Non solo pane, pasta e olio: tutti i prodotti alimentari che costano di più o sono introvabili con la guerra

Stefano Rizzuti

05/05/2022

05/05/2022 - 11:14

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La guerra in Ucraina ha provocato conseguenze, dirette e indirette, in tutto il mondo sul settore alimentare: ecco come cambiano (e cambieranno) consumi e abitudini nel 2022.

Non solo pane, pasta e olio: tutti i prodotti alimentari che costano di più o sono introvabili con la guerra

Pane, pasta, olio, ma non solo. La crisi alimentare scatenata dalla guerra in Ucraina ha conseguenze, dirette e indirette, ben più vaste di quel che possiamo vedere nel quotidiano. Le abitudini alimentari e i consumi sono molto cambiati negli ultimi mesi: non solo in Europa, ma in tutto il mondo.

Il problema principale riguarda tanti Paesi in via di sviluppo che rischiano di dover affrontare una vera e propria emergenza alimentare: da una parte per l’aumento dei prezzi delle materie prime, dall’altra per le difficoltà di approvvigionamento.

Le conseguenze alimentari della guerra in Ucraina non riguardano solo l’Italia o solo alcune materie prime di cui si è maggiormente parlato: dal al riso, l’Agi effettua una rassegna di come cambiano i consumi e le abitudini alimentari in tutto il mondo.

Il crollo delle esportazioni di tè

Uno dei primi esempi è quello del tè e del crollo delle esportazioni per lo Sri Lanka. Un Paese che vive anche una crisi economica legata alla messa a bando di alcuni fertilizzanti. Nel primo trimestre del 2022 le esportazioni di tè hanno subito il calo più alto registrato in 23 anni.

Nei primi tre mesi dell’anno sono state esportate 63.700 tonnellate di tè contro le 69.800 dello stesso periodo dall’anno precedente. Non erano mai state così poche dal 1999, con una perdita dei proventi stimata in circa 51 milioni di dollari.

L’export del tè è cruciale per l’economia dello Sri Lanka, con ricavi da circa 1,3 miliardi l’anno. E circa il 10% del calo delle esportazioni è dovuto proprio dall’invasione russa dell’Ucraina, perché Mosca e Kiev sono tra i principali acquirenti.

Il grano scarseggia, calano consumi di noodles e ramen

Passiamo poi in Giappone, dove la difficoltà nel reperire il grano saraceno sta mettendo in crisi la cucina nipponica, specie quella più a basso costo, considerando che questa materia prima è essenziale per i noodles e il ramen.

La Russia è tra i principali produttori di grano saraceno e, altro problema per il Giappone, anche il costo della soia è aumentato del 5% nel 2022. Tokyo continua a importare il grano russo, ma si registrano interruzioni nelle spedizioni e ritardi negli approvvigionamenti, con conseguenze inevitabili considerando che il Giappone produce solo il 40% del suo fabbisogno.

Crisi alimentare: il riso sostituisce i cereali

L’Ucraina è conosciuta come il granaio del mondo e il prezzo dei cereali, dall’inizio della guerra, è cresciuto del 38%. Non solo, perché ad aumentare sono stati anche i costi dei fertilizzanti agricoli. Una delle conseguenze è che aumentato il ricorso a soluzioni alternative in molti mercati: è per esempio il caso del riso.

Il prezzo del riso è stabile e per questo il suo consumo è aumentato. Secondo il dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti i consumi mondiali potrebbero passare dal grano al riso in molte zone, proprio per il prezzo stabile. Soprattutto nei Paesi più poveri. L’aumento dei prezzi dei cereali potrebbe quindi far aumentare ulteriormente il consumo di riso, i cui prezzi sono stabili e le forniture assicurate.

La crisi alimentare: quali Paesi rischiano l’emergenza

Il Rapporto globale annuale sulle crisi alimentari di Fao-Programma alimentare Onu-Ue mette in evidenza i rischi derivanti dal rialzo dei prezzi in alcuni Paesi più poveri. Tra quelli maggiormente alle prese con la crisi alimentare, molti dipendono quasi totalmente da Russia e Ucraina per le importazioni di grano: è il caso di Somalia (90%), Repubblica democratica del Congo (80%) e Madagascar (70%).

Non solo, perché a far emergere un quadro ancora più critico è l’aumento dei prezzi del carburante e dei fertilizzanti. Il timore è che l’insicurezza alimentare possa sfociare in una vera crisi in altri paesi come Afghanistan, Haiti, Siria, Yemen, Etiopia, Somalia e Sud Sudan.

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