Sam Altman punta all’Ipo nel 2026 e a una capitalizzazione record da 1.000 miliardi, ma gli investimenti colossali e la “bolla IA” sollevano dubbi sul futuro del colosso di ChatGPT.
OpenAI sta correndo veloce e amplificando i suoi affari per accelerare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale generativa e blindare partnership di sistema con il gotha dell’industria tecnologica statunitense. Il laboratorio-azienda di Sam Altman, già in via di transizione dallo status di non-profit a compagnia con profitti calmierati (capped) per gli azionisti, sogna ora il grande salto nel 2026: avviare il percorso verso l’Ipo borsistica e puntare a sbarcare a Wall Street con una capitalizzazione di 1.000 miliardi di dollari.
Una capitalizzazione che la posizionerebbe nei primi dieci posti delle aziende più quotate e mirerebbe a attrarre con lo sbarco in borsa risorse tali da oscurare altre Ipo di successo come quelle di Alibaba (2014) e Saudi Aramco (2019).
Tra il dire e il fare c’è però di mezzo un vasto mare di incertezze, che hanno a che vedere soprattutto con la struttura del business della compagnia “madre” di ChatGpt e con quella del mercato dell’intelligenza artificiale in America. [...]
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