Putin e la sua profezia sulla Terza Guerra Mondiale. Nel 2018 ammoniva il mondo sulla fine della civiltà

Redazione

25 Giugno 2025 - 14:33

Nel 2018, Vladimir Putin citava Einstein per parlare del rischio di una Terza Guerra Mondiale e della “fine della civiltà”. Oggi, quelle parole suonano più attuali che mai.

A sette anni di distanza, tornano d’attualità le parole pronunciate da Vladimir Putin durante la sessione annuale di domande e risposte del 2018, in cui il presidente russo – allora al suo quarto mandato – aveva affrontato il tema di un possibile conflitto globale, evocando le drammatiche conseguenze di una Terza Guerra Mondiale.

Durante quell’intervento, seguito da milioni di cittadini russi in diretta televisiva, Putin aveva citato una celebre frase attribuita ad Albert Einstein:

“Non so con quali armi verrà combattuta la Terza Guerra Mondiale, ma la Quarta sarà combattuta con bastoni e pietre”.

Parole che oggi, nel pieno delle crescenti tensioni internazionali tra blocchi contrapposti, assumono una risonanza nuova e inquietante. Tra crisi geopolitiche sempre più estese, scontri militari ai confini della NATO, escalation tecnologica nell’industria bellica e uno scenario instabile, la prospettiva di un conflitto su larga scala non sembra più così remota.

Nel 2018, Putin ammoniva:

“La consapevolezza che una Terza Guerra Mondiale potrebbe significare la fine della civiltà dovrebbe bastare a dissuadere tutti dal prendere decisioni avventate”.

All’epoca, le sue parole apparivano come una riflessione teorica, quasi accademica. Oggi, invece, appaiono quasi come un avvertimento inascoltato.

Putin evidenziava come, dopo la Seconda Guerra Mondiale, il mondo fosse riuscito a evitare conflitti globali grazie a un equilibrio strategico tra le grandi potenze: una «parità di deterrenza» che garantiva pace per timore reciproco. Ma metteva anche in guardia contro l’erosione di questo equilibrio, citando il ritiro degli Stati Uniti dal Trattato ABM (Trattato anti missili balistici), firmato da USA ed URSS il 26 maggio 1972, come un esempio di destabilizzazione intenzionale.

A distanza di anni, quelle dinamiche sembrano essersi acuite. Gli accordi sul controllo degli armamenti sono in gran parte naufragati, la diplomazia internazionale è sempre più fragile e lo spazio cibernetico e l’intelligenza artificiale sono diventati nuovi terreni di confronto militare.

Nonostante il tono pacato del messaggio, il sottotesto era chiaro già allora: senza dialogo e cooperazione, e senza che il mondo si pieghi alla volontà di Mosca, la logica della forza tornerà a dominare. E se questo accadrà, non ci sarà alcuna garanzia che il mondo riesca a evitare l’abisso.

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