Quattro «nuove» tasse in arrivo per finanziare il Recovery Plan

Laura Pellegrini

19/01/2021

02/12/2022 - 15:01

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Sono in arrivo dall’Ue quattro «nuove» tasse per finanziare il Recovery Plan per un gettito complessivo pari a 22 miliardi di euro all’anno. Ecco le novità.

Quattro «nuove» tasse in arrivo per finanziare il Recovery Plan

Le conseguenze della crisi portata dal coronavirus si fanno sentire anche a livello fiscale. Una decisione del Consiglio europeo - la numero 2020/2053 del 14 dicembre 2020, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L 424 del 15/12/2020 - ha disposto l’introduzione di quattro nuovi prelievi fiscali per finanziare il Recovery Plan. Si tratta di una semplificazione dell’Iva, l’imposizione della plastic tax, un’imposta sulle società e un’ultima entrata derivante dalle imposte sulle emissioni di CO2.

Secondo quanto riporta ItaliaOggi, il gettito complessivo derivante dalle nuove tassazioni sarà pari a 22 miliardi di euro, ovvero il 12% del totale delle entrate di bilancio dell’Unione Europea. Tra le novità principali, è prevista anche la riforma delle attuali entrate dell’Unione.

In che cosa consistono le nuove tasse e come verranno effettuati i relativi prelievi fiscali? Facciamo chiarezza sulle novità in arrivo.

Quattro nuove tasse per finanziare il Recovery Fund

L’Unione Europea è alla ricerca di risorse per finanziare l’emissione dei Recovery Bond e il Consiglio Europeo, con una decisione del 14 gennaio 2020, ha introdotto quattro nuove tasse. Si parla di un gettito complessivo di 22 miliardi di euro con l’obiettivo di incrementare dello 0,6% le entrate dirette dell’Unione.

Questo è quanto prevede il pacchetto Next Generation EU, nel quale rientrano gli impegni finanziari previsti nel Piano di ripresa e resilienza post Covid-19.

Bruxelles metterà a disposizione 750 miliardi di euro, per lo più dal 2020 al 2024: di questi, come noto, 390 miliardi saranno a fondo perduto e i restanti 360 miliardi deriveranno da prestiti che i Paesi dovranno restituire entro il 2058.

Ora ci assicureremo che il debito sia ripagato da giganti della tecnologia, evasori fiscali, grandi inquinatori stranieri e altri che beneficiano del nostro mercato unico ma non contribuiscono in modo equo alla nostra prosperità e alla protezione del nostro pianeta”, aveva detto l’eurodeputata liberale francese Valerie Hayer.

Al vaglio dell’Ue, infatti, ci sarebbero l’introduzione di una tassazione sui giganti del web, l’estensione di un sistema di scambio di quote di emissioni di CO2 e una tassa sulla plastica non riciclata e sui beni importati nell’UE da Paesi con standard di lotta ai cambiamenti climatici meno ambiziosi.

Quali sono le quattro nuove tasse?

Il Parlamento europeo ha votato a favore dell’introduzione delle nuove tasse (455 sì, 166 no e 88 astenuti) per finanziare la ripresa economica nel periodo post Covid-19.

I quattro nuovi prelievi fiscali in arrivo - sulla base della decisone del Consiglio Europeo del 14 gennaio - prevedono sostanzialmente:

  • l’imposta sulle società, cioè un’aliquota del 3% applicata alla nuova base imponibile consolidata comune. Ogni Stato - in altre parole - tasserà la quota degli utili di sua spettanza alla propria aliquota d’imposta nazionale. Sono previsti prelievi per 12 miliardi di euro all’anno;
  • le quote di emissioni, ovvero una quota del 20% dei proventi delle aste del sistema Ue di scambio. Gli Stati solitamente mettono all’asta alcune delle quote acquistate in seconda battuta dalle società per compensare le emissioni di gas serra delle stesse. Una parte dei proventi (circa 3 miliardi di euro all’anno) finirà nelle casse dell’Ue;
  • la cosiddetta plastic tax, ovvero un contributo nazionale legato alla quantità di rifiuti di imballaggi di plastica non riciclati. L’aliquota di prelievo potrebbe essere pari a 0,80 euro per chilogrammo. Da ciò deriverebbe un gettito complessivo di 7 miliardi di euro all’anno;
  • in arrivo anche una riforma delle entrate attuali dell’Ue che prevede il mantenimento dei dazi doganali (come prelievo diretto), con la previsione di una semplificazione dell’Iva e di una riduzione dal 20% al 10% delle percentuali che gli Stati membri trattengono come «spese di riscossione».

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