Pubblico ufficiale e abuso d’ufficio: quando rivelare nome e cognome

Vittorio Proietti

20 Giugno 2017 - 11:59

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Il pubblico ufficiale o il dipendente delle Forze Armate può richiedere al cittadino colto in cattiva condotta di rivelare nome e cognome, ma ciò non può dirsi a direzione inversa, a meno che non vi sia abuso d’ufficio.

Pubblico ufficiale e abuso d’ufficio: quando rivelare nome e cognome

Il pubblico ufficiale o il dipendente delle Forze Armate può richiedere al cittadino colto in cattiva condotta di rivelare nome e cognome, ma ciò non può dirsi a direzione inversa, a meno che non vi sia abuso d’ufficio.

La Legge infatti non specifica quali siano gli obblighi sulle generalità dei pubblici ufficiali, ma ci si può comunque orientare, senza dimenticare la differenza notevole di stato di servizio, durata e soprattutto di pena in caso di abuso d’ufficio.

Gli appartenenti alle Forze Armate e di Polizia sono pubblici ufficiali, come lo sono anche tutti i dipendenti della PA nell’esercizio del loro lavoro: tra essi, ad esempio figurano il capo treno, l’autista del bus, il medico, l’infermiere o il funzionario comunale.

I militari e i dipendenti delle Forze Armate sono perennemente in servizio, per questo motivo lo stato di pubblico ufficiale non si esaurisce con la chiusura del suo ufficio o del suo turno di lavoro come nel caso di un medico o un autista.

Il pubblico ufficiale deve rivelare nome e cognome in circostanze specifiche, vediamo quando e in quali situazioni, chiarendo anche la posizione dei dipendenti delle Forze Armate.

Le Forze Armate nella definizione di pubblico ufficiale

Il pubblico ufficiale è definito dal Codice Penale all’Art. 357 come colui che esercita una funzione pubblica legislativa, giudiziaria o amministrativa. I militari sono perciò direttamente coinvolti, in quanto anche la loro attività è disciplinata da norme di diritto pubblico.

Il capo treno, per citare un esempio, è quindi pubblico ufficiale in quanto preposto al controllo dei biglietti con poteri definiti autoritativi o certificativi assegnati dalla PA, seguendo un regolamento ben preciso. Ciò che fa assumere lo status di pubblico ufficiale è anche il ruolo cui si viene preposti.

Nell’esercizio della funzione pubblica il capo treno può richiedere i nostri documenti e venire a conoscenza del nostro nome e cognome. Terminato il suo turno di lavoro, tuttavia, egli non potrà può beneficiare del suo status.

Rivelare nome e cognome però distingue le due tipologie di pubblico ufficiale, in quanto il capo treno, l’impiegato amministrativo, oppure l’autista del bus, sono tenuti a rivelare nome e cognome durante lo svolgimento del servizio.

I dipendenti delle Forze Armate, invece, non sono tenuti a rivelare nome e cognome durante lo svolgimento del servizio, poiché potrebbe compromettere il lavoro stesso, ma sono tenuti a rivelare le proprie generalità se agiscono fuori dal turno di lavoro.

Un esempio può chiarire ulteriormente: un dipendente delle Forze dell’Ordine deve ovviamente intervenire su un furto, una rapina o un’aggressione, ma il cittadino colpevole ha comunque il diritto di chiedere al pubblico ufficiale di identificarsi.

Nell’esercizio del pubblico ufficiale possono esserci errori o omissioni ed egli deve poter avere diritto a contestare e fare ricorso.

Abuso d’ufficio per il pubblico ufficiale

Il pubblico ufficiale è obbligato a rivelare nome e cognome poiché il cittadino ha il diritto di contestare un abuso di ufficio, punito e disciplinato dall’Art. 323 del Codice Penale.

I reati del Codice Penale Militare per i dipendenti delle Forze Armate sono spesso coincidenti con quello civile, ma restano le aggravanti in base alla gravità dell’abuso.

Per abuso di ufficio s’intende la violazione di norme di legge a da parte del pubblico ufficiale nell’esercizio della propria attività. Il reato prevede anche di astenersi da trarre guadagno o vantaggio dalla propria attività o da quella dei colleghi.

Per il pubblico ufficiale colto in flagranza di reato viene comminata la sospensione dai pubblici uffici, ma ciò no riguarda i militari, cui l’Art. 31 del Codice Penale non si adatta.

Questo dettaglio richiederebbe un ulteriore approfondimento, ma le differenze sono molte, soprattutto sulla sospensione dal servizio.

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