La società di calcio della famiglia Agnelli difende il suo asset dalla scalata di Tether e il titolo vola in Borsa. Ecco quanto fattura la Juventus.
Se una big della finanza crypto mette sul tavolo 1,1 miliardi di euro cash per una società di calcio, forse non sta inseguendo una suggestione, ma un’opportunità. Il +12% del titolo Juventus a Piazza Affari il 15 dicembre è la conseguenza diretta del no di Exor all’offerta di Tether, ma soprattutto della consapevolezza del mercato che qualcuno, su quei conti, ci ha visto lungo.
La proposta di Tether (2,66 euro per azione, premio del 20% e la promessa di investire oltre un miliardo nel rilancio) è stata respinta all’unanimità. “La Juventus non è in vendita”, ha ribadito John Elkann, ricordando un legame che dura da 102 anni. Ma il mercato non ha venduto: al contrario, ha comprato. E lo ha fatto perché il rifiuto dell’offerta è arrivato nel momento migliore possibile, subito dopo la pubblicazione di un bilancio 2025 in forte miglioramento.
Tether non ha bussato alla porta della Juventus quando i conti erano in profondo rosso, ma dopo il ritorno sopra quota 500 milioni di fatturato, con ricavi in crescita, costi sotto controllo e una perdita ridotta di oltre 140 milioni di euro in un solo esercizio.
Ecco perché Exor difende il suo asset (che oggi vale più di ieri), mentre Tether potrebbe aver intercettato per tempo una società che sta tornando centrale non solo sul campo, ma anche nei numeri. Per capire chi ha davvero ragione e perché il titolo è schizzato in Borsa bisogna allora guardare ai dati: quanto fattura la Juventus, da dove arrivano i ricavi e cosa raccontano davvero i conti del club bianconero.
Il fatturato torna sopra quota 500 milioni (ed è qui che Tether alza le antenne)
Il fatturato della Juventus è tornato sopra i 500 milioni di euro. Nel bilancio 2024/25, chiuso al 30 giugno 2025, i ricavi hanno raggiunto 529,6 milioni, contro i 394,5 milioni dell’anno precedente. Un salto che non è frutto di una voce straordinaria, ma del ritorno a una normalità europea che, per un club come la Juve, fa tutta la differenza.
La partecipazione alla Champions League e al Mondiale per Club ha riacceso il motore dei diritti televisivi, che sono quasi raddoppiati. Il modello di business bianconero sta tornando a funzionare e quando la Juve è dentro le grandi competizioni, il fatturato risponde presente. Ed è esattamente questo tipo di prevedibilità che rende il club di nuovo interessante agli occhi del mercato.
Diritti TV, stadio e sponsor (il mix che spiega la crescita)
Il grosso della crescita passa dai diritti televisivi, saliti a 177,4 milioni di euro. La Champions League pesa per 67,5 milioni, il Mondiale per Club per 27 milioni, mentre la Serie A garantisce 81,2 milioni. Numeri che riportano la Juventus su livelli più coerenti con il suo posizionamento internazionale.
Anche lo stadio torna a dare segnali positivi. Tra biglietti e abbonamenti, i ricavi da gara salgono a 65,4 milioni, complice una maggiore affluenza e una stagione vissuta senza le restrizioni del passato. Meno brillante, invece, la componente commerciale. I ricavi da sponsor e attività commerciali si fermano a 115,9 milioni, in calo rispetto all’anno precedente. Un dato che non spaventa troppo gli analisti, perché è legato soprattutto al ritardo nella firma del nuovo sponsor di maglia, arrivata solo a fine stagione.
Dunque, il potenziale commerciale non è venuto meno, è solo rimandato. Ed è un altro elemento che un investitore come Tether difficilmente ignora.
Player trading: da voce controversa a leva finanziaria
C’è poi il capitolo più delicato, quello del player trading, che nel bilancio 2025 torna a essere una leva importante. La gestione dei diritti dei calciatori ha portato 109,7 milioni di euro, di cui 89,7 milioni sotto forma di plusvalenze. Le cessioni di Soulé, Huijsen, Fagioli, Iling-Junior e Rovella hanno permesso al club di fare cassa senza smantellare l’ossatura della squadra.
Qui il messaggio è chiaro: la Juventus sta usando il mercato non per tappare buchi, ma per accompagnare il riequilibrio dei conti. Un approccio più sostenibile rispetto al passato, quando le plusvalenze servivano spesso solo a rinviare il problema.
I costi scendono (il vero cambio di passo)
Se i ricavi spiegano perché il fatturato cresce, i costi raccontano perché il mercato torna a credere nella Juve. Nel 2024/25 la spesa complessiva scende a 559,6 milioni di euro, contro i 569,9 milioni dell’anno precedente. Non è un taglio spettacolare, ma è strutturale.
Il costo del personale cala a 244 milioni, con una riduzione netta sugli stipendi dei tesserati. Anche ammortamenti e svalutazioni scendono a 153,9 milioni, segnale che il club ha iniziato a liberarsi dei contratti più pesanti e delle operazioni meno efficienti.
Questo passaggio può sfuggire al tifoso ma non all’investitore: la Juventus non sta solo incassando di più, sta spendendo meglio. Ecco perchè Tether ritiene credibile l’investimento.
Il rosso si riduce (e il mercato lo premia)
Il risultato finale è una perdita netta di 58,1 milioni di euro, contro i 199,2 milioni dell’anno precedente. In un solo esercizio, il rosso si riduce di oltre 140 milioni. Non è ancora utile, ma è una traiettoria che cambia completamente la percezione del rischio.
Il risultato operativo resta negativo, anche per via di oneri finanziari superiori ai 26 milioni, ma il trend è chiaro: la Juventus ha imboccato la strada del risanamento. Ed è su questo miglioramento che il titolo corre in Borsa, più che sulla suggestione dell’OPA mancata.
Debiti elevati, ma sotto controllo
Il debito resta un tema centrale. Le passività complessive salgono a 762,1 milioni di euro, mentre l’indebitamento finanziario netto si attesta a –280,2 milioni. Numeri importanti, ma accompagnati da un patrimonio netto tornato positivo per 13,2 milioni, anche grazie ai 30 milioni versati da Exor in vista del futuro aumento di capitale.
Il messaggio per il mercato è semplice: Exor non molla, sostiene il club e accompagna il percorso di rientro. Un segnale che pesa almeno quanto i numeri.
Perché Tether potrebbe aver visto giusto?
Letti così, i conti spiegano perché Tether abbia deciso di farsi avanti proprio ora. Non nel pieno della crisi, ma nel momento in cui il fatturato torna sopra i 500 milioni, i costi scendono e le perdite si riducono drasticamente. È il classico timing da investitore che cerca valore prima che sia pienamente riflesso nei prezzi.
Exor ha detto no, difendendo un asset storico e identitario. Il mercato, però, ha colto un altro messaggio: se qualcuno è pronto a valutare la Juventus oltre il miliardo di euro, forse il club vale più di quanto raccontava il recente passato.
E il +12% in Borsa del 15 dicembre, alla fine, è tutto qui: nella sensazione che la Juventus sia tornata a essere non solo una squadra di calcio, ma una storia finanziaria che ricomincia ad avere senso.
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