Il Mediterraneo sempre più caldo sta aprendo la strada a specie aliene invasive: sono quasi un migliaio quelle censite.
Tra gli effetti più significativi del cambiamento climatico vi è senza dubbio l’aumento delle temperature. Le estati sono sempre più torride e afose e, anche in Europa, si registrano picchi paragonabili a quelli del deserto africano. Questi valori estremi non solo alimentano eventi atmosferici sempre più violenti, ma provocano anche un innalzamento delle temperature delle acque marine, con conseguenze potenzialmente disastrose per l’ecosistema.
Le analisi condotte negli ultimi anni indicano che il Mar Mediterraneo è tra i bacini più colpiti. Il recente rapporto «Mare Caldo» di Greenpeace evidenzia come, da Portofino alla Sicilia, le acque stiano cambiando, raggiungendo temperature fino a quasi 4 gradi sopra la norma.
Il report, basato su studi effettuati nel 2024 dall’Università di Genova e dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, ha rilevato un incremento costante della temperatura in 12 aree marine italiane, undici delle quali protette. Le anomalie vanno da +1,49 °C a Capo Carbonara fino al massimo di +3,65 °C alle Cinque Terre, con valori elevati anche a Portofino (+3,28 °C), Miramare (+3,25 °C) e Tremiti (oltre +3 °C). La gravità del fenomeno è evidente se si considera che, lo scorso anno, il Mediterraneo ha registrato la temperatura media annuale più alta di sempre: 21,16 °C.
Mediterraneo sempre più caldo e aumentano le specie aliene invasive
Questi valori anomali, riscontrabili anche a diversi metri di profondità, stanno alterando profondamente l’ecosistema marino. Una delle problematiche principali è la proliferazione di specie aliene, già oltre un migliaio, provenienti perlopiù da aree tropicali. Normalmente queste non potrebbero sopravvivere nel Mediterraneo, ma il riscaldamento delle acque ne favorisce l’insediamento. Spesso arrivano trasportate involontariamente dalle imbarcazioni o attraverso il Canale artificiale di Suez.
Un esempio è il pesce coniglio, una specie tropicale in forte espansione nel bacino. Si tratta di erbivori voraci che stanno causando una vera desertificazione dei fondali: a differenza delle specie autoctone, si nutrono sia di alghe mature sia di quelle giovani, impedendone la ricrescita. La scomparsa delle alghe comporta anche la perdita di tutte le specie che da esse dipendono. Uno studio condotto tra Grecia e Turchia mostra che, nelle aree ad alta densità di pesci coniglio, la copertura algale si riduce del 65% e la biodiversità cala del 40%.
Un altro ospite tropicale ormai stabile nel Mediterraneo è il pesce scorpione, presente in Turchia, Grecia, Cipro, Israele, Libano e anche in Italia. Predatore dotato di aculei velenosi pericolosi per l’uomo, si nutre di giovani pesci autoctoni e, privo di antagonisti naturali, può moltiplicarsi senza controllo.
Parallelamente, molte specie tipicamente mediterranee sono in difficoltà. Quelle già adattate a temperature prossime al loro limite fisiologico devono ora affrontare aumenti di 1-3 gradi, con esiti drammatici: alcune popolazioni stanno collassando, altre sono scomparse da intere aree. Particolarmente colpite risultano le specie ittiche legate a climi temperati o freddi, come il merluzzo e la salpa.
È fondamentale porre particolare attenzione al cambiamento proteggendo la biodiversità. Bisogna creare barriere che impediscano l’arrivo di specie tropicali aggressive e porre rimedio all’aumento delle temperature.
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