Dal 2027 non solo si andrà in pensione più tardi: cambiano anche i coefficienti di trasformazione, pertanto gli importi si riducono.
Nel 2027 si andrà in pensione più tardi, come confermato dalla legge di Bilancio attualmente in Parlamento.
Tra poco più di un anno, infatti, servirà attendere un altro mese per smettere di lavorare, visto che il limite di età della pensione di vecchiaia sale a 67 anni e 1 mese, mentre per l’accesso alla pensione anticipata servirà aver maturato 42 anni e 11 mesi di contributi, un anno in meno per le donne.
A cambiare sono anche le opzioni riservate ai contributivi puri, ossia a chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995 e non può vantare alcuna retribuzione per il periodo precedente. Ad esempio, la pensione di vecchiaia richiederà 71 anni e 1 mese di contributi, mentre quella anticipata 64 anni e 1 mese (a fronte rispettivamente di 5 e 25 anni di contribuzione).
E dal 2028 ci sarà un ulteriore incremento, questa volta di 2 mesi, che va a ritardare ulteriormente il momento del pensionamento.
Questi rinvii sono dovuti al meccanismo descritto dalla legge Fornero che prevede - ogni biennio - l’adeguamento dei requisiti per la pensione sulla base delle speranze di vita accertate. A tal proposito, per il 2027 l’Istat ha previsto un incremento complessivo di 3 mesi, che appunto il governo Meloni è riuscito a dilazionare su due anni piuttosto che su uno solo.
Quello che molti non dicono, però, è che l’aumento dei requisiti per andare in pensione non è l’unico svantaggio previsto: allo stesso tempo, infatti, cambieranno anche le regole di calcolo, visto che il fatto che si vive di più incide anche sui coefficienti di trasformazione. E, vi anticipiamo, non è una buona notizia.
Come si calcola la pensione per la parte contributiva
Oggi la pensione viene calcolata, generalmente, attraverso due diversi sistemi di calcolo: per il periodo che precede il 31 dicembre 1995 vale il retributivo, mentre per quello successivo il contributivo.
L’unica eccezione è per coloro che alla data del 31 dicembre 1995 hanno maturato 18 anni di contributi: per loro il retributivo si applica fino al 2021, mentre il contributivo per il periodo successivo.
Nel dettaglio, mentre il retributivo riconosce un maggior peso agli ultimi anni di lavoro, che di fatto sono quelli in cui solitamente si guadagna di più, il contributivo tiene conto dell’intera carriera. Come? Andando ad accantonare tutti i contributi versati - solitamente pari al 33% della retribuzione lorda percepita per i dipendenti - in un montante contributivo, rivalutato annualmente in base all’inflazione.
Questo montante poi si trasforma in pensione andando ad applicare un apposito coefficiente tanto più alto quanto più si ritarda l’accesso alla pensione. A parità di montante, quindi, avrà una pensione più alta chi va in pensione più tardi.
Oggi i coefficienti di trasformazione sono i seguenti, e gli stessi verranno applicati anche per coloro che andranno in pensione nel 2026.
| Età | Divisori | Valori |
|---|---|---|
| 57 | 23,789 | 4,204% |
| 58 | 23,213 | 4,308% |
| 59 | 22,631 | 4,419% |
| 60 | 22,044 | 4,536% |
| 61 | 21,453 | 4,661% |
| 62 | 20,857 | 4,795% |
| 63 | 20,258 | 4,936% |
| 64 | 19,656 | 5,088% |
| 65 | 19,049 | 5,250% |
| 66 | 18,441 | 5,423% |
| 67 | 17,831 | 5,608% |
| 68 | 17,218 | 5,808% |
| 69 | 16,600 | 6,024% |
| 70 | 15,980 | 6,258% |
| 71 | 15,360 | 6,510% |
Ma attenzione, perché a partire dal 2027 ci sarà un aggiornamento. Al pari dei requisiti per andare in pensione, infatti, anche i coefficienti di trasformazione tengono conto, ogni due anni, dell’andamento delle speranze di vita. Se si vive di più bisogna lavorare per più tempo, ecco perché il coefficiente di trasformazione si riduce.
Pertanto, a parità di montante, chi va in pensione nel 2027 avrà certamente una pensione più bassa rispetto a chi ci è andato nel 2026, per quanto sia ancora presto per rispondere alla domanda sul “quanto” visto che la nuova tabella verrà ufficializzata solo nel corso del prossimo anno.
Importi più bassi ritardano l’accesso alla pensione
Va detto anche che ci sono misure che oltre all’età anagrafica e ai contributi richiedono anche il raggiungimento di una certa soglia economica.
Ad esempio, per chi ha l’assegno calcolato interamente con il contributivo la pensione di vecchiaia si raggiunge solo se la pensione maturata è almeno pari al valore dell’Assegno sociale, oggi pari a circa 534 euro.
Nel caso della pensione anticipata contributiva, invece, l’importo deve raggiungere 3 volte il valore dell’Assegno sociale, oppure 2,8 volte per le donne con un figlio, 2,6 volte per chi ne ha almeno due.
Avere un coefficiente di trasformazione più penalizzante, quindi, renderà ancora più complicato raggiungere le suddette soglie, anche perché nel frattempo bisogna ricordare che il valore dell’Assegno sociale si alza per effetto della rivalutazione, e di conseguenza anche il limite richiesto.
Ecco perché il fatto di avere delle regole più penalizzanti per il calcolo dell’assegno rischiano anche di ritardare l’accesso alla pensione, e non solo per l’incremento di 1 e 2 mesi previsto dall’adeguamento.
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