Perché la Germania ha portato l’Italia in tribunale

Chiara Esposito

1 Maggio 2022 - 18:01

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Berlino si è rivolta alla Corte internazionale dell’Aia per porre fine alla richiesta italiana di risarcimenti per i crimini nazisti: lo storico della vicenda.

Perché la Germania ha portato l’Italia in tribunale

La Germania vuole che l’Italia smetta di chiedere risarcimenti per i crimini nazisti e per farlo si è rivolta al Tribunale Penale Internazionale con sede all’Aia, nei Paesi Bassi.

La richiesta di Berlino è un intervento contro le decisioni di diversi tribunali italiani e della Corte Costituzionale del nostro Paese che concedono ai cittadini la rivendicazione di avvenimenti che, dal punto di vista tedesco invece, sarebbero stati già archiviati nel quadro degli accordi internazionali post-bellici.

L’appello si impernia su alcune particolari sentenze e fa riemergere non poche controversie sulle forme dei diritti dei singoli e sugli esiti a cui si è approdati sul fronte della giustizia internazionale.

La richiesta tedesca all’Aia

Venerdì 29 aprile la Germania si è rivolta alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia accusando l’Italia di non rispettare la propria immunità giurisdizionale. La recriminazione mossa verso il nostro Paese ruota attorno ad alcuni crimini di guerra nazisti per cui diversi cittadini hanno fatto ricorso e sono attualmente in attesa di risarcimenti.

La lamentela di Berlino colpisce qui tribunali che continuano insomma a permettere alle vittime di quegli eventi di chiedere compensazioni economiche allo Stato tedesco.

La richiesta d’intervento mira a bloccare i procedimenti, memore della precedente sentenza della Corte dell’Aia che aveva stabilito come tali decisioni italiane violano il diritto della Germania all’immunità sopracitata.

La stessa immunità è di fatto stabilita dal diritto internazionale e sancisce l’irreversibilità del processo che dichiarò ultimati i pagamenti di miliardi di euro dal 1945 in poi verso i Paesi che hanno subito violenze belliche tra il 1943 e la fine del secondo conflitto mondiale.

A quali sentenze ci si appella

Questa sentenza della Corte internazionale di giustizia risale al 2012. I tribunali italiani da allora hanno però ammesso più di 25 richieste di risarcimento danni legate ai crimini delle forze di occupazione tedesche.

In quelle occasioni i giudici del nostro Paese avevano anche cercato di sequestrare e confiscare proprietà immobiliari dello Stato tedesco che si trovano a Roma per procedere con le compensazioni. Tra gli edifici in questione ci sarebbero l’Istituto Archeologico Germanico in via Sicilia, la sede romana del Goethe-Institut in via Savoia, l’Istituto Storico Germanico e la Scuola Germanica Roma in via Aurelia Antica.

Altro grande tema del processo è infatti il blocco dell’esproprio dei beni e della loro vendita all’asta. La Germania insomma vuole che la Corte dell’Aia torni a ribadire l’inammissibilità delle richieste di risarcimento e delle manovre a esse connessa.

Ricordiamo inoltre che, non solo nel 2012 ciò è stato già stato rimarcato come già detto, ma nel 2013 fu emanata persino una legge (numero 5 del 14 gennaio) con la quale lo Stato italiano «recepì a sua volta i principi sull’immunità degli Stati citati nella sentenza della Corte dell’Aia». La legge spingeva la Cassazione a rivedere il proprio giudizio. Il problema più grande fu il rifiuto della Corte Costituzionale che a sua volta dichiarò l’illegittimità della legge 5 del 2013.

All’epoca dei fatti si affermò e depositò agli atti come deportazione e costrizione al lavoro nonché eccidi siano crimini contro l’umanità e quindi non rientrano nella funzione sovrana dello Stato estero.

Per via di questa decisione della Corte Costituzionale da allora in Italia sono state presentate molte altre richieste di risarcimento danni contro la Germania.

Cosa potrebbe accadere ora

La disputa è quindi evidente e le posizioni restano pressoché ferree. Come riportato anche dalla testata online de ilPost, non si sa ancora quando ci sarà la prima udienza preliminare della Corte internazionale sul caso.

Con molta probabilità ne sapremo di più tra qualche settimana ma, per avere una sentenza definitiva, ci vorranno invece anni; queste perlomeno sono le consuete tempistiche del tribunale interpellato.

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