Perché la Germania in crisi è un brutto segnale per l’Europa

Violetta Silvestri

26/05/2023

26/05/2023 - 13:31

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La Germania è in declino e questo può avere ripercussioni sull’intera Europa. Perché Berlino è in crisi e quanto pesa la sua debolezza per la prosperità del blocco Ue? Cosa aspettarsi.

Perché la Germania in crisi è un brutto segnale per l’Europa

Il declino economico della Germania è stato confermato da due trimestri di seguito di contrazione: è recessione tecnica per la locomotiva d’Europa, che rischia così di trascinare l’intera Ue nell’incertezza.

Quello che sta emergendo, infatti, è un cambiamento epocale, sintomi di tempi mutevoli e dalle sfide ostiche, anche per le grandi potenze. Non c’è dubbio che Berlino sia stato il motore economico dell’Europa per decenni, guidando la regione nel superamento di una crisi dopo l’altra. Tuttavia, quella resilienza sta crollando e rappresenta un pericolo per l’intero continente.

Gli economisti vedono la crescita tedesca in ritardo rispetto al resto della regione per gli anni a venire e il Fondo monetario internazionale stima che quest’anno la Germania sarà l’economia del G7 con le peggiori performance.

Cosa significa una crisi tedesca per l’Europa? I segnali che arrivano da Berlino potrebbero essere davvero negativi per la completa ripresa dell’Ue, proprio ora che si trova a sfidare cambiamenti storici quali la transizione energetica, la competitività tecnologica, la diversificazione delle materie prime cruciali.

Perché la Germania è in crisi economica

Diversi analisti si sono confrontati su Bloomberg per fare il punto sulla debolezza tedesca: dalla granitica tenuta politica della Merkel sembra proprio che il vento stia cambiando anche in Germania, dove la guida del Paese del cancelliere Scholz è ricca di insidie.

Decenni di politiche energetiche imperfette, la scomparsa delle auto con motore a combustione e una lenta transizione verso le nuove tecnologie stanno convergendo per rappresentare la minaccia più rilevante alla prosperità della nazione tedesca dalla sua riunificazione. Questa l’estrema sintesi sull’attuale fragilità del Paese secondo un’analisi di Bloomberg.

Tuttavia, a differenza del 1990, alla classe politica mancherebbe proprio la leadership per affrontare le questioni strutturali che stanno lacerando la competitività della nazione.

“Siamo stati ingenui come società dicendo che tutto sembrava andasse bene”, ha commentato l’amministratore delegato di BASF, Martin Brudermüller. “I problemi che abbiamo in Germania si stanno accumulando. Abbiamo davanti a noi un periodo di cambiamento. Non so se tutti se ne rendono conto”.

I segnali di allarme stanno diventando difficili da ignorare. Nonostante Scholz abbia detto a gennaio che quest’anno la Germania avrebbe superato la stretta energetica della Russia senza una recessione, i dati pubblicati mostrano che l’economia è in realtà in contrazione da ottobre e si è espansa solo due volte negli ultimi cinque trimestri.

La Germania non sta soddisfacendo in modo sostenibile il fabbisogno energetico della sua base industriale. Inoltre, risulta eccessivamente dipendente dall’ingegneria ormai obsoleta e manca l’agilità politica e commerciale per orientarsi verso settori in più rapida crescita. La serie di sfide strutturali indica un cupo risveglio per cuore del potere europeo, fin troppo abituato a un benessere ininterrotto.

A suo vantaggio ci sono i colossi industriali come Volkswagen, Siemens e Bayer ben affiancati da migliaia di piccole società e le abitudini di spesa prudenti del Paese lo pongono certamente su una base fiscale più forte rispetto ai suoi pari per sostenere la trasformazione futura. Ma il tempo stringe secondo gli analisti.

La questione più urgente per la Germania è mettere in moto la sua transizione energetica. L’energia a prezzi accessibili è un prerequisito fondamentale per la competitività industriale e, anche prima della fine delle forniture di gas russo, la Germania aveva alcuni dei costi dell’elettricità più alti d’Europa.

Dopo aver chiuso i suoi ultimi reattori nucleari questa primavera e aver spinto per eliminare gradualmente il carbone entro il 2030, lo scorso anno il Paese ha installato circa 10 gigawatt di capacità eolica e solare, la metà di quanto necessario per raggiungere gli obiettivi climatici.

L’amministrazione Scholz mira a collegare circa 625 milioni di pannelli solari e 19.000 turbine eoliche entro il 2030, ma le promesse di accelerare il lancio a mesi o anni non hanno ancora dato i loro frutti. Nel frattempo, la domanda dovrebbe aumentare a causa dell’elettrificazione di tutto, dal riscaldamento e trasporti alla produzione di acciaio e all’industria pesante.

Un bel dilemma, che in realtà rispecchia la difficile sfida che anche gli altri membri Ue devono affrontare, non senza problemi.

C’è da dire, comunque, che la spesa per ricerca e sviluppo è la quarta più alta al mondo, dietro solo a Stati Uniti, Cina e Giappone. Circa un terzo dei brevetti depositati in Europa proviene dalla Germania, secondo i dati del World Patent Office.

Gran parte del potere di innovazione, tuttavia, è incorporato in grandi aziende come Siemens e Volkswagen e si concentra su industrie consolidate. Mentre i piccoli produttori continuano a prosperare, il numero di nuove startup sta diminuendo in Germania, in contrasto con la crescita osservata in altre economie sviluppate, secondo l’OCSE.

Le ragioni includono l’eccesso di burocrazia - le registrazioni delle società spesso avvengono in forma cartacea - e un’avversione culturale al rischio. Anche il finanziamento è un problema. Gli investimenti di capitale di rischio in Germania hanno totalizzato 11,7 miliardi di dollari nel 2022 rispetto ai 234,5 miliardi di dollari negli Stati Uniti, secondo DealRoom.

Industria automobilistica: da forza a problema in Germania

Per capire il declino della Germania non si può prescindere dall’osservazione del settore auto, punta di diamante da sempre della nazione.

Mentre marchi come Porsche e BMW hanno definito l’era dei motori a combustione, le auto elettriche tedesche hanno faticato. La cinese BYD ha superato Volkswagen per diventare il marchio automobilistico più venduto in Cina lo scorso trimestre. La chiave della sua spinta è stata un modello elettrico che costa circa un terzo dell’ID3 di VW, ma offre una maggiore portata e connettività con applicazioni di terze parti.

Gran parte della ricchezza e dell’ordine sociale della Germania si basano su un vivace settore manifatturiero che offre posti di lavoro ben retribuiti. Tuttavia quella forza ha portato a pericolose dipendenze dai mercati esteri per ordini e materie prime, soprattutto dalla Cina. Come altre democrazie all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina, Berlino sta ora cercando di allentare la sua dipendenza dalla superpotenza asiatica, ma tutto questo ha un esito molto incerto.

Anche nella tecnologia ci sono crepe. Il più grande attore tedesco è SAP, che risale agli anni ’70 e produce software complessi che aiutano le aziende a gestire le proprie operazioni. C’è poco in termini di nuovi campioni nazionali all’orizzonte. La società di pagamenti digitali Wirecard AG ha ricoperto brevemente quel ruolo prima di crollare per uno scandalo contabile.

La mancanza di investimenti della Germania è particolarmente acuta nella tecnologia digitale. Nonostante fosse al 51° posto al mondo per velocità Internet su linea fissa, ha la quarta spesa più bassa tra i Paesi OCSE rispetto alle dimensioni dell’economia.

“Anni di investimenti insufficienti hanno lasciato la Germania in ritardo, ha affermato Jamie Rush, capo economista europeo per Bloomberg Economics. “Berlino dovrà spendere di più e rendere più facile il decollo dei progetti infrastrutturali”.

L’austerità di bilancio tedesca, tirando le somme finora, ha forse portato la Germania verso un doppio risultato: da una parte conti pubblici in ordine hanno dato stabilità, dall’altra però hanno ritardato investimenti che ora pesano, come mancanze, come macigni.

Europa in bilico per colpa della Germania?

Il motore tedesco sta perdendo slancio e le sue fragilità, alle quali va aggiunta anche una crisi demografica che sta già pressando l’industria a corto di manodopera, si diffonderanno in Europa.

Dana Allin, professoressa presso SAIS Europe non ha dubbi: “La salute dell’economia tedesca è cruciale per la più ampia economia europea e per l’armonia e la solidarietà del blocco”.

L’Ue si trova in un momento cruciale, mentre affronta: un’inflazione elevata e tassi Bce sempre più alti; la guerra in Ucraina che coinvolge il continente e il suo approvvigionamento delle materie prime chiave, energetiche e non solo; la gestione della rivalità Usa-Cina, assai pericolosa per l’Europa che non può rinunciare al commercio del dragone senza conseguenze; la transizione energetica piena di incognite; debiti nazionali a livello record dopo la pandemia; il bisogno di avere un peso maggiore nell’innovazione tecnologica; la necessità di trovare unione per riforme cruciali come quelle del Patto di Stabilità.

Tutto questo, se aggiunto a una Germania frammentata e in crisi, può trasformarsi in uno scenario cupo per i prossimi anni.

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