L’assenza del metodo scientifico nelle analisi finanziarie alimenta correlazioni spurie, previsioni errate e ipotesi prive di verifica, mettendo a rischio i mercati e i portafogli degli investitori.
Per oltre quattro secoli il metodo scientifico ha rappresentato il fondamento dell’analisi rigorosa: osservare, misurare, sperimentare e mettere alla prova le ipotesi per verificarne la validità. È grazie a questa logica, applicata con disciplina, che l’umanità ha separato la conoscenza dalle credenze.
Eppure, nel mondo della finanza moderna, questa struttura di pensiero sembra essere stata dimenticata. Molte teorie di mercato vengono diffuse come verità assolute, pur essendo basate su semplici supposizioni, su impressioni personali o su una selezione arbitraria dei dati.
Capita spesso di leggere rapporti finanziari che sostengono correlazioni non testate, come l’idea che i titoli value tornino sempre a sovraperformare dopo periodi difficili, o che le obbligazioni offrano una protezione sicura nelle fasi di ribasso dell’azionario, o ancora che le criptovalute siano destinate a continuare a salire solo perché le valute tradizionali potrebbero svalutarsi. In tutti questi casi, affermazioni che dovrebbero essere dimostrate vengono presentate come certezze immutabili, mentre i dati reali spesso raccontano una storia diversa. Un esempio significativo, emerso da un’analisi empirica, riguarda i tagli ai dividendi delle società quotate: vengono talvolta interpretati come un segnale positivo per i creditori, perché la sospensione della cedola agli azionisti lascerebbe più risorse a disposizione per onorare il debito. Tuttavia, studi accurati hanno mostrato che nella maggior parte degli episodi storici gli spread obbligazionari si sono ampliati, indicando un aumento del rischio percepito e un valore relativo peggiorato per gli investitori in obbligazioni. La realtà ha smentito il mito. [...]
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