Putin taglia anche il petrolio: rischio aumento dei prezzi, è un’altra “sanzione” all’Europa?

Alessandro Cipolla

07/07/2022

07/07/2022 - 12:08

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In Russia un Tribunale ha disposto la chiusura di un oleodotto che trasporta 1,2 milioni di barili di petrolio al giorno: Putin punta a un aumento dei prezzi per colpire ulteriormente l’Europa?

Putin taglia anche il petrolio: rischio aumento dei prezzi, è un’altra “sanzione” all’Europa?

In questa guerra ibrida che va avanti da oltre quattro mesi, il petrolio al pari del gas e del grano è una delle “armi” non convenzionali in mano a Vladimir Putin, da utilizzare per colpire l’Occidente che con sanzioni e rifornimenti di armi si è schierato compatto al fianco di Kiev.

Non è un caso che uno dei termini più utilizzati dagli analisti internazionali sia quello di “guerra per procura”, con l’Ucraina nelle tragiche vesti dell’agnello sacrificale del vero scontro che in realtà sarebbe tra Russia e Nato.

A seguito dell’invasione russa, una buona parte del mondo occidentale ha risposto a Putin approvando una serie di sanzioni per mettere in ginocchio economicamente la Russia. Un modo questo, insieme all’invio di armi a Kiev al fine di sostenere la resistenza, per cercare di convincere il Cremlino a stoppare la sua “operazione speciale” per poi sedersi al tavolo dei negoziati.

Finora però il risultato è stato che la guerra va avanti con la bandiera russa che presto potrebbe sventolare in tutto il Donbass, mentre le sanzioni al momento non sembrerebbero aver messo particolarmente in crisi Mosca.

Potrebbero fare molto più male invece le “contro-sanzioni” che Vladimir Putin avrebbe architettato per colpire in particolar modo l’Europa. Dopo aver iniziato a chiudere i rubinetti del gas, adesso la Russia ha stoppato il Caspian Pipeline Consortium, un oleodotto capace di trasportare 1,2 milioni di barili di petrolio al giorno. Una decisione questa che potrebbe portare a un forte aumento del prezzo dell’oro nero nelle prossime settimane.

Putin dopo il gas taglia anche il petrolio

Come riferito dall’agenzia Interfax, un Tribunale russo ha chiesto che vengano chiusi i rubinetti del Caspian Pipeline Consortium, già da tempo finito nel mirino delle autorità per delle presunte irregolarità e per una mancanza di conformazione ad alcuni requisiti ambientali.

Nel dettaglio si tratta di un oleodotto lungo 1.500 km che collega il Kazakistan al Mar Nero, sviluppandosi in buona parte in territorio russo. Ha una capacità massima di trasporto di 1,4 milioni di barili di petrolio al giorno, ma attualmente viaggia intorno agli 1,2 milioni di barili.

Al momento come riferito da Reuters il flusso di petrolio non sarebbe stato interrotto, ma la società che gestisce l’oleodotto ha ricevuto la richiesta di sospensione direttamente dalla vicepresidente russa Viktoria Abramchenko.

Quando come deciso dal Tribunale verranno chiusi i rubinetti del Caspian Pipeline Consortium, di colpo ci ritroveremo senza l’1% del totale del petrolio attualmente sul mercato.

Una mossa questa della Russia che potrebbe portare a un nuovo picco di aumenti. Torna così alla mente la recente previsione fatta dagli analisti di JP Morgan, che hanno parlato di una possibile ritorsione di Mosca contro l’Occidente “causando stratosferici aumenti del prezzo del petrolio”.

Lo scenario ipotizzato sarebbe da incubo: un balzo fino a 380 dollari a barile se la Russia dovesse togliere dal mercato 5 milioni di barili di petrolio al giorno. Se lo stop al Caspian Pipeline Consortium dovesse essere il primo tassello di questa strategia di Putin, l’Europa a breve potrebbe essere costretta ad affrontare una nuova impennata dei prezzi considerando anche la crisi del gas.

Queste si che sarebbero sanzioni efficaci, purtroppo contro di noi.

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