Oggi la rassegna stampa ci teletrasporta nell’Italia in emergenza gas. E fino a ieri?

Mauro Bottarelli

4 Ottobre 2022 - 11:34

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Le prime pagine dei quotidiani paiono una Spoon River economico-occupazionale, una mutazione repentina avvenuta dopo lo stop del gas russo dall’Austria. Non eravamo indipendenti e pieni di stoccaggi?

Oggi la rassegna stampa ci teletrasporta nell’Italia in emergenza gas. E fino a ieri?

Questo articolo rientra nella categoria di quelli che si scrivono da soli. Anzi, paradossalmente potrebbe fare a meno anche delle parole. Perché dice tutto la fotografia di copertina. E’ un’immaginaria rastrelliera di una qualsiasi edicola italiana di oggi. E perché questa rassegna stampa? Perché, di colpo, il Paese con gli stoccaggi pieni, le alternative energetiche che si sprecano e la dipendenza dalla Russia ormai archiviata, si è svegliato nell’emergenza. Gas.

E non a caso. Non si tratta di un virus che ha colpito chirurgicamente la categoria dei giornalisti. No, tutto risale a venerdì scorso. Nella fattispecie, a questo:

Cartina della pipeline che convoglia il gas russo verso l'Italia via Austria e Tarvisio Cartina della pipeline che convoglia il gas russo verso l’Italia via Austria e Tarvisio Fonte: MapCreator

lo stop dei flussi di gas russo al nostro Paese attraverso l’Austria. E qui subentra bizzarria a bizzarria. Perché il giorno stesso dell’interruzione, Gazprom pubblicava sul suo profilo Twitter la spiegazione:

la Russia non c’entra nulla, lo stop è totalmente da imputare alla burocrazia austriaca. Casualmente, la stampa italiana ignora la comunicazione del gigante energetico russo e spara la notizia con i toni confacenti alla narrativa in vigore: ennesimo atto ostile di Mosca nei confronti dell’Europa. Balle.

Non a caso, il giorno dopo la notizia sparisce dalle prime pagine. E annega nel contorno di quelle interne. L’allarme però non scompare. Anzi. Tanto che l’accaduto diviene argomento della convocazione di ieri dell’ambasciatore russo, Serghei Razov, alla Farnesina. E poi, soprattutto, ecco scendere in campo ENI. La quale ammette chiaramente come quel blocco sia in realtà un problema serio, poiché quei 20 milioni di metri cubi al giorno di gas russo che passano per Tarvisio rappresentano un surplus fondamentale per superare l’inverno.

Di fatto, qualcosa non torna. E la conferma arriva appunto dalle prime pagine allarmate dei quotidiani oggi in edicola. Con l’eccezione di La Repubblica e La Stampa, le quali puntano sulla questione del toto-ministri come titolo di apertura. Ma al tema gas dedicano comunque articoli interni con ampia evidenza e toni decisamente allarmati.

Ma non eravamo a posto? Non avevamo gli stoccaggi pieni? Addirittura, subito prima del blocco austriaco, la medesima stampa che ora evoca scenari da assedio di Stalingrado per la nostra economia rilanciava la notizia di un’Italia talmente carica di gas da poterlo addirittura esportare.

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Insomma, c’è il forte sospetto che il governo dei Migliori, lo stesso che aveva trionfalmente annunciato nuove forniture record dall’Algeria e fatto drammaticamente i conti senza l’oste dell’avidità USA sull’apporto del gas liquefatto LNG, abbia finora millantato una realtà inesistente al Paese. Lo stesso che comincia pericolosamente a vedere sempre più roghi di bollette nelle piazze. A scatenare tutto, inutile negarlo, è stato lo stop di Gazprom. Anzi, lo stop di Vienna ai nostri flussi da Gazprom. Perché la Farnesina non ha convocato anche l’ambasciatore austriaco? Mistero. Ulteriore.

Eppure, lo stesso Antony Blinken venerdì scorso si era lanciato in una dichiarazione decisamente impegnativa. A poche ore dallo stop del Tarvisio. Nel corso della conferenza stampa con la sua omologa canadese in visita negli Usa, Mélanie Joly, il capo della diplomazia statunitense ha ammesso come quanto accaduto a Nord Stream rappresenti un’enorme opportunità per ridurre enormemente le importazioni europee di gas dalla Russia. A detta di Blinken, poi, ad oggi gli Stati Uniti sono diventati il maggiore fornitore di gas liquefatto dell’Europa. Inoltre, l’Amministrazione Biden sta aiutando i leader europei a diminuire la domanda e velocizzare la transizione verso fonti rinnovabili. Lo stesso bizzarro concetto espresso dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. E se questo grafico

Variazioni percentuali di fornitori e tipologie di gas all'Europa Variazioni percentuali di fornitori e tipologie di gas all’Europa Fonte: Andreas Steno/Macrobond

conferma le parole di Antony Blinken sull’avvenuta transizione, i dubbi aumentano. Così come l’inquietudine.

Perché quel gas liquefatto, oltre a costare moltissimo, ad avere tempi di logistica lunghi e implicare il processo di rigassificazione, è a tutt’oggi fermo nei grandi hub USA. Come quello texano della Freeport, casualmente attivissimo fino a luglio nell’inviare LNG all’Europa, salvo rimanere a sua volta vittima di un incidente all’impianto. Tutto fermo fino a settembre. Quando rinnovati timori spinsero le autorità a richiedere ulteriore manutenzione. Se ne riparla a fine ottobre. Forse. L’Algeria? Non basta. E costa, molto. Tanto che, casualmente, è bastato lo stop a quel 10% sul totale di gas russo che ancora importiamo a mandare tutto in tilt, a far dire a ENI che c’è poco da essere ottimisti per l’inverno e a tramutare la stampa italiana da Istituto Luce dei Migliori in un covo di disfattisti e catastrofisti.

D’altronde, è dura adesso chiedere conto a qualcuno. C’è il governo da far nascere tra mille mediazioni. C’è il DEF da presentare alla Commissioni Ue entro il 16 ottobre. C’è l’esiziale tema del congresso del PD e del futuro di Carlo Calenda. C’è la travel blogger da far rientrare dall’Iran, sperando che il prossimo viaggio non lo faccia in Donbass. A chi chiedere conto? Perché, al netto di tutto, il governo Draghi non solo ha totalmente fallito la sua missione di imporre all’Europa un price cap, addirittura incassando l’entrata a gamba tesa della Germania ma ora rischia di lasciare in dote a quello Meloni una patata bollente devastante a livello economico e di tenuta sociale e dei conti.

Possiamo sapere, visto quanto ci attende, quantomeno come stanno davvero le cose a livello di approvvigionamenti e razionamenti? Possiamo sapere se davvero basteranno i caloriferi più freddi e meno attivi e i contatori intelligenti o all’orizzonte c’è uno scenario da Gotham City? Possiamo sapere quanto ancora dipendiamo realmente dal gas russo e per quanto tempo ancora, quali sono le reali alternative su cui contare? Oppure dobbiamo farci assalire dal cattivo pensiero che la soluzione a tutto questo enorme inganno, almeno per scollinare la stagione fredda, stia in questo allarme preventivo, quasi un avviso di blocco forzato e volontario delle attività per evitare i black-out e i distacchi?

Meglio tenere d’occhio le rassegne stampa della notte, d’ora in poi. Forse sono più veritiere dei comunicati di Palazzo Chigi. Anzi, senza forse. E questo dice tutto, stante la narrativa spacciata acriticamente fino a sabato scorso.

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