Pensioni, la minima arriverà a 1.000 euro. Ecco quando

Simone Micocci

23 Agosto 2025 - 07:25

La pensione minima prima o poi arriverà a 1.000 euro. Ecco quanto tempo ci vorrà però prima che accada.

Pensioni, la minima arriverà a 1.000 euro. Ecco quando

Ricordate quando in piena campagna elettorale Forza Italia prometteva un aumento fino a 1.000 euro per la pensione minima? Questo obiettivo è lontano dall’essere raggiunto. Da allora, infatti, il trattamento minimo della pensione è salito da circa 524 a 616,67 euro, ma non esclusivamente per merito del governo Meloni.

Gran parte dell’aumento, infatti, è dovuto all’applicazione del meccanismo che adegua gli importi delle pensioni all’andamento del costo della vita. Ogni inizio anno, infatti, i trattamenti previdenziali, tra cui anche la pensione minima, vengono rivisti sulla base del tasso di inflazione accertato nei 12 mesi precedenti. A questo aumento se ne aggiunge un secondo, questo sì che è stato voluto dal governo Meloni, che incrementa la pensione di un ulteriore 2,2% (il prossimo anno si riduce però all’1,5%).

A oggi, quindi, solamente 13 euro circa di aumento sono extra, mentre gli altri sarebbero stati comunque riconosciuti indipendentemente da chi sarebbe stato al governo.

A questi si aggiunge poi un aumento di circa 135 euro garantito dall’incremento al milione, misura che proprio il governo Berlusconi introdusse nel 2001 in favore delle fasce più deboli di pensionati. Oggi spetta a chi ha compiuto almeno 70 anni, requisito che si può ridurre in base agli anni di contributi fino a un massimo di 5 anni, e soddisfa determinate condizioni reddituali: l’importo della pensione minima sale così a 739,83 euro.

Ma a questo ritmo, quanto tempo ci vorrà per arrivare a 1.000 euro di pensione minima? Le previsioni non sono delle migliori.

Quando si arriverà a 1.000 euro di pensione minima?

Guardando ai numeri, la prospettiva di una pensione minima da 1.000 euro appare oggi perlopiù come uno slogan elettorale piuttosto che un obiettivo realmente a portata di mano. Il motivo, come anticipato, è molto semplice: gli aumenti che hanno portato la minima a raggiungere la soglia di 616,67 euro (739,83 euro con la maggiorazione prevista dall’incremento al milione) non sono frutto di un intervento strutturale, in quanto derivano in gran parte dal meccanismo di perequazione automatica, ossia dall’adeguamento all’inflazione. Questo sistema garantisce sì una tutela del potere d’acquisto, ma procede a piccoli passi e dipende dall’andamento dei prezzi al consumo.

Facendo due conti, i tempi diventano chiari. Se prendiamo come riferimento l’importo maggiorato di 739,83 euro, per arrivare ai 1.000 euro servirebbero circa 15 anni con un’inflazione media del 2%, oppure addirittura 30 anni se la crescita restasse inchiodata all’1%.

Nel caso invece della pensione minima base, oggi poco sopra i 600 euro al netto dell’incremento straordinario voluto dal governo, i tempi si allungano ulteriormente: 22 anni con una rivalutazione media del 2% e oltre mezzo secolo con una crescita contenuta all’1%.

Si tratta di stime indicative, ma rendono bene l’idea: senza un intervento politico straordinario, la soglia dei 1.000 euro rimane lontanissima. Di fatto, solo i pensionati che già oggi percepiscono la maggiorazione sociale, e che soddisfano rigidi requisiti anagrafici e reddituali, hanno un beneficio più consistente, ma sempre ben distante dall’obiettivo annunciato in campagna elettorale.

La pensione minima aumenta, ma non per tutti

Inoltre, c’è un ulteriore aspetto da considerare: l’inflazione. È vero infatti che grazie alla perequazione automatica gli assegni crescono ogni anno, ma si tratta di un aumento che in larga misura serve solo a inseguire l’aumento dei prezzi, dal momento che non va a produrre un reale miglioramento delle condizioni di vita dei pensionati.

Facciamo un esempio: se oggi con 740 euro al mese un pensionato riesce a coprire affitto, bollette e spesa alimentare con grande fatica, fra 15 anni quei 1.000 euro avranno un potere d’acquisto probabilmente simile, o persino inferiore, a quello dei 740 euro di oggi, perché nel frattempo il costo della vita sarà cresciuto. In sostanza, il traguardo dei 1.000 euro rischia di essere solo un numero sulla carta, un valore simbolico che non garantisce automaticamente più benessere.

A complicare ulteriormente il quadro c’è il fatto che l’integrazione al trattamento minimo, quel meccanismo che garantisce di portare la pensione almeno al livello minimo stabilito per legge, non si applica agli assegni calcolati interamente con il sistema contributivo. Questo significa che, con il passare del tempo e l’ingresso a pieno regime del contributivo per tutte le nuove generazioni, saranno sempre meno i pensionati che potranno beneficiarne, fino ad arrivare a una progressiva scomparsa della misura.

Di conseguenza, l’idea di una pensione minima universale da 1.000 euro, se non accompagnata da una riforma strutturale, rischia di rimanere una promessa destinata a pochi e per un periodo limitato.

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