Il regime militare che guida il Paese ha deciso di mettere in vendita l’uranio prodotto staccandosi dal controllo francese.
L’uranio è un metallo pesante, radioattivo e tossico presente in natura e utilizzato soprattutto come combustibile per le centrali nucleari e nella fabbricazione di armi atomiche. Il principale produttore mondiale è il Kazakistan, che detiene una quota pari al 43% della produzione globale. Seguono Canada e Namibia. Tra i Paesi africani che ne producono di più figura anche il Niger, che occupa il settimo posto nella classifica mondiale. La nazione sta vivendo una situazione non semplice sotto il profilo della stabilità politica dopo che, nel 2023, con un colpo di Stato, il nuovo presidente è diventato il generale Abdouramamane Tiani. Da allora sono iniziate anche tensioni con chi sfrutta l’uranio estratto nel Paese, in particolare la società Orano, il cui capitale è detenuto per oltre il 90% dallo Stato francese.
Con un annuncio datato 30 novembre, il regime militare del Niger ha comunicato che provvederà a vendere sul mercato internazionale l’uranio prodotto da Somair, una filiale del gruppo minerario francese Orano detenuta al 63,4% da Orano e al 36,6% dallo Stato nigerino.
Il Niger si rende autonomo nel mercato dell’uranio
Un giornalista di Télé Sahel, la televisione pubblica, ha riferito che il Niger «sta portando sul mercato internazionale la propria produzione con piena dignità», citando le ultime dichiarazioni del capo della giunta, il generale Abdourahamane Tiani. Secondo l’emittente, il leader militare ha rivendicato «il diritto sovrano del Paese di gestire le proprie risorse e di venderle a chiunque sia disposto ad acquistarle, nel rispetto delle regole di mercato e in totale autonomia».
È trascorso un anno da quando Orano ha comunicato di aver perso il controllo operativo delle sue tre filiali in Niger: la miniera di Somair, la miniera di Cominak, inattiva dal 2021, e soprattutto il gigantesco giacimento di Imouraren, considerato uno dei più vasti al mondo, con riserve stimate in 200.000 tonnellate di uranio. Negli ultimi mesi il regime ha accelerato la revisione del settore: prima ha revocato a Orano la licenza per lo sfruttamento di Imouraren, poi, a giugno, ha annunciato la nazionalizzazione di Somaïr, segnando un cambio di rotta nella gestione delle risorse strategiche.
Cosa succede adesso
Orano, controllata per il 90% dallo Stato francese, ha ovviamente avviato diversi arbitrati internazionali contro il Niger. A fine settembre ha comunicato di aver ottenuto una decisione giudiziaria favorevole relativa alla miniera di Somaïr. Secondo l’azienda, il tribunale ha stabilito che il Niger non potrà vendere l’uranio estratto dal sito, dove sono presenti circa 1.300 tonnellate di concentrato per un valore stimato di 250 milioni di euro. Una pronuncia che congela di fatto una parte significativa della produzione e aggiunge un nuovo capitolo alla disputa.
Il governo, però, non sembra intenzionato a rivedere la propria posizione. Diversi giornalisti esperti del settore hanno confermato che un convoglio contenente 1.000 tonnellate di uranio ha lasciato di recente Arlit, città del Nord dove si trova Somair, diretto verso il porto di Lomé, capitale del Togo, attraversando il Burkina Faso. La destinazione finale è sconosciuta.
Il Niger non ha mai nascosto l’intenzione di rivolgersi a nuovi partner per la fornitura del proprio uranio; in particolare, Russia e Iran avrebbero manifestato interesse per il metallo nigerino.
La decisione del Niger potrebbe avere conseguenze sul mercato internazionale dell’uranio. La maggior parte di quanto estratto nel Paese era gestita da società a maggioranza francese; ora il Niger vuole rendersi autonomo. Potrebbe adottare strategie di prezzo più vantaggiose, chiudere accordi con nuovi partner commerciali e generare un impatto rilevante sul mercato.
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