Pensioni, ufficiali i tagli causati dalla crisi: come calcolare i nuovi importi

Simone Micocci

26 Aprile 2023 - 09:56

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Rivalutazione del montante contributivo ridotta quest’anno: bisogna infatti recuperare per la mancata svalutazione del 2022. E in futuro rischia di essere sempre peggio.

Pensioni, ufficiali i tagli causati dalla crisi: come calcolare i nuovi importi

Con il messaggio n. 1165 del 2023, l’Inps ha ufficializzato i parametri per la rivalutazione del montante contributivo, ossia la somma dei contributi versati dal lavoratore che al momento del collocamento in quiescenza viene trasformato in pensione attraverso l’applicazione di un determinato coefficiente.

C’è una cattiva notizia però: il tasso di rivalutazione del montante contributivo è stato ridotto quest’anno, in quanto bisogna recuperare la svalutazione registrata per il 2022. Il che comporterà una pensione più bassa rispetto a quella attesa, con coloro che andranno in pensione nel 2023 che pagheranno per la mancata crescita economica degli ultimi anni.

Il montante contributivo verrà comunque rivalutato, ma in maniera inferiore in quanto appunto si applica il taglio per effetto della svalutazione dello scorso anno; ma vediamo in che modo la nuova rivalutazione incide sul calcolo della pensione e di che numeri stiamo parlando.

Come si calcola la pensione con il sistema contributivo

Come prima cosa bisogna sottolineare che stiamo nell’ambito del calcolo contributivo della pensione, utilizzato per:

  • i periodi successivi al 1° gennaio 1996;
  • i periodi successivi al 1° gennaio 2012 per coloro che al 31 dicembre 1995 hanno maturato già 18 anni di contributi.

Per questi si applica un sistema di calcolo che tiene conto dei soli contributi previdenziali versati per i periodi interessati. Nel dettaglio, i contributi vengono accantonati e rivalutati annualmente in base all’andamento del Pil (prodotto interno lordo) dei 5 anni precedenti. Ne consegue un montante contributivo che a sua volta viene moltiplicato per un coefficiente variabile a seconda dell’età del pensionamento: ne è previsto uno differente per ogni anno, tra i 57 e i 71 anni, tanto maggiore quanto più si ritarda l’accesso alla pensione. A parità di montante contributivo, quindi, avrà diritto a una pensione più alta chi va in pensione più tardi.

Ebbene, mentre per i coefficienti di trasformazione il 2023 ha registrato un aumento, vista la minore aspettativa di vita, non si può dire lo stesso del tasso di rivalutazione del montante.

Non che si tratti di un valore negativo, visto che come vedremo di seguito non è possibile, ma il valore è talmente impercettibile da impedire una rivalutazione consistente del montante: il valore ufficializzato dall’Inps con il messaggio n. 1165/2023, infatti, è pari a 1,009756.

Una rivalutazione quasi impercettibile che si applicherà sul montante contributivo aggiornato al 31 dicembre 2021 (in quanto per l’ultimo anno antecedente al pensionamento non sono previsti adeguamenti in base al Pil), il che comporterà una pensione più bassa di quella attesa specialmente se si tiene conto dell’andamento già registrato negli anni precedenti.

Cosa succede quando la rivalutazione è negativa

Negli anni scorsi è successo persino che la rivalutazione registrata sia stata negativa. È successo ad esempio a chi è andato in pensione nel 2015, quando si è dovuto fare i conti con una variazione negativa del Pil negli ultimi 5 anni con un tasso registrato dall’Istat pari a -0,001927. A tal proposito, per scongiurare una svalutazione del montante contributivo, l’Inps è intervenuto chiarendo che la riforma Dini - legge n. 335 del 1995 - con cui tale meccanismo è stato introdotto, non prevede la possibilità di una svalutazione del montante. Non può, quindi, essere applicato un tasso negativo: in tal caso, infatti, la rivalutazione è pari a 0 mentre la differenza verrà recuperata sugli anni successivi.

Un taglio, quindi, per chi andrà in pensione negli anni futuri, limitando così gli effetti della rivalutazione.

Lo stesso è successo poi nel 2022, quando per chi è andato in pensione non c’è stata rivalutazione del montante contributivo aggiornato al 2020 per effetto di una variazione negativa dello 0,000215. Quindi, per chi è andato in pensione lo scorso anno la rivalutazione è stata comunque pari a 1, mentre il disavanzo si è riversato su coloro che andranno - o sono già andati - in pensione nel 2023.

Anziché un tasso pieno di rivalutazione, pari a 1,009973 (comunque molto basso), ne viene applicato infatti uno tagliato dello 0,000215, pari appunto a 1,009756.

Il problema è che questo trend si registra ormai da anni: una rivalutazione minima che impedisce al montante contributivo di stare al passo con l’andamento dei prezzi.

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