Pignoramento stipendio al dipendente pubblico che ha debiti con il Fisco, cosa cambia

Patrizia Del Pidio

19 Agosto 2025 - 10:33

A partire dal prossimo anno anche gli stipendi dei dipendenti pubblici potranno essere pignorati in caso di debiti con il Fisco. Cosa cambia davvero dal 2026?

Pignoramento stipendio al dipendente pubblico che ha debiti con il Fisco, cosa cambia

Anche per i dipendenti pubblici scatta il pignoramento dello stipendio in caso di debiti con il Fisco. Si tratta di una novità prevista dalla Legge di Bilancio 2025 che entrerà in vigore a partire dal prossimo anno. Per i dipendenti pubblici morosi dal 2026 è prevista la sospensione delle retribuzioni se il debito supera un determinato importo e lo stipendio è sopra una soglia di reddito prevista dalla legge.

All’articolo 1, commi 84 e 85 la Manovra prevede che le “somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento” sono sospese per chi ha debiti superiori a 5.000 euro ed emolumenti superiori ai 2.500 euro, sempre nel rispetto delle norme previste per la pignorabilità di stipendi e pensioni

L’entrata in vigore della norma è stata rimandata al 2026 per permettere alla pubblica amministrazione di adeguare i sistemi ai nuovi controlli che è necessario compiere.

Da sottolineare, in ogni caso, che quando si parla di «sospensione» delle somme dovute a titolo di stipendio, non si tratta mai di una sospensione totale, quanto di un pignoramento parziale (garantendo al dipendente di ricevere sempre una parte cospicua dello stipendio) per il rientro del debito.

Stop allo stipendio per chi ha debiti

Il taglio dello stipendio avviene solo per debiti superiori a 5.000 euro e solo per chi ha emolumenti di importo superiore ai 2.500 euro. In base ai dati forniti dal Mef circa 250.000 dipendenti pubblici hanno debiti con il Fisco superiori a 5.000 euro. Di questi circa 30.000 dipendenti percepiscono uno stipendio di importo medio pari a 3.500 euro. Si tratta, quindi, di una norma che potrebbe andare a colpire moltissimi dipendenti della pubblica amministrazione che vedranno applicato allo stipendio un taglio che in alcuni casi potrebbe essere anche abbastanza consistente.

Come funzionerà il taglio degli stipendi? La disposizione normativa prevista nella Manovra 2025 prevede che se il dipendente pubblico è debitore verso il Fisco, l’erogazione degli emulumenti, salari o altre indennità viene bloccata e segnata all’Agenzia delle Entrate Riscossione che provvederà a bloccare parte dello stipendio.

Come abbiamo detto per l’applicazione della norma è necessario il rispetto di due parametri:

  • il dipendente pubblico deve avere cartelle esattoriali il cui importo sia almeno di 5.000 euro;
  • lo stipendio percepito deve essere superiore a 2.500 euro lordi mensili.

Per gli stipendi di importo superiore a 2.500 euro il blocco è di un settimo dell’importo fino al saldo del debito, per gli emolumenti una tantum, invece, il blocco dovrebbe essere di un decimo (ad esempio la tredicesima).

Per chi percepisce uno stipendio di 2.700 euro lordi, ad esempio, il taglio dello stipendio è di 385 euro per i mesi necessari per il saldo completo del debito. Per i dipendenti pubblici, invece, che hanno uno stipendio mensile di 1.800 euro ma con la tredicesima superano l’importo dei 2.500 euro scatterà il blocco di un decimo della retribuzione (180 euro al mese).

C’è tempo fino al 2026

La novità in arrivo non dovrebbe destare preoccupazione per i dipendenti pubblici per due motivi: c’è ancora molto tempo per sanare la propria situazione fiscale visto che il blocco o per valutare eventuali errori nelle cartelle esattoriali. Lo slittamento dell’attuazione della norma concede, quindi, più tempo per versare il dovuto senza avere decurtazioni della busta paga a partire dal 2026 (anche eventualmente rateizzare il debito con l’Agenzia delle Entrate Riscossione).

Da tenere presente che fino al 31 dicembre 2024 c’erano 30 giorni di tempo per pagare la cartella esattoriale, dal 1° gennaio 2025 il termine si è allungato a 60 giorni prima di rischiare azioni esecutive.

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