Reddito di cittadinanza torna ufficialmente in tutta Italia, ma pochi lo sanno

Simone Micocci

3 Luglio 2025 - 10:33

Sai che il Reddito di cittadinanza è tornato in Italia? Anzi, non è mai andato via. Ecco cosa gli è successo.

Reddito di cittadinanza torna ufficialmente in tutta Italia, ma pochi lo sanno

Il Reddito di cittadinanza è stata una delle misure più discusse della storia della Repubblica, pur avendo un obiettivo nobile e necessario in uno Stato sociale: il sostegno alle fasce più deboli della popolazione, non solo attraverso un contributo economico, ma anche promuovendo per i beneficiari un percorso di politica attiva volto al reinserimento sociale e lavorativo dei componenti del nucleo familiare.

Complice una trattazione mediatica spesso volta a screditare il Reddito di cittadinanza, così come tutte le figure - vedi i navigator - che hanno lavorato quotidianamente per farlo funzionare, gran parte della popolazione ha esultato quando il governo Meloni ha scelto di eliminarlo, ritenendolo una misura che disincentiva il lavoro a vantaggio dei furbetti.

In effetti, ogni giorno acquisivano ampio risalto mediatico le notizie riguardanti le truffe ai danni dello Stato messe in atto da chi percepiva il Reddito di cittadinanza pur non avendone diritto. Eppure, se si osservano i numeri, lo Stato ha perso molti più soldi con altre misure particolarmente sfruttate dai furbetti, come nel caso delle pensioni di invalidità civile. Senza trascurare poi il fenomeno del lavoro nero e dell’evasione fiscale, i cui numeri sono ben peggiori rispetto a quelli legati al Reddito di cittadinanza.

Un’altra critica frequente era legata ai numeri sullo scarso ricollocamento lavorativo dei beneficiari del Reddito di cittadinanza. Anche questa è stata una delle principali argomentazioni di chi ne chiedeva la cancellazione, ottenuta poi con la decisione del governo Meloni. Tuttavia, il governo non ha eliminato del tutto le misure di sostegno alle famiglie in condizione di povertà, sostituendo il Reddito di cittadinanza con l’Assegno di inclusione e con il Supporto per la formazione e il lavoro.

Intorno a queste due nuove misure c’è però molta meno attenzione mediatica, pur essendo il loro funzionamento, così come i risultati, non troppo diverso da quello del Reddito di cittadinanza. Quest’ultimo ha pagato il prezzo di essere stato fortemente politicizzato: se da un lato è stato una delle principali ragioni della vittoria del Movimento 5 stelle alle elezioni del 2018, dall’altro è stato anche il motivo per cui molte persone non sono state capaci di guardare oltre gli stereotipi.

Ed è anche la ragione per cui molti non si sono resi conto che il Reddito di cittadinanza è tornato “ufficialmente” in Italia. O forse, in realtà, non se n’è mai andato. E non è detto che sia un male.

Reddito di cittadinanza, Assegno di inclusione e Supporto per la formazione e il lavoro

Come anticipato, una delle principali critiche di Giorgia Meloni al Reddito di cittadinanza è sempre stata quella secondo cui la misura disincentiverebbe il lavoro. Per questo motivo ha attuato un’operazione che possiamo definire molto abile: togliere il diritto al sostegno a coloro che sono nella condizione di poter lavorare, escludendoli dal parametro di scala di equivalenza dell’Assegno di inclusione.

Questo significa che una famiglia non riceve più la quota di sostegno per quei componenti considerati occupabili, il che ha determinato in molti casi un Assegno di inclusione più basso rispetto al Reddito di cittadinanza.

Ma attenzione, perché a queste persone è stata comunque data la possibilità di beneficiare di un sostegno, seppur condizionato alla partecipazione a corsi di formazione od orientamento al lavoro. Di fatto, si tratta dello stesso principio previsto dal Reddito di cittadinanza, sebbene questo aspetto fosse partito a rilento a causa della pandemia, che ha notevolmente limitato le attività dei servizi pubblici per l’impiego.

Ci sono dunque famiglie che percepiscono contemporaneamente l’Assegno di inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro, con la possibilità di ricevere persino più soldi rispetto al solo Reddito di cittadinanza.

Per il resto, l’Assegno di inclusione è destinato a sostenere tutte quelle famiglie in cui sono presenti persone che non possono lavorare, ad esempio in presenza di minori, componenti fragili o persone con più di 60 anni.

Un trattamento mediatico molto differente

Il 19 marzo scorso la Guardia di Finanza di Trieste ha scoperto una truffa da 200.000 euro ai danni dello Stato, con 36 persone che hanno percepito indebitamente prima il Reddito di cittadinanza e poi l’Assegno di inclusione.

Peccato, però, che questa notizia non abbia avuto lo stesso risalto mediatico delle truffe legate ai “furbetti” del Reddito di cittadinanza, che venivano spesso riportate dalla stessa Meloni sui propri canali social, allo scopo di giustificare la sua opposizione al sussidio.

C’è poi la questione della ricollocazione lavorativa dei beneficiari di queste misure. Ricordate quando si diceva che il Reddito di cittadinanza “toglieva la voglia di lavorare” e che “i navigator erano pagati per non fare nulla”? Ebbene, nei mesi scorsi la ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, ha spiegato con soddisfazione che “i numeri ci mostrano infatti che abbiamo da un lato garantito i soggetti più vulnerabili e dall’altro il 26% dei nuclei familiari che percepivano il Reddito di cittadinanza ha avuto almeno un componente che ha trovato un posto di lavoro.

Ma attenzione, perché nonostante l’entusiasmo della ministra non possiamo affermare che l’Assegno di inclusione abbia fatto meglio del Reddito di cittadinanza. Percentuali simili, e in alcuni casi persino più alte, si registravano già con il Reddito di cittadinanza: tra il 2020 e il 2022, infatti, tra i beneficiari occupabili, il tasso di chi avviava un rapporto di lavoro oscillava tra il 19% e il 24,5%, salendo fino al 34% se si escludono esonerati ed esclusi dai percorsi lavorativi.

Dati raggiunti, peraltro, in anni durissimi come quelli della pandemia, smentendo la retorica che descriveva i percettori del Reddito come “sfaticati”. Il vero nodo irrisolto resta la precarietà: con il vecchio sussidio, oltre la metà dei contratti attivati non superava i tre mesi, e la situazione non è affatto migliorata con l’Assegno di inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro, dove molti beneficiari rischiano di ritrovarsi senza alcun sostegno una volta scaduti i contratti a termine.

Gli stessi risultati, quindi, dimostrano che il passaggio dalla gestione dei centri per l’impiego a quella, preminente, dei servizi privati per il lavoro non ha dato gli effetti sperati. Anche perché, ad esempio, lavoratori stagionali continuano a essere difficili da reclutare.

Il Reddito di cittadinanza è tornato ufficialmente in Italia? Forse non se n’è mai andato

Il ritorno del Reddito di cittadinanza in Italia è dunque reale. O forse non se n’è mai andato, con la differenza che a questo governo va riconosciuto il merito di essere riuscito a comunicare diversamente i vantaggi di queste misure, evitando le critiche dell’opinione pubblica.

Anche perché, va detto, nell’ultimo periodo sono state autorizzate operazioni che, se fossero state messe in atto dal Movimento 5 Stelle ai tempi del Reddito di cittadinanza, sarebbero state oggetto di critiche da più parti. Sembra invece che all’Assegno di inclusione sia concesso molto di più.

Ad esempio, con la legge di Bilancio 2025 sono stati aumentati gli importi dell’Assegno di inclusione, così come le soglie di reddito entro cui è possibile beneficiarne. Da quest’anno, dunque, il sostegno spetta a un numero maggiore di persone, che in alcuni casi percepiscono persino più soldi. Lo stesso è stato fatto per il Supporto per la formazione e il lavoro, il cui importo è passato da 350 a 500 euro al mese, con una durata che può essere prorogata di altri 12 mesi rispetto ai 12 iniziali.

E proprio in questi giorni si sta ragionando su un’ulteriore novità. Tanto l’Assegno di inclusione quanto il Reddito di cittadinanza hanno una durata di 18 mesi, al termine della quale si può presentare domanda di rinnovo, aspettando però un mese di sospensione. Immaginate cosa sarebbe successo qualche anno fa se Giuseppe Conte avesse introdotto un bonus extra per le famiglie che restano un mese senza il Reddito di cittadinanza: titoli in prima pagina, proteste dell’opposizione e cittadini indignati per il fatto che lo Stato paghi chi non lavora.

Niente di tutto questo sta accadendo ora che un bonus, probabilmente fino a un massimo di 500 euro, sarà introdotto dal governo Meloni per le famiglie che resteranno un mese senza Assegno di inclusione.

In definitiva, la storia del Reddito di cittadinanza insegna quanto sia sottile il confine tra la politica sociale e la narrazione politica. Le misure di sostegno alla povertà non sono mai scomparse, ma hanno semplicemente cambiato nome e veste, continuando a svolgere - tra luci e ombre - la stessa funzione. La differenza più evidente, oggi, sta nella comunicazione: ciò che prima era oggetto di feroci critiche, ora viene accolto con minor clamore e maggior tolleranza, pur trattandosi spesso delle stesse dinamiche. E di questo va dato il merito al governo di Centrodestra.

Alla fine, poco è cambiato per le famiglie che vivono in povertà assoluta, se non il nome del sussidio e il racconto pubblico che lo accompagna. E forse è proprio questo il vero paradosso: il Reddito di cittadinanza, sotto altre sigle, è ancora qui. Ma senza più far tanto rumore.

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