Riforma delle Pensioni 2015, svalutazione degli assegni: riprende quota l’ipotesi di ridurre i trattamenti

Simone Casavecchia

30/03/2015

Gli effetti della crisi economica potrebbe presto farsi sentire anche sulle pensioni che, in base a una delle ipotesi considerate per la riforma della previdenza, non verrebbero rivaltate ma svalutate.

Riforma delle Pensioni 2015, svalutazione degli assegni: riprende quota l’ipotesi di ridurre i trattamenti

Che comparto della Previdenza necessiti di un intervento di riforma tanto complessivo quanto urgente è, ormai, una consapevolezza diffusa tanto nel Governo che tra i nuovi vertici dell’INPS. Il problema con cui però sia l’Esecutivo che gli amministratori che gli esperti di settore si ritrovano a dover risolvere è sempre lo stesso: una coperta molto corta.

Le risorse sono sempre meno e mentre il debito pubblico aumenta, la spesa per le pensioni deve essere tagliata. Proprio per questo tra le ipotesi che godono recentemente di rinnovata considerazione vi è anche quella che prevedrebbe la possibilità di svalutare gli assegni pensionistici.

Più nello specifico, per i lavoratori che ottengono il trattemento pensionistico nel 2015, l’INPS starebbe pensando di svalutare il montante contributivo, applicando un tasso di capitalizzazione negativo ai contributi finora totalizzati.

Per comprendere questa ipotesi di riforma, occorre ricordare che nella riforma delle pensioni varata nel 1995 (riforma Dini) era stato previsto il collegamento del tasso di capitalizzazione dei contributi maturati all’andamento del PIL nei cinque anni precedenti. In altri termini, la stessa riforma che ha introdotto il sistema di calcolo contributivo del trattamento pensionistico ha previsto anche che le quote di contributi versati sul conto assicurativo (montante contributivo) i contributi già versati subissero una rivalutazione annuale proporzionale all’andamento della crescita nominale negli ultimi cinque anni.

Con la crisi economica, però, nel 2013 si è configurata una situazione inedita, dal momento che, nei cinque anni precedenti, l’Istat ha rilevato una variazione negativa del tasso di crescita che, quindi ha dato luogo, relativamente al 2013, a un parametro altrettanto negativo (pari a -0,1927%) per la rivalutazione delle pensioni. Se al montante contributivo si applicasse tale parametro negativo si avrebbe, quindi, non una rivalutazione degli importi versati ma una loro svalutazione che farebbe sì che i contributi già versati all’INPS pesino di meno del loro reale valore.

L’ipotesi allo studio dell’INPS (secondo una nota diffusa dall’Agenzia ADN Kronos) investirebbe però, non tutti i contribuenti interessati dal sistema contributivo ma solo quelli che andranno in pensione dal 2015 e, con ogni probabilità, i contribuenti che andranno in pensione negli anni successivi, dal momento che è molto probabile che anche nei prossimi anni il PIL e, quindi, anche il tasso di capitalizzazione, rimarranno negativi.

L’indice negativo dovrebbe essere applicato, nel 2015, sulle quote di contributi versati, presenti sul conto assicurativo al 31 dicembre 2013. Gli effetti potrebbero essere differenti:

  • Per i lavoratori che nel 1995 aveva già 18 anni di contributi versati potrebbero determinarsi delle perdite molto contenute dal momento che il sistema di calcolo contributivo (e la relativa rivalutazione del montante) si applica solo dal 1° Gennaio 2012;
  • I problemi maggiori potrebbero configurarsi per i contribuenti soggetti al sistema misto, dal momento che per tali contribuenti la parte più consistente della pensione viene calcolata col sistema contributivo;

Mentre i precedenti vertici dell’INPS avevano escluso la possibilità di una svalutazione dei contributi per l’anno 2013, l’ipotesi di riforma ha ripreso quota con l’arrivo del nuovo presidente Tito Boeri che sta studiando i possibili interventi di riforma del sistema pensionistico da proporre all’Esecutivo e che ha chiesto formalmente un approfondimento di tale ipotesi.

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