Rifiuto e omissione atti d’ufficio per le Forze Armate: quando si rischia una denuncia

Simone Micocci

21 Agosto 2017 - 13:10

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L’articolo 328 del Codice Penale punisce il pubblico ufficiale che si rifiuta di compiere un atto dovuto: ecco le sanzioni previste per l’omissione o il rifiuto di atti d’ufficio.

Rifiuto e omissione atti d’ufficio per le Forze Armate: quando si rischia una denuncia

I dipendenti delle Forze Armate possono essere denunciati per omissione o rifiuto di atti d’ufficio, reato riconosciuto dall’articolo 328 del Codice Penale.

Quindi nello svolgimento delle proprie funzioni il personale militare deve stare attento non solo all’abuso di atti d’ufficio - reato previsto dall’articolo 323 del Codice Civile - ma anche all’omissione, poiché si commette un reato sia quando si abusa dei propri poteri che quando non si svolgono i compiti ai quali si è dovuti.

Rispetto all’abuso di atti d’ufficio, però, per l’omissione il nostro ordinamento prevede una pena meno severa: chi commette il reato, infatti, può essere punito con la reclusione per un massimo di un anno (per il rifiuto sono due).

Anche il reato di omissione - o rifiuto - di atti d’uffico è procedibile d’ufficio, quindi non ci sono limiti di tempo per la presentazione della denuncia. Inoltre, possono presentare la denuncia anche le persone estranee ai fatti, purché siano testimoni dell’omissione.

Quando sussiste il reato? Quale comportamento deve avere un dipendente delle Forze Armate - o un pubblico ufficiale - per non rischiare una denuncia? Facciamo chiarezza sull’articolo 328 del Codice Penale.

Quando è omissione di atti d’ufficio?

L’omissione di atti d’ufficio si ha quando un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni omette di rispondere ad una richiesta senza comunicare e giustificare il proprio comportamento. L’omissione scatta quando il ritardo si prolunga per più di 30 giorni; il fatto va comunque segnalato alle Forze dell’Ordine affinché si dia inizio alle indagini.

Solamente in caso di denuncia - che può essere presentata sia presso la procura della Repubblica che presso gli altri uffici di polizia giudiziaria - verranno avviate le indagini per l’accertamento del reato.

Il reato si realizza quando sussistono entrambe queste condizioni:

  • condotta omissiva del pubblico ufficiale;
  • trascorsi 30 giorni senza che il cittadino abbia notizie della propria richiesta;
  • la richiesta deve essere redatta in forma scritta;
  • nessuna giustificazione per il ritardo.

Il pubblico ufficiale al quale viene riconosciuto il reato di omissione di atti d’ufficio viene punito con la reclusione fino ad un anno, più con una multa dell’importo massimo di 1.032€.

Pene più severe, invece, nel caso di rifiuto di atti d’ufficio.

Quando è rifiuto di atti d’ufficio?

Il rifiuto di atti d’ufficio, invece, si ha quando il pubblico ufficiale si rifiuta di compiere un atto o un compito per il quale si è stati chiamati.

Per atto d’ufficio si intende qualsiasi ordine, sia se imposto da un superiore che dalla legge o da un regolamento. Quindi commette reato anche il poliziotto che senza motivo si rifiuta espressamente di compiere un atto che gli è dovuto, come ad esempio quando non vuole ricevere una denuncia perché la ritiene inutile.

Il rifiuto deve essere espresso quindi devono sussistere i presupposti per una chiara determinazione del reato; altrimenti si tratterebbe di omissione di atti d’ufficio punito con una sanzione meno severa. Infatti per il rifiuto di compiere atti d’ufficio - “che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo” - l’articolo 328 del Codice Penale prevede la reclusione da sei mesi a due anni.

Anche in questo caso si tratta di un reato perseguibile d’ufficio; dopo la denuncia e l’avvio delle indagini, quindi, il pubblico ufficiale subirà un processo che verrà celebrato davanti al tribunale competente in composizione collegiale.

A seconda della gravità del caso il pubblico ufficiale può essere preventivamente sospeso dal servizio fino all’emissione della sentenza definitiva. In caso di condanna poi oltre alle sanzioni previste dall’articolo 328 del Codice Penale, il pubblico ufficiale può essere punito anche con l’interdizione temporanea dai pubblici uffici.

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