Prezzo petrolio in calo: i 5 maggiori pericoli per la quotazione

C. G.

26 Aprile 2017 - 12:57

Prezzo petrolio: la quotazione torna a scendere, mentre si delineano sempre più i 5 maggiori pericoli per la tenuta della quotazione e dell’accordo OPEC.

Prezzo petrolio in calo: i 5 maggiori pericoli per la quotazione

Prezzo petrolio: la quotazione scende di nuovo e i dubbi sulla tenuta dell’accordo OPEC tornano a farsi strada.

Intanto, 5 elementi, o meglio 5 Paesi, sembrano delinearsi come i maggiori pericoli per la tenuta della quotazione. Cosa aspettarsi dal prezzo del petrolio è ormai una delle domande più gettonate sul mercato, soprattutto perché quello storico accordo OPEC di Vienna che avrebbe dovuto stabilizzare la situazione ha portato la quotazione a salire ma ha aggiunto incertezza sul mercato.

Questo perché il prezzo del petrolio è schizzato di circa 7 punti percentuali dopo l’accordo di fine novembre, ma nonostante questo il rally tanto atteso non si è mai verificato e la quotazione è rimasta sempre incagliata in una fascia di prezzo piuttosto ristretta che ha portato a teorizzare l’estensione dei tagli alla produzione oltre il termine di giugno 2017.

Nonostante il prezzo del petrolio abbia ripetutamente beneficiato di queste voci circa l’estensione dell’accordo OPEC, numerosi pericoli continuano a far temere un prossimo crollo della quotazione. Ecco quali sono i 5 maggiori rischi per la tenuta e per il rialzo del prezzo del petrolio.

1) Prezzo petrolio e crisi Venezuela: un legame pericoloso

Uno dei più grandi rischi per la tenuta del prezzo del petrolio è rappresentato dalla crisi del Venezuela, il Paese che siede su alcune delle più grandi riserve mondiali di greggio. L’economia del Venezuela è ormai in caduta libera dal 2014 e la crisi, ora emergenza umanitaria, è strettamente correlata alle oscillazioni del prezzo del petrolio.

La produzione di greggio è crollata già del 10% lo scorso anno e tale trend proseguirà anche nel 2017. Secondo alcuni esperti, poi, anche la domanda del Paese finirà per ridursi sempre di più, oscurando in parte i problemi legati all’offerta ma creando contemporaneamente un nuovo rischio per il mercato petrolifero.

2) Prezzo petrolio e Libia: focus sulla produzione

La produzione della Libia ha causato forti oscillazioni sul prezzo del petrolio. Nel momento in cui i problemi civili e politici interni hanno causato il blocco di alcuni impianti la quotazione di greggio è tornata a salire, ma sulla scia di alcuni rumors relativi alla ripresa della produzione il prezzo del petrolio è tornato a soffrire. Per questo motivo la Libia rappresenta un elemento di estrema incertezza per il mercato del greggio e soprattutto un fattore di elevata imprevedibilità.

3) Prezzo petrolio e Nigeria: impianti sotto attacco

Il caso della Nigeria è in parte assimilabile a quello della Libia: entrambi i Paesi sono stati esentati dai tagli sanciti dall’OPEC a Vienna ed entrambi continuano a rappresentare elementi di forte incertezza per il prezzo del petrolio. Si pensi soltanto ai ripetuti attacchi da parte dei Niger Delta Avengers compiuti ai danni di condutture e impianti che hanno causato il crollo della produzione di greggio nigeriana.

Una differenza però c’è e riguarda i motivi che hanno portato al crollo della produzione nell’uno e nell’altro Stato. Nel caso della Libia sono state alcune proteste di lavoratori, mentre nel caso della Nigeria dei veri danni agli impianti che hanno messo in discussione il potenziale rialzo del prezzo del petrolio. Entrambi i Paesi comunque rappresentano elementi di instabilità per il mercato del greggio.

4) Prezzo petrolio e shale USA: quanto pesa l’industria?

Mentre i Paesi fino ad ora citati rappresentano un rischio a causa dei loro conflitti interni, per gli USA la questione è diversa. Il prezzo del petrolio risente continuamente della produzione di shale americano e del costante aumento delle giacenze di greggio. Secondo alcuni dati preliminari forniti dall’EIA la produzione statunitense nel 2017 è cresciuta di circa 300.000 barili al giorno e potrebbe salire di altri 400.000 entro dicembre prossimo con tutte le conseguenti ripercussioni sul prezzo del petrolio.

5) Prezzo petrolio e Russia: quanto ancora è disposta a tagliare?

Nonostante essa sia un membro esterno al Cartello, i tagli OPEC concordati a dicembre hanno riguardato anche la Russia, che ha svolto un ruolo determinante nel ridurre il proprio output e nel risollevare il prezzo del petrolio. Nel momento in cui i produttori decideranno di estendere l’accordo di Vienna sarà ancora una volta necessario l’ausilio russo, ma fino a questo momento il Paese non ha fornito indicazioni in merito alla sua posizione sull’argomento.

Come ha fatto notare Bloomberg, la produzione russa di greggio tende ad aumentare durante il periodo estivo, cosa che si aggiunge ai numerosi progetti messi in campo da parte di compagnie petrolifere nazionali. Tutto ciò potrebbe spingere la Russia a non aderire all’estensione dell’accordo OPEC e ciò causerebbe un nuovo eccesso di offerta e dunque un nuovo possibile crollo del prezzo del petrolio.

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