Osteopati riconosciuti a metà: troppi costi per la PA

Vittorio Proietti

29 Maggio 2017 - 10:00

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Il riconoscimento dell’osteopatia nel SSN continua il suo corso, ma gli osteopati italiani non sono soddisfatti. Il ROI annuncia battaglia, ecco la novità sul ddl Lorenzin.

Osteopati riconosciuti a metà: troppi costi per la PA

Il riconoscimento degli osteopati si avvicina alla sua approvazione: il ddl Lorenzin fa progressi e l’introduzione dei nuovi professionisti nel SSN sembra sempre più una realtà. Eppure, il ROI sembra non sembra soddisfatto del disegno di legge, soprattutto di uno dei suoi emendamenti.

Il Ddl Lorenzin infatti prevede che il riconoscimento degli osteopati passi per un biennio di specializzazione post-laurea, quindi dopo essere diventati Fisioterapisti tramite il rinomato corso di Laurea in Fisioterapia presente in molti atenei italiani.

Il ROI, registro italiano osteopati, promette battaglia, in quanto la commistione dei due mestieri nega l’identità dei primi in favore dei professionisti della riabilitazione. La Commissione Affari Sociali sarà chiamata a decidere e votare gli emendamenti.

Chiariamo quale sia la posizione attuale degli osteopati nella normativa italiana e cosa provocherà l’approvazione del Ddl Lorenzin.

L’osteopatia come disciplina autonoma

L’osteopatia è una disciplina certamente autonoma rispetto alle professioni mediche e fisioterapiche impegnate nella riabilitazione. In particolare l’osteopata è un professionista di medicina non convenzionale riconosciuta dall’OMS come medicina di contatto primario e manuale.

Le competenze degli osteopati sono infatti relative alla diagnosi e al trattamento di alcune patologie curabili tramite manipolazione, senza l’uso di farmaci e strumenti medici o elettronici. Gli interventi infatti non sono riabilitativi, ma complementari alla riabilitazione fisioterapeutica.

La formazione degli osteopati passa per le scuole riconosciute dal ROI, impegnato nella battaglia del riconoscimento da anni. Il processo di riconoscimento, però, ha fatto un balzo in avanti proprio l’anno scorso, quando il ddl Lorenzin è stato approvato in Senato.

Il ddl Lorenzin ha infatti sancito il riconoscimento della professione all’Art. 4, generando così il blocco del suo iter parlamentare. Nel testo si fa riferimento ad un percorso accademico per l’entrata nel SSN dell’osteopatia e proprio qui sono nati gli scontri contro il ROI. Chiariamo perché.

Il ddl Lorenzin ed il riconoscimento degli osteopati

Il riconoscimento degli osteopati richiama una battaglia intrapresa dal ROI e da tutti i professionisti contro modifica dell’Art. 4 del Ddl 1324/2014, dove è sancito il riconoscimento della professione di osteopata per la Sanità italiana.

Tuttavia, è all’Emendamento 4.3 che si starebbe scatenando la battaglia visto che esso preclude la professione agli osteopati, istituendo una specializzazione post-laurea per laureati in medicina e fisioterapia, negando del tutto l’autonomia della disciplina.

Il fisioterapista ha competenze estese, ma non è un osteopata ed Il testo del ddl presentato alla Camera dal capogruppo PD Donata Lenzi nella Commissione Affari Sociali sembra dimenticarsene.

La rappresentanza degli osteopati italiani ricorda che con un tale procedimento la professione perderà la sua identità mescolandosi a quella dei fisioterapisti, gettando all’aria intere carriere.

Se il rischio da combattere nel SSN è l’abuso di professione, ad esempio combattere osteopati che millantano competenze fisioterapeutiche, con la modifica dell’Art. 4 così presentata si propone un abuso in senso opposto, con un automatismo pericoloso.

L’osteopatia deve poter assumere rilievo all’interno di percorsi universitari come percorso completo e non essere una mera specializzazione, altrimenti si corre il rischio di trasformare il contentino del riconoscimento in una trappola vera e propria.

Tuttavia istituire dei percorsi accademici costa e lo Stato gioca al ribasso. Il ROI non si arrende: la mortificazione cui è costretta l’osteopatia italiana cui da anni per il riconoscimento, da sempre osteggiato dalla PA, non può essere solo una questione di costi.

Non ci resta che attendere gli sviluppi della vicenda e sperare in una soluzione vantaggiosa per gli osteopati italiani.

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