Due anni al calciatore campione del mondo Vincenzo Iaquinta e 19 anni al padre al termine del processo ’Ndrangheta Aemilia
Condanna a 2 anni di reclusione per Vincenzo Iaquinta.
Il giocatore, ritiratosi nel 2013 dopo una carriera passata tra Udinese, Juventus e i fasti della nazionale azzurra, con cui ha vinto il titolo di campione del mondo nel 2006, ha assistito oggi al verdetto del processo ’Ndrangheta Aemilia.
Oltre a lui, il padre dell’ex Juve è stato condannato a scontare 19 anni di reclusione. Entrambi hanno espresso tutto il loro disappunto e tutta la loro amarezza alla conclusione dell’udienza, insistendo sulla loro totale estraneità ai fatti e sottolineando di essere stati accostati alle vicende solo per via della loro provenienza geografica.
I due, nati in Calabria, nel 2012 erano finiti nel novero degli imputati in quello che è stato etichettato come un processo cruciale per rivelare la presenza della ’ndrangheta nel Nord Italia.
Vincenzo Iaquinta è stato condannato per reati relativi al possesso di armi da fuoco, ma per lui le accuse di associazione mafiosa sono cadute durante il processo di primo grado.
Diversa la situazione del padre, Giuseppe Iaquinta, accusato e processato proprio per associazione mafiosa.
Vincenzo Iaquinta condannato a 2 anni di reclusione
Il processo ’Ndrangheta Aemilia, partito il 28 gennaio 2015, ha portato a diversi capi d’imputazione nei confronti di 160 persone sparse prevalentemente tra diverse zone del Nord Italia.
Vincenzo e Giuseppe Iaquinta sono finiti nel registro degli indagati per via del possesso - regolarmente registrato - di diverse armi da fuoco da parte di Vincenzo, armi poi passate al padre e in grado di allertare gli inquirenti per via di diverse conoscenze riconducibili all’ambiente mafioso di quest’ultimo.
Da lì in poi ha avuto inizio un periodo difficile per i due, che hanno accolto la sentenza di oggi mostrando indignazione e incredulità. Vincenzo in particolare ha parlato di “vita rovinata”, evidenziando l’obbligo di andare avanti nell’iter giudiziario:
“Il nome ’ndrangheta non sappiamo neanche cosa sia nella nostra famiglia, non è possibile. Ma andremo avanti. Mi hanno rovinato la vita basandosi sul niente, solo sul fatto che sono calabrese, che sono di Cutro. Io ho vinto un Mondiale e sono orgoglioso di essere calabrese. Noi non abbiamo fatto nulla perché con la ’ndrangheta non abbiamo mai avuto nulla a che fare. Sto soffrendo come un cane per la mia famiglia e i miei bambini senza aver fatto niente”.
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