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Numeri record del fast fashion. Il segreto di H&M, Inditex (Zara), OVS, Mango e Shein
venerdì 26 settembre 2025, di
Numeri record per le aziende del fast fashion. Un settore che divide, tra record di utili e critiche ambientali sempre più pressanti, ma che non conosce crisi.
Nel 2025 i giganti del settore, H&M, Inditex (Zara), Mango, OVS e persino il colosso digitale Shein, hanno registrato utili record, sorprendendo analisti e mercati.
Come può un comparto che vive di volumi e margini sottilissimi continuare a macinare risultati positivi in un contesto globale segnato da consumi in calo e da geopolitica instabile?
La risposta non sta soltanto nella capacità di vendere magliette a basso prezzo. La chiave è un modello di business spietato caratterizzato da efficienza operativa, gestione chirurgica delle scorte in magazzino, espansione in nuovi mercati e un uso sempre più sofisticato della tecnologia, AI compresa.
Analizziamo nel dettaglio i conti di queste aziende.
1) H&M
H&M ha appena archiviato un terzo trimestre record. Tra giugno e agosto il gruppo svedese ha registrato un utile netto di 3,21 miliardi di corone svedesi, circa 292 milioni di euro, in crescita del 40% rispetto all’anno precedente. L’utile operativo ha raggiunto 4,91 miliardi di corone (444 milioni di euro), anch’esso in aumento del 40%. Numeri che soprendono, in un contesto di ricavi scesi del 4% a 57 miliardi di corone (5,1 miliardi di euro), zavorrati da un effetto cambi negativo vicino al 5%.
A cambi costanti le vendite hanno comunque mostrato un incremento del 2%, segnale che la domanda di fondo resta solida. Per H&M la spinta è arrivata soprattutto dal miglioramento del margine lordo, che ha toccato il 52,9% del fatturato. Se si guarda ai primi nove mesi dell’esercizio, da dicembre 2024 ad agosto 2025, i ricavi sono stati pari a 169 miliardi di corone, leggermente sotto i 172 miliardi registrati nello stesso periodo del 2024. L’utile operativo si è fermato a 12 miliardi, con un margine del 7,1%, mentre l’utile netto ha raggiunto 7,75 miliardi di corone, in calo rispetto agli 8,6 miliardi dello scorso anno. La lieve flessione dei volumi è stata dunque ampiamente compensata da una maggiore efficienza e capacità di generare valore anche in un contesto meno favorevole.
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2) Inditex (Zara)
Anche i risultati di Inditex, la casa madre di Zara, sono impressionanti, anche se i ritmi di crescita non sono più quelli di qualche anno fa. Nel primo semestre 2025 l’utile netto si è attestato a 2,7 miliardi di euro, sostanzialmente stabile rispetto ai 2,68 miliardi dell’anno precedente (+0,8%). Le vendite hanno raggiunto 18,4 miliardi di euro, con un incremento dell’1,6%, che sarebbe salito al 5,1% senza l’effetto dei cambi. A confermare la solidità del gruppo c’è il margine lordo, che con 10,7 miliardi di euro si è mantenuto al 58,3% del fatturato, livello tra i più alti del comparto.
I conti più recenti indicano che la domanda resta vivace: tra l’1 agosto e il 7 settembre le vendite sono cresciute del 9% a cambi costanti, segnale che le nuove collezioni autunno-inverno hanno avuto una partenza forte. La solidità operativa è evidente anche nella gestione delle spese, aumentate solo del 2,2% su base annua, a fronte di una rete che conta oltre 5.600 negozi nel mondo e una crescente quota di ricavi online.
La chiave resta la capacità di investire: per il 2025 Inditex ha confermato un piano da 1,8 miliardi di euro, metà dei quali dedicati a logistica e infrastrutture tecnologiche, compresa l’intelligenza artificiale. Un impegno che mostra come il gruppo non si limiti a difendere la leadership, ma punti a rafforzarla, lavorando su digitalizzazione ed efficienza per restare competitivo anche in un contesto di consumi incerti.
3) Mango
Nel primo semestre 2025 Mango ha messo a segno ricavi per 1,73 miliardi di euro, in aumento del 12% rispetto all’anno precedente e del 14% a cambi costanti. A trainare la crescita è stato soprattutto l’e-commerce, che vale ormai il 31% del giro d’affari, insieme all’espansione internazionale: il 78% delle vendite arriva da fuori della Spagna, con risultati particolarmente solidi in Francia, Germania, Turchia e Stati Uniti.
Il gruppo ha investito 110 milioni di euro nei primi sei mesi, di cui oltre due terzi destinati a nuove aperture e ristrutturazioni di negozi, mentre il resto è andato a progetti tecnologici e logistici. A fine giugno la rete contava 2.925 punti vendita in più di 120 Paesi, con 78 nuove aperture e 30 ristrutturazioni completate in soli sei mesi. Numeri che confermano la traiettoria di crescita costante di Mango, che pur non essendo quotata in Borsa continua a comportarsi come un player globale di primo piano.
4) OVS
Per OVS il primo semestre 2025/26 è stato il migliore di sempre. Le vendite nette hanno raggiunto 792,9 milioni di euro, +4,1% rispetto ai 761,7 milioni del 2024. La redditività è migliorata in modo significativo, con un ebitda rettificato di 101,7 milioni e un margine che è salito al 12,8% dall’11,7% dell’anno scorso. L’utile netto rettificato è cresciuto del 32% a 46 milioni di euro, grazie anche al contributo di Goldenpoint.
L’indebitamento netto rettificato si attesta a 293,6 milioni, con un rapporto debito/Ebitda pari a 1,26x, considerato solido e sostenibile. Sul fronte distributivo, i negozi diretti hanno segnato ricavi per 645,6 milioni di euro (+5,4%), mentre il franchising ha registrato una leggera flessione per effetto del rinvio delle campagne promozionali.
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5) Shein
Shein resta un caso a parte nel panorama del fast fashion. Non essendo quotata, il colosso cinese pubblica solo in parte i propri conti. Nel primo trimestre 2025 i ricavi avrebbero sfiorato i 10 miliardi di dollari, con un utile netto superiore ai 400 milioni e un margine vicino al 5%. Nel 2024 la piattaforma aveva già registrato vendite per circa 38 miliardi di dollari, in aumento del 19% sull’anno precedente, pur con un utile in calo di oltre un terzo.
Il modello iper-digitale di Shein, basato su collezioni lanciate in tempo reale e prezzi ultra competitivi, continua a macinare volumi impressionanti. Se un domani dovesse approdare sulla Borsa di Londra, potrebbe catalizzare enormi capitali, ma già oggi rappresenta una minaccia concreta per i competitor tradizionali, costretti a rincorrere sul terreno della velocità e della tecnologia.
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