L’AICA di Agrigento, nata per sostituire la fallita Girgenti Acque, rischia la privatizzazione dopo appena tre anni di attività.
L’acqua pubblica in provincia di Agrigento rischia di tornare nelle mani dei privati. AICA (Azienda Idrica Comuni Agrigentini), l’azienda consortile pubblica nata nel 2022 per gestire il servizio idrico integrato dopo il fallimento della precedente società, Girgenti Acque, si trova oggi sull’orlo del collasso finanziario con un debito di circa 28 milioni di euro.
La situazione è precipitata quando Siciliacque ha ottenuto dal giudice una provvisoria esecuzione parziale del decreto ingiuntivo per 2 milioni, procedendo al pignoramento dei conti aziendali. Questo blocco ha paralizzato di fatto l’operatività dell’azienda, impedendo il pagamento degli stipendi ai circa 300 dipendenti e causando una crisi operativa senza precedenti.
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AICA: dalla speranza pubblica alla crisi finanziaria
AICA era stata concepita come la soluzione definitiva ai problemi idrici della provincia agrigentina. Nata per rimediare al fallimento della precedente gestione che aveva addirittura ricevuto un’interdittiva antimafia dalla Prefettura di Agrigento, l’azienda pubblica doveva rappresentare il riscatto dopo anni di malagestione privata.
Tuttavia, il sogno della gestione pubblica si è rapidamente trasformato in un incubo finanziario. Va ricordato come AICA ha infatti un debito di oltre 20 milioni con Siciliaque per l’acqua fornita. A questo si aggiungono altri debiti verso fornitori e creditori vari, che portano l’esposizione complessiva a circa 28 milioni di euro.
Il meccanismo di ripianamento previsto dallo statuto aziendale, secondo cui i comuni dovrebbero colmare i debiti in percentuale in base alle quote azionarie, non ha funzionato come previsto. I Comuni soci, già alle prese con le proprie difficoltà finanziarie, non sono infatti riusciti a fornire il supporto economico necessario per sanare la situazione.
La guerra dell’acqua: pignoramenti e scontri tra sindaci
La crisi di AICA ha scatenato una vera e propria “guerra dell’acqua” tra i sindaci della provincia. Il sindaco di Raffadali, Silvio Cuffaro, ha lanciato pesanti accuse ai colleghi sindaci dell’azienda, sostenendo che “La loro inerzia mette a rischio l’azienda e il servizio idrico in tutta la provincia di Agrigento”.
Il pignoramento dei conti da parte di Siciliacque ha creato un effetto domino devastante. L’impossibilità di pagare gli stipendi ai dipendenti ha minato ulteriormente la capacità operativa dell’azienda, e si temono rallentamenti nelle prestazioni del servizio idrico con ripercussioni sull’approvvigionamento per tutti i comuni.
Secondo quanto emerso dalle cronache locali, è stato raggiunto un accordo tra l’AICA e Siciliacque per sbloccare temporaneamente la situazione, ma i dettagli dell’intesa non sono stati resi noti e restano dubbi sulla sostenibilità a lungo termine della soluzione trovata.
Il rischio del ritorno alla privatizzazione
La vicenda di AICA rappresenta un caso emblematico delle difficoltà che spesso accompagnano i tentativi di ripubblicizzazione dei servizi. Nata con l’obiettivo di garantire una gestione trasparente ed efficiente dell’acqua pubblica, l’azienda si è trovata schiacciata tra l’eredità problematica del passato e l’incapacità di costruire un modello economico sostenibile.
Il paradosso è che l’avvento dell’azienda consortile, era stato salutato come il ritorno all’acqua pubblica dopo anni di mala gestione, ma ora il territorio rischia di dover tornare al punto di partenza. Se la situazione non dovesse risolversi rapidamente, la provincia di Agrigento potrebbe vedere il ritorno della gestione privata del servizio idrico e la vanificazione degli sforzi degli ultimi anni.
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