Può essere licenziato chi beve troppi caffè al lavoro, lo dicono i giudici

Simone Micocci

24 Maggio 2025 - 09:35

Licenziamento per chi beve troppi caffè al lavoro, ecco quando è legittimo secondo i giudici.

Può essere licenziato chi beve troppi caffè al lavoro, lo dicono i giudici

Chi beve troppi caffè al lavoro può essere licenziato.

A dirlo non sono (solo) i datori più intransigenti, ma i giudici della Corte di Cassazione, che proprio di recente si sono pronunciati sull’argomento. La sentenza n. 8707/2025 riconosce come legittimo il licenziamento di un dipendente comunale sorpreso a fare lunghe e frequenti soste al bar durante l’orario di lavoro, nonostante precedenti richiami.

I temi rilevanti sono diversi: il rispetto dell’orario di lavoro e delle pause, il vincolo fiduciario, l’immagine esterna del datore di lavoro, ma anche i mezzi di prova di cui può avvalersi per controllare la condotta dei dipendenti.

Così, anche un’abitudine consolidata per la stragrande maggioranza degli italiani come la pausa caffè può costare il posto di lavoro. Il licenziamento disciplinare deve comunque essere proporzionato alla violazione ed è proprio la Cassazione che aiuta a definire il parametro di valutazione, visto che di licenziamenti per i caffè al lavoro ne ha affrontati più di quanto si potrebbe immaginare.

Licenziamento per troppi caffè al lavoro

La nuova pronuncia della Corte di Cassazione ormai consolida un filone giurisprudenziale sulle pause caffè al lavoro, confermando che possono essere motivo di licenziamento. Trattandosi della sanzione disciplinare più grave è però sempre necessario che sia proporzionata alla violazione, di una gravità tale da impedire il proseguimento del rapporto di lavoro. Tendenzialmente, pause caffè sporadiche e di breve durata che non compromettono lo svolgimento delle mansioni non possono essere giusta causa di licenziamento. Quando la condotta diventa abituale o comunque frequente, invece, il riflesso sulla prestazione lavorativa è inevitabile.

Molto dipende anche dal tipo di mansioni e dalla sede di svolgimento, non potendo essere generalizzata la situazione di tutti i lavoratori dipendenti. A tal proposito, chi lavora all’esterno di una sede aziendale o comunque a contatto con il pubblico deve tenere conto che il proprio atteggiamento può compromettere l’immagine del datore di lavoro. Un danno che può portare al licenziamento e nei casi peggiori anche all’obbligo di risarcimento. Le pause non autorizzate devono comunque essere rispettose del reciproco obbligo di trasparenza e correttezza che lega il datore di lavoro e il dipendente. La pausa caffè risponde a una lecita necessità del dipendente, che sfrutta qualche minuto per il ristoro psico-fisico, peraltro con una condotta socialmente accettabile.

Molto dipende dal buon senso del lavoratore, che in alcuni momenti potrebbe essere impossibilitato a lasciare la postazione o a interrompere le proprie mansioni. Ecco perché non contano soltanto la durata e la frequenza delle pause, ma anche i momenti specifici in cui il lavoratore ne usufruisce senza che facciano parte dell’orario di pausa previsto dal contratto. Ai lavoratori pubblici e soprattutto alle forze dell’ordine è inoltre richiesto un maggiore rispetto del decoro, a maggior ragione in servizio all’esterno. Si può ben immaginare la differenza tra un rapido caffè al banco e una sontuosa colazione, magari a inizio turno quando non è di fatto giustificabile nemmeno il bisogno di riposo.

Quando i caffè diventano troppi

Vediamo ora qualche sentenza della Cassazione per avere degli esempi pratici sul licenziamento per i troppi caffè al lavoro. La citata sentenza n. 8707/2025 riguarda un addetto al ritiro porta a porta di rifiuti urbani, colpevole di lunghissime e frequenti soste al bar durante l’orario di lavoro. Una condotta che gli aveva già costato dei richiami disciplinari e che il datore di lavoro ha accertato mediante testimonianze e detective privati, il cui intervento è stato ritenuto legittimo per verificare il sospetto di illeciti e tutelare l’immagine aziendale.

La sentenza n. 17065/2020 aveva invece giudicato illegittimo il licenziamento di un autista di mezzi pesanti, che ha sì svolto pause caffè non autorizzate ma di rapida durata e soprattutto senza compromettere in alcun modo l’attività lavorativa.

Il licenziamento è stato quindi giudicato eccessivo come sanzione per questo autista, ma non per un impiegato bancario che ha lasciato la cassa nonostante i 15 clienti in fila (sentenza n. 7819/2013). La pausa non autorizzata o che non rientra nei diritti del lavoratore può in ogni caso essere oggetto di sanzione disciplinare, infatti il dipendente è sempre tenuto a rispettare gli obblighi contrattuali. Se anche può esservi un margine di tolleranza per soste rapide e senza conseguenze sullo svolgimento delle proprie mansioni, non è ammissibile impegnare il tempo lavorativo con attività di svago.

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