Dal delivery a Instagram, “perché il successo del pokè non è una moda passeggera”

Stefano Rizzuti

11 Febbraio 2022 - 16:00

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Alessandro De Crescenzo e Riccardo Bellini, co-fondatori di Ami Poké, parlano a Money.it del mercato del pokè, un alimento che riscuote sempre più successo in tutta Italia.

Dal delivery a Instagram, “perché il successo del pokè non è una moda passeggera”

Un mercato da circa 100 milioni di euro, un prodotto tra i più ordinati a domicilio (è all’ottavo posto in Italia) e una continua crescita del numero di punti vendita e degli acquisti: parliamo del pokè, piatto tipico della cucina hawaiana e sempre più diffuso in tutto il mondo.

A Roma il fenomeno del pokè è arrivato con Ami Pokè, una catena che oggi può contare su sei locali aperti nella Capitale e che punta a espandersi molto presto anche attraverso una campagna di crowdfunding. Alessandro De Crescenzo e Riccardo Bellini, co-fondatori di Ami Poké, raccontano a Money.it la loro esperienza con uno sguardo rivolto anche alle prospettive future.

Ami Poké è tra le prime catene italiane di poké, anche da un punto di vista cronologico: da dove nasce l’intuizione di investire su questo settore prima che ci fosse il vero e proprio boom degli ultimissimi anni?

Hai detto bene, per noi il poké è stata una vera e propria intuizione: ci abbiamo creduto fin da subito, da quando era ancora un prodotto sconosciuto in Italia. Il poké ci ha interessato per diverse ragioni: il fatto che fosse un piatto gustoso ma anche salutare, l’adattabilità al fenomeno del delivery che si stava affermando nel 2018, la possibilità di personalizzarlo e di renderlo estremamente instagrammabile. Se molti hanno seguito il trend guardando i numeri del mercato, per noi è stato chiaro sin da subito il potenziale intrinseco del poké: abbiamo avuto la visione.

Il vostro mercato è sicuramente in crescita al momento: quanto di questo successo è legato a un periodo in cui il delivery la fa da padrone anche per ragioni sanitarie e diventa sempre più un’abitudine degli italiani?

Sicuramente una parte importante del successo del poké è il delivery e, in particolare, l’accelerazione che questo modo di consumare il cibo ha avuto nei due anni di pandemia. Dai nostri dati stimiamo che il Covid abbia accelerato di almeno 3 anni l’affermazione del food delivery come abitudine di consumo. La dinamica, tuttavia, era già avviata e inarrestabile: gli italiani passano sempre meno tempo in cucina e amano coccolarsi la sera dopo aver passato l’intera giornata al lavoro, magari con un pranzo veloce. Il food delivery risponde perfettamente a queste esigenze.

Quali previsioni fate per il futuro? Pensate che il poké possa restare a lungo un alimento molto consumato in Italia o temete che possa diventare un po’ una “moda passeggera”?

Ovviamente il poké è destinato a restare un trend di successo proprio per le sue qualità intrinseche. Un mercato per essere considerato “moda passeggera” dovrebbe durare uno, massimo due anni. Il poké è ormai entrato nel quinto anno di crescita a livello di mercato e anche il sushi - parente stretto del poké in termini di ingredienti - si è inserito naturalmente nelle diete abitudinarie degli italiani da più di un decennio. Del resto, anche negli anni ’90 si parlava di “moda passeggera” per quanto riguarda le catene di hamburger statunitensi, e guarda dove siamo adesso.

Avete lanciato una raccolta fondi attraverso l’equity crowdfunding: a cosa porterà per Ami Poké, dal punto di vista pratico, il successo di questa campagna? Potrebbe spingervi verso nuovi investimenti?

L’obiettivo sono proprio i nuovi investimenti. Gran parte della raccolta della campagna - più di un milione di euro - guidata da Azimut Libera Impresa (un partner che siamo orgogliosi di avere a bordo) sarà destinata alle aperture di nuovi punti vendita nel Lazio e successivamente all’espansione anche in centro Italia. Avremo un occhio di riguardo per l’apertura del nostro primo flagship store a Milano per poi continuare la crescita nel Nord Italia. Una parte degli investimenti sarà inoltre dedicata allo sviluppo della struttura centrale a supporto della catena. Infine svilupperemo un’infrastruttura digitale proprietaria, ormai fattore competitivo imprescindibile, sia per efficientare i processi interni sia per aumentare la presenza online e migliorare la customer experience.

Da giovani imprenditori, cosa consigliate a chi vuole investire e aprire un’impresa in ambito ’food’?

Prima di tutto cercare di coniugare la passione e l’entusiasmo con l’analisi rigorosa del settore. Il food è un campo potenzialmente foriero di grandi soddisfazioni, ma anche molto competitivo: le catene vincenti conquistano i clienti perché prima capiscono i loro bisogni e le loro aspettative, e poi fanno di tutto per soddisfarli con energia, passione e grande ricerca di talenti che possano realizzare un servizio superiore: creare nel miglior modo possibile quell’accoglienza e quell’atmosfera che una comunità si aspetta da te. Per questo il fast casual sta soppiantando il fast food, semplicemente perché è più al passo con i tempi e con le aspettative dei clienti.

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