europea non soddisfano ancora le richieste del governo federale”, ha detto il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner, chiarendo che la Germania “non accetterà proposte di riforma che indeboliscano il patto di Stabilità e crescita dell’Ue”.

L’Ue insiste con l’Italia sul Mes

Nel frattempo l’Ue insiste con l’Italia per la ratifica della riforma del Mes. Al prossimo Eurogruppo sarà chiesto al nostro Paese che cosa intenda fare.

Ora più che mai - ha detto un funzionario europeo all’Ansa - è cruciale assicurare la potenza di fuoco delle nostre istituzioni. La mancata ratifica sta in qualche modo bloccando anche ulteriori riforme. È impossibile discutere di altre misure che potrebbero essere utili se non abbiamo messo in atto un accordo precedente. Sta avendo un effetto raggelante sulle discussioni”.

Il riferimento del funzionario non è tanto alla riforma del Patto di stabilità, su cui la Commissione ha trovato il compromesso descritto, ma al nuovo fondo europeo per l’industria green e contro l’inflazione chiesto a gran voce dal nostro Paese. Senza ratifica del Mes, però, sarà impossibile per l’Italia di Meloni strappare condizioni last minute migliori sul Patto e il nuovo fondo.

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