Il petrolio può fare il balzo a $100 al barile grazie a due jolly

Violetta Silvestri

18/01/2023

18/01/2023 - 12:11

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Il prezzo del petrolio sorprenderà con un salto in avanti nel 2023? Se lo chiedono gli analisti e una risposta arriva dall’Agenzia internazionale dell’energia. Due i fattori a spingere il greggio.

Il petrolio può fare il balzo a $100 al barile grazie a due jolly

Il prezzo del petrolio torna sotto i riflettori con nuovi driver al rialzo che si intravedono in questo inizio 2023.

La domanda globale di oro nero è destinata a raggiungere il massimo storico, con la Cina che allenta le sue restrizioni Covid-19 e potenzialmente può spingere i prezzi del greggio nella seconda metà dell’anno, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia.

Il consumo di greggio potrebbe aumentare di 1,9 milioni di barili al giorno per raggiungere il massimo storico di 101,7 milioni di barili al giorno, ha affermato l’AIE nel suo primo rapporto mensile sul petrolio del 2023.

Questa prospettiva rafforza le stime di prezzi del petrolio di nuovo sulla soglia dei 100 dollari al barile. Cosa aspettarsi e quali fattori osservare?

Cina e Russia i jolly per il prezzo del petrolio

Due jolly dominano le prospettive del mercato petrolifero del 2023: Russia e Cina. L’offerta russa rallenta sotto il pieno impatto delle sanzioni (mentre) la Cina guiderà quasi la metà della crescita della domanda globale anche se la forma e la velocità della sua riapertura rimangono incerte: così l’AIE ha sintetizzato cosa può accadere al mercato petrolifero in questo anno appena iniziato.

La fornitura di greggio russo è rimasta stabile a dicembre a 11,2 milioni di barili al giorno, nonostante l’introduzione delle sanzioni dell’Ue sull’importazione di greggio russo. Tuttavia, l’AIE prevede che il mercato petrolifero globale “ben fornito” all’inizio dell’anno potrebbe “inasprirsi rapidamente” poiché le sanzioni occidentali - in particolare un divieto dell’Ue sull’importazione di prodotti russi raffinati dal 5 febbraio - prenderanno il pieno effetto.

Sul lato della domanda, la debole attività industriale e il clima mite hanno contribuito a ridurre la la richiesta di petrolio di quasi un milione di barili al giorno nei Paesi sviluppati dell’OCSE nell’ultimo trimestre del 2022.

Tuttavia, nonostante le probabili lievi recessioni in Europa e negli Stati Uniti, la prevista riapertura della Cina è destinata ad alimentare rimbalzi anche nelle vicine economie asiatiche. “Il motore principale della crescita del Pil e della domanda di petrolio nel 2023 saranno i tempi e il ritmo della ripresa post-blocco della Cina”, ha affermato l’AIE.

Si potrebbe quindi concretizzare uno squilibrio domanda/offerta, sbilanciato su maggiori pressioni del consumo rispetto al petrolio disponibile. Il grafico mostra chiaramente il divario atteso:

Equilibrio domanda/offerta di petrolio Equilibrio domanda/offerta di petrolio Previsioni 2023

Con questa dinamica, che vede il driver Cina sul lato domanda e la spinta in basso della Russia colpita da sanzioni per quanto riguarda l’offerta, i prezzi del petrolio dovrebbero aumentare.

Nel frattempo, la principale crescita dell’offerta dovrebbe provenire dagli Stati Uniti, poiché la produzione del gruppo di produttori OPEC+ diminuirà di 870.000 barili al giorno (bpd).

Il petrolio arriverà a $100 al barile?

Il consumo di petrolio è destinato a salire bruscamente dopo che Pechino ha revocato la sua politica zero-Covid il mese scorso, sostengono gli analisti. Più automobili in movimento e più voli alimenteranno una ripresa della domanda di energia simile a quando le restrizioni dovute alla pandemia sono state allentate negli Stati Uniti e in Europa lo scorso anno.

Il riemergere della Cina dai blocchi sarà sufficiente a spingere il consumo globale di greggio al di sopra del ritmo dello scorso anno, anche se la crescita dei consumi negli Stati Uniti e in Europa vacillerà, affermano molti analisti.

Diversi esperti, tra cui quelli di Goldman Sachs, prevedono che il greggio petrolio raggiungerà i 100 dollari nel 2023 e potrebbe toccare comunque i 90 dollari sulla scia di una svolta accomodante nella Federal Reserve statunitense e della riapertura economica cinese.

La visione è che, se la produzione russa cala, sarà difficile contare su altri membri Opec+ per colmare il divario. L’Arabia Saudita ha fatto ben poco per porre un freno ai prezzi durante l’impennata dello scorso anno e anche se volesse aumentare la produzione, all’interno del gruppo rimane una limitata capacità inutilizzata per rispondere alle carenze dell’offerta.

È anche improbabile, per alcuni osservatori del settore, che gli Stati Uniti immettano molto più petrolio sul mercato quest’anno. Il colosso dello scisto del Paese è stato ostacolato da una combinazione di pressioni di Wall Street per limitare la spesa per la nuova produzione e vincoli reali per le attrezzature e le persone che sarebbero necessarie per stimolare una crescita elevata.

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