Percentuali d’invalidità, come vengono assegnate e come incidono sull’accesso a bonus e agevolazioni. Ecco tutto quello che serve sapere.
Attraverso le percentuali di invalidità civile viene identificata la gravità dell’invalidità ossia la riduzione della capacità lavorativa della persona.
Si tratta quindi di un parametro molto importante in quanto è in base alla percentuale di invalidità, assegnata tenendo conto della minorazione fisica o psichica della persona, che viene valutato il diritto a bonus e agevolazioni spettanti.
La percentuale di invalidità viene accertata durante la visita di controllo disposta dall’Inps che si svolge presso la Commissione medica dell’Asl. Non si tratta ovviamente di una valutazione di tipo “soggettivo”, in quanto la commissione deve attenersi a quanto stabilito dal decreto del ministero della Sanità del 5 febbraio 1992 con il quale vengono identificate le percentuali d’invalidità a seconda di minorazioni e malattie invalidanti, di seguito in allegato.
Per essere riconosciuto come invalido civile esiste una soglia minima: la capacità lavorativa della persona deve risultare ridotta di almeno un terzo, quindi superiore al 33%. Con questo però non significa che spetti automaticamente la cosiddetta pensione d’invalidità civile oppure alle agevolazioni fiscali riconosciute ai sensi della legge n. 104 del 1992. Solitamente, infatti, con una tale percentuale si ha diritto a delle tutele minime, per poi aumentare tanto più si aggrava la situazione.
A tal proposito, in questa guida faremo chiarezza, a seconda della percentuale d’invalidità riconosciuta, su quali sono le agevolazioni a cui si ha diritto. Come vedrete di seguito, possono essere previsti dei sussidi economici, come la pensione d’inabilità e l’assegno di assistenza per invalidi civili parziali, oppure previdenziali, come la maggiorazione contributiva per invalidità, o, ancora, di tipo lavorativo, come il collocamento mirato.
Che cos’è l’invalidità?
Per capire quando si ha diritto alle agevolazioni collegate all’invalidità, bisogna innanzitutto aver ben chiaro che per invalidità si intende la riduzione della capacità lavorativa, derivante da un’infermità o da una menomazione.
Se l’interessato non è in età lavorativa (minorenni, over 65), per valutare l’invalidità non ci si deve riferire alla capacità lavorativa, ma alla capacità di svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età.
L’invalidità non deve essere confusa con l’handicap che è lo svantaggio sociale derivante da un’infermità o una menomazione; nello specifico, è considerato portatore di handicap chi presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, sia stabile che progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa.
Una condizione ancora differente è la non autosufficienza, che consiste nell’impossibilità permanente di compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza, o di camminare senza l’aiuto di un accompagnatore.
Quando si ha diritto alle agevolazioni per invalidità?
L’invalidità può dare luogo a benefici e agevolazioni quando è riconosciuta da una specifica commissione medica. Per il riconoscimento è necessario, dopo aver ottenuto l’apposita certificazione medica introduttiva rilasciata dal proprio medico curante, inoltrare all’Inps la domanda d’invalidità.
Invalidità pari o superiore a 1/3
Chi possiede un’invalidità riconosciuta in misura almeno pari a un terzo (ossia al 33,33%), ha diritto a protesi ed ausili relativi alla patologia riconosciuta nel verbale di accertamento della commissione medica.
La commissione medica può inoltre, indipendentemente dalla percentuale d’invalidità riconosciuta, indicare sul verbale il diritto al contrassegno per usufruire dei parcheggi per disabili. Il contrassegno è rilasciato dal proprio Comune di residenza.
Invalidità superiore al 45%
Chi possiede una percentuale d’invalidità sopra il 45% ha la possibilità di usufruire del collocamento mirato previsto dalla legge n. 68/99. Per questi e per altre categorie d’invalidi è infatti previsto l’accesso ai servizi di sostegno e di collocamento dedicati ai disabili.
Nel dettaglio, gli invalidi che hanno diritto all’iscrizione nelle categorie protette sono:
- le persone in età da lavoro con minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali ed i portatori di handicap intellettivo, in possesso d’invalidità (riduzione della capacità lavorativa) superiore al 45%;
- gli invalidi del lavoro, con un grado d’invalidità, accertato dall’Inail, superiore al 33%;
- i ciechi assoluti o le persone con un residuo visivo non superiore a 1/10 a entrambi gli occhi;
- i sordomuti, cioè le persone colpite da sordità sin dalla nascita o prima dell’apprendimento della parola;
- le persone che hanno diritto all’assegno d’invalidità civile, per accertamento da parte dell’Inps di una riduzione permanente a meno di 1/3 della capacità lavorativa;
- gli invalidi di guerra, gli invalidi civili di guerra e gli invalidi per servizio con minorazioni ascritte dalla 1° all’8° categoria.
I lavoratori con invalidità civile superiore al 45% possono inoltre essere conteggiati dall’azienda nelle quote di riserva relative alla legge sul collocamento obbligatorio, purché assunti almeno con un contratto part-time del 50% più un’ora (ad esempio, considerando un orario ordinario di 40 ore settimanali, saranno sufficienti 21 ore la settimana).
Invalidità superiore al 50%
I lavoratori dipendenti, con invalidità riconosciuta superiore al 50%, possono fruire di un congedo per cure relative all’infermità riconosciuta, per un periodo non superiore a 30 giorni l’anno.
Il congedo è retribuito come le assenze per malattia, ma non rientra nel periodo di comporto, cioè nel periodo massimo di conservazione del posto. I costi sono, però, a carico dell’azienda, quindi la possibilità di ottenere il permesso per invalidità va verificato all’interno del contratto collettivo di riferimento.
Invalidità superiore al 60%
I lavoratori dipendenti con invalidità almeno pari al 60% hanno la possibilità di essere computati nella quota di riserva dell’impresa presso cui sono assunti, a prescindere dall’orario del contratto.
Il beneficio non è riconosciuto se l’invalidità è stata causata da un inadempimento del datore di lavoro.
Invalidità superiore ai 2/3 (67%)
Per chi possiede un’invalidità superiore ai 2/3 (ovvero, tradotto in percentuale, di almeno il 67%) è prevista l’esenzione totale dal ticket sulle prestazioni specialistiche e di diagnosi strumentale. Si può godere inoltre di un’agevolazione per il pagamento dei medicinali prescritti con ricetta medica.
I dipendenti pubblici che risultano invalidi in misura superiore ai 2/3 hanno diritto di scelta prioritaria tra le sedi disponibili.
Non esiste una possibilità di anticipare la pensione con il 67% d’invalidità civile, ma tuttavia c’è una misura che accompagna l’invalido al pensionamento e con la quale la cessazione dell’attività lavorativa non è richiesta. Si tratta dell’assegno ordinario d’invalidità che, tra gli altri requisiti, richiede una riduzione della capacita lavorativa superiore a due terzi. Ma come abbiamo accennato, richiede anche il rispetto di altri requisiti: ad esempio, è necessario che il beneficiario abbia maturato almeno 5 anni di contributi, di cui almeno 3 anni versati nei 5 anni che precedono la presentazione della domanda.
Fattore molto importante: l’assegno ordinario di invalidità è accessibile sia da lavoratori autonomi che da lavoratori dipendenti ma solo del settore privato; non ne possono, quindi, fruire i dipendenti del pubblico impiego (perché hanno a disposizioni diverse misure per l’inabilità lavorativa che sono precluse a chi dipendente della pubblica amministrazione non è).
Invalidità pari o superiore al 74%
Chi possiede un’invalidità riconosciuta pari o superiore al 74% ha diritto a un assegno di assistenza, concesso sino all’età per la pensione di vecchiaia (67 anni nel 2023), il cui importo è di 333,33 euro mensili, con un limite di reddito di 5.725,46 euro (i valori si riferiscono al 2024).
La pensione d’invalidità civile necessita dello stato di disoccupazione, ma non richiede, come l’assegno d’invalidità ordinario, il pagamento di un minimo di contributi all’Inps.
La prestazione è incompatibile con qualsiasi pensione diretta d’invalidità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria, e con tutte le prestazioni pensionistiche d’invalidità per causa di guerra, di lavoro o di servizio, comprese le rendite Inail. In questi casi, l’interessato può comunque optare per il trattamento più favorevole.
Oltre alla pensione d’invalidità civile, chi è invalido in misura almeno pari al 74% può ottenere due importanti benefici pensionistici:
- l’Ape sociale, un anticipo pensionistico a carico dello Stato, che permette di uscire dal lavoro già a 63 anni; l’Ape sociale richiede un minimo di 30 anni di contributi (può essere riconosciuta alle donne una riduzione contributiva di un anno per ogni figlio, sino a un massimo di due);
- la pensione anticipata per i lavoratori precoci, che consente di pensionarsi con 41 anni di contributi, se si possiedono almeno 12 mesi di contribuzione da effettivo lavoro versati prima del compimento di 19 anni di età. Tuttavia, tale agevolazione non si applica nei confronti di coloro che alla data del 31 dicembre 1995 non avevano ancora maturato contributi.
Invalidità pari o superiore al 75%
Per chi possiede un’invalidità riconosciuta dal 75% in su sono previsti dei benefici per la pensione: nel dettaglio, per ogni anno lavorato sono accreditati 2 mesi di contributi in più, sino a un massimo di 5 anni.
L’agevolazione della maggiorazione contributiva spetta a partire dalla data di riconoscimento dell’invalidità in misura pari o superiore al 75%.
Inoltre, in presenza nel nucleo familiare di almeno una persona con invalidità superiore al 74% è possibile fare domanda per l’Assegno di inclusione, il sostegno economico che ha sostituito il Reddito di cittadinanza spettante alle famiglie in condizione di difficoltà economica.
In realtà potrebbe essere sufficiente anche un’invalidità con percentuale superiore al 45%, ma in tal caso è necessaria anche la presa in carico da parte dei servizi socio-sanitari presenti sul territorio.
Invalidità pari o superiore all’80%
Per coloro che possiedono un’invalidità pari o superiore all’80%, è previsto dal decreto Amato (D.lgs. 503/92) l’accesso anticipato alla pensione di vecchiaia, con 56 anni d’età, per le donne, e 61 anni, per gli uomini. È richiesta una finestra mobile, a partire dalla data di maturazione dei requisiti, pari a 12 mesi.
Il beneficio della pensione di vecchiaia anticipata è riservato ai soli dipendenti del settore privato: l’invalidità civile non è sufficiente per l’accesso alla pensione di vecchiaia anticipata, ma è richiesto uno specifico riconoscimento da parte dell’Inps.
Invalidità del 100%
Chi è invalido al 100%, o inabile, può fruire dei seguenti benefici:
- pensione per invalidi civili totali, o pensione d’inabilità civile: la prestazione è concessa a chi possiede un reddito annuo sino a 19.461,12 euro (il valore si riferisce all’anno 2024), ed è compatibile, sino al limite di reddito, con l’assegno ordinario d’invalidità; per ottenere il trattamento, che ha lo stesso ammontare della pensione d’invalidità civile (333,33 euro per il 2023), non è richiesto lo stato di disoccupazione;
- pensione d’inabilità: per il trattamento non basta l’invalidità del 100%, ma è richiesto il riconoscimento dell’inabilità permanente e assoluta a qualsiasi attività lavorativa; bisogna inoltre possedere almeno 5 anni di contributi, di cui 3 accreditati nell’ultimo quinquennio. Il trattamento è calcolato allo stesso modo della pensione, ma è aggiunta una maggiorazione contributiva;
- pensione d’inabilità per i dipendenti pubblici: la pensione d’inabilità, senza maggiorazione, è riconosciuta anche ai dipendenti pubblici che sono riconosciuti inabili alle mansioni, o al proficuo lavoro (per proficuo lavoro si intende la capacità di prestare servizio in maniera continuativa ed efficace); a seconda della categoria di appartenenza e del tipo d’inabilità, sono richiesti un minimo di 15 o 20 anni di contributi;
- assegno d’accompagnamento: hanno diritto all’indennità di accompagnamento, o accompagno, pari a 531,76 euro mensili (l’importo è adeguato annualmente), gli invalidi al 100% non autosufficienti, cioè impossibilitati a compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza o che non possono deambulare senza l’aiuto di un’altra persona; l’assegno è riconosciuto senza limiti di reddito.
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