Puma è in crisi, ma ecco chi potrebbe salvarla. Arriva ipotesi di fusione

Giorgia Paccione

16 Settembre 2025 - 11:14

Il colosso dello sportswear tedesco affronta un crollo in Borsa e bilanci in rosso. Spunta l’ipotesi di un’alleanza storica con Adidas per uscire dalla crisi.

Puma è in crisi, ma ecco chi potrebbe salvarla. Arriva ipotesi di fusione

Puma, lo storico brand di abbigliamento e calzature sportive nato a Herzogenaurach, si trova ad affrontare una fase di forte turbolenza economica che sta mettendo a rischio la sua sopravvivenza. E a dirlo sono i numeri.

In meno di dodici mesi, infatti, il valore azionario è crollato da circa 38 a 19 euro, dimezzandosi e mettendo in allarme investitori e management.

La perdita appare ancora più drammatica, se si considera che quattro anni fa un titolo Puma era valutato oltre 110 euro.

Tuttavia, l’attuale flessione delle vendite, un bilancio atteso in perdita e una politica di marketing giudicata poco in linea con la nuova posizione del marchio sul mercato hanno minato la fiducia degli azionisti. Tanto che alcuni di loro non escludono la possibilità di un passaggio epocale: una fusione con la “sorella” Adidas, storica rivale fondata dal fratello di Rudolph Dassler, creatore di Puma.

Fusione Puma-Adidas? Le pressioni degli azionisti

Il primo a lanciare apertamente l’idea di una fusione è stato Roy Adams, cofondatore del fondo Metronuclear e azionista della società. In un’intervista a Handelsblatt ha dichiarato: “Puma è in uno stato di emergenza. Se l’attuale management non riesce a imprimere una svolta, una fusione con Adidas è l’opzione migliore”.

Adams ha inoltre sottolineato come il gruppo tedesco spenda ancora molto in attività promozionali e sponsorizzazioni, pur non potendo più competere direttamente nella fascia premium del mercato: “Spendete come se foste ancora un marchio premium. Ma non vendete più in quel segmento”.

La sua posizione riflette un malcontento crescente. In una lettera indirizzata al consiglio di amministrazione, è stato infatti evidenziato come Puma abbia ormai perso la fiducia di diversi azionisti e come gli interessi dei soci di minoranza siano sempre meno tutelati rispetto a quelli di azionisti di riferimento, in particolare Artemis, la holding della famiglia Pinault che controlla circa il 30% della società.

Il ruolo della famiglia Pinault e la posizione di Adidas

Artemis è il braccio finanziario del gruppo francese del lusso Kering e resta un attore chiave in questa vicenda. Sebbene una fonte interna abbia dichiarato a Reuters che “mai venderemmo a un livello così basso delle azioni”, la stessa voce ha lasciato aperto uno spiraglio, aggiungendo che la partecipazione non resterà nel portafoglio “per sempre”.

Questa ambiguità alimenta le speculazioni. Se Artemis decidesse di disimpegnarsi, Adidas potrebbe trovarsi in una posizione favorevole per valutare un’operazione di acquisizione o fusione. Per il momento, però, da Herzogenaurach sud non arrivano conferme: il portavoce di Adidas ha infatti preferito mantenere un profilo basso, limitandosi a dire che l’azienda “non si esprime su speculazioni di mercato”.

Il silenzio ufficiale non basta però a fermare i rumors, anche perché l’operazione avrebbe una portata storica: riporterebbe sotto lo stesso tetto i due marchi fondati dai fratelli Dassler, separatisi nel dopoguerra dando vita a una delle rivalità più iconiche nello sportswear mondiale.

Cosa aspettarsi?

Dopo decenni di competizione, quindi, il ritorno a una “fratellanza”, potrebbe trasformarsi dall’essere una provocazione a una vera e propria necessità industriale e finanziaria. Se davvero Puma e Adidas dovessero valutare una fusione, gli impatti sarebbero significativi sia sul mercato europeo che su quello globale. Da un lato, l’operazione rafforzerebbe la posizione del gruppo tedesco nel confronto con giganti come Nike e New Balance; dall’altro, restano da chiarire le condizioni finanziarie e le strategie di brand management che potrebbero evitare la cannibalizzazione dei due marchi.

Le sorti di Puma dipenderanno quindi da più fattori: la capacità dell’amministratore delegato Arne Freundt (subentrato ad Arthur Hoess, al centro delle critiche degli azionisti) di invertire la rotta, le decisioni della famiglia Pinault riguardo alla quota di controllo e la disponibilità di Adidas ad aprire un dossier che fino a pochi mesi fa sembrava fantascienza.

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