Un Pаеѕе соn оltrе 90 mіlіоnі dі реrѕоnе sposta lа ѕuа саріtаlе. Nоn с’è più асquа

Luna Luciano

11 Ottobre 2025 - 15:35

L’Iran dice addio a Teheran e sposta la sua capitale sul Golfo Persico, ma il problema è un altro. Ecco tutto quello che c’è da sapere sulla crisi idrica e alla mafia dell’acqua iraniana.

Un Pаеѕе соn оltrе 90 mіlіоnі dі реrѕоnе sposta lа ѕuа саріtаlе. Nоn с’è più асquа

È ufficiale, Teheran non sarà più la capitale dell’Iran: alla fine, la temuta crisi idrica che da decenni affligge il Paese ha portato alla decisione estrema di spostare la capitale sul Golfo Persico.

Ma questa non è la vera soluzione a una crisi che ha portato alla nascita di una vera e propria “mafia dell’acqua”, come denunciato dal Time. Le risorse sono poche e le politiche adottate negli ultimi 40 anni non sono mai state sufficienti.

Teheran, con i suoi oltre 10 milioni di abitanti, è diventata un simbolo di come la crescita urbana incontrollata, unita alla gestione inefficiente delle risorse naturali, possa condurre un Paese sull’orlo del collasso ambientale. Le sue dighe, che un tempo fornivano il 70% dell’acqua potabile, oggi sono quasi a secco.

Le falde acquifere si stanno esaurendo e il terreno, letteralmente, sprofonda di 30 centimetri all’anno. Non è un’emergenza improvvisa: da decenni gli scienziati avvertono che l’Iran sta consumando più acqua di quanta la natura riesca a rigenerare. Eppure, gli ammonimenti sono rimasti inascoltati. E ora, il presidente Masoud Pezeshkian ha preso la decisione più drastica: trasferire la capitale nella regione costiera di Makran, affacciata sul Golfo Persico, per garantire accesso all’acqua e nuove rotte commerciali.

Ma cambiare città non risolverà una crisi che nasce da radici politiche, economiche e culturali profondissime: ecco tutto quello che c’è da sapere sulla crisi idrica e quali saranno le conseguenze di questo cambio.

L’Iran sposta la capitale: le cause della crisi idrica

La decisione di abbandonare Teheran come capitale è il risultato di una crisi idrica che da tempo ha superato il punto di non ritorno. La capitale iraniana consuma circa un quarto delle risorse idriche del Paese, ma le precipitazioni si sono dimezzate negli ultimi anni a causa dei cambiamenti climatici, passando da 260 a soli 140 millimetri l’anno e nel 2025, alcune stime indicano che le precipitazioni sono scese a 100 millimetri di pioggia. È questo il risultato della desertificazione e della crisi climatica.

Le dighe della città, che normalmente garantivano acqua al 70% della popolazione, sono ai minimi storici, e il costo per il trasporto idrico è salito fino a 4 euro al metro cubo, un prezzo insostenibile per la maggior parte dei cittadini. Le cause però non sono solo naturali. Dopo la rivoluzione del 1979, nel tentativo di raggiungere l’autosufficienza alimentare, il numero di pozzi è quasi raddoppiato, mentre impegnativi progetti idrici (dighe, tunnel, sistemi di trasferimento) hanno prosciugato fiumi e bacini senza considerare gli equilibri ecologici. A ciò si aggiunge un’agricoltura inefficiente che consuma fino al 90% dell’acqua disponibile, anche in aree dove le precipitazioni non basterebbero neppure a sostenere il grano, eppure vengono coltivati riso e erba medica, tra le piante più idrovore.

In questo contesto è nata quella che gli esperti definiscono la cosiddetta mafia dell’acqua: una rete di interessi che coinvolge funzionari ministeriali, consulenti e appaltatori legati al Corpo delle Guardie Rivoluzionarie. Un sistema che ha tratto profitto dal caos idrico, alimentando un circolo vizioso di sprechi, corruzione e degrado ambientale. Il Time ha denunciato come questi gruppi si arricchiscano proprio mentre intere comunità rurali vengono abbandonate, i pozzi si prosciugano e milioni di iraniani rimangono senz’acqua potabile.

Non è solo un disastro ambientale: è una crisi di sistema che intreccia politica, economia e sopravvivenza e la scelta di spostare la capitale non basterà a risolvere un problema così radicato della società iraniana.

L’Iran sposta la capitale: ecco quali saranno le conseguenze

Il trasferimento della capitale nella regione costiera di Makran, ad ogni modo, se non risolve totalmente il problema idrico, rappresenta comunque svolta storica per l’Iran, sotto altri punti di vista. La nuova area, situata sul Golfo Persico di fronte a Dubai, garantisce accesso diretto al mare e alla desalinizzazione, oltre a nuove opportunità commerciali e geopolitiche.

Il piano, tuttavia, apre una serie di incognite gigantesche: come si sposteranno le istituzioni, l’economia e i dieci milioni di abitanti di Teheran? Non tutti potranno o vorranno trasferirsi. Gran parte della popolazione dovrà reinventarsi, seguendo - o subendo - il flusso di investimenti e di lavoro verso sud. Il governo sostiene che il progetto creerà un nuovo polo economico capace di ridurre la pressione su Teheran, ormai invivibile per inquinamento, traffico e scarsità idrica.

Inoltre, lo spostamento della capitale potrebbe da un lato - secondo alcuni esperti - far uscire l’Iran dal proprio isolamento politico; dall’altro, invece, le relazioni con Iraq e Afghanistan, potrebbero deteriorarsi proprio per la contesa dei bacini fluviali condivisi.

A ogni modo gli esperti hanno avvisato il Paese: senza riforme serie nella gestione delle risorse con una riduzione degli sprechi urbani, modernizzazione dell’agricoltura e lotta alla corruzione, l’Iran si avvicina a un collasso ecologico. Non basta scappare dalla capitale per risolvere la crisi idrica, anzi.

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