La NASA conferma: negli oceani sono presenti oltre 20 milioni di tonnellate d’oro. Una scoperta straordinaria, ma l’estrazione è ancora un sogno lontano.
Lo avreste mai detto che la più grande riserva d’oro, ben 20 milioni di tonnellate, si trova in mare? A confermarlo è uno studio condotto dalla NASA.
Non si tratta di un giacimento sotterraneo né di una miniera nel cuore di una catena montuosa, ma di una ricchezza nascosta nelle profondità degli oceani del pianeta. Una scoperta che ha attirato l’attenzione di scienziati, economisti e ambientalisti di tutto il mondo.
L’oro, metallo prezioso da millenni simbolo di potere, ricchezza e stabilità, è oggi utilizzato non solo per gioielli e investimenti, ma anche in settori tecnologici strategici come l’elettronica e per il settore aerospaziale. La prospettiva di avere a disposizione una quantità tanto immensa suscita entusiasmo, ma anche molti interrogativi.
La sfida, infatti, non è tanto sapere che questa riserva esiste, ma capire se e come sarà mai possibile sfruttarla in maniera sostenibile ed economicamente conveniente. Ecco tutto quello che sappiamo finora sulla riserva e le sfide che la sua estrazione potrebbe comportare: di seguito tutto quello che serve sapere a riguardo.
20 milioni di tonnellate d’oro in mare: la scoperta della NASA
La NASA, attraverso analisi oceanografiche e strumenti avanzati di rilevamento, ha confermato che negli oceani di tutto il mondo si celano circa 20 milioni di tonnellate di oro. Non si tratta di pepite o vene concentrate, come quelle rinvenute nelle miniere terrestri, bensì di particelle microscopiche disciolte nell’acqua marina. La scoperta ha destato clamore non solo per la quantità, ma per il fatto che le riserve sottomarine superano di gran lunga le stime dei giacimenti terrestri ancora disponibili.
Gli oceani, che coprono oltre il 70% della superficie terrestre, custodiscono da sempre misteri e risorse inimmaginabili. L’oro presente in essi si è accumulato attraverso processi geologici e chimici millenari: eruzioni vulcaniche sottomarine, erosione delle rocce e trasporto fluviale hanno contribuito a disperderlo nelle acque.
Le zone più ricche, secondo le stime attuali, sarebbero l’Oceano Atlantico, il Pacifico settentrionale e, in modo particolare, il Mar Mediterraneo. Tuttavia, queste concentrazioni sono puramente teoriche, dato che non esistono ancora progetti sperimentali o industriali capaci di confermarle direttamente tramite estrazione. Dal punto di vista scientifico, però, la scoperta è eccezionale. Indica non solo la diffusione di elementi preziosi in ambienti naturali, ma apre la strada a nuove ipotesi sulla composizione chimica dei mari e sulla possibilità futura di sfruttare risorse non convenzionali.
Dal punto di vista scientifico, questa scoperta è un passo importante per la conoscenza delle dinamiche geochimiche marine e delle risorse naturali della Terra. Tuttavia, non basta sapere che l’oro è lì: la vera sfida sarà tradurre questa ricchezza “virtuale” in un potenziale economico reale, senza dimenticare gli impatti ambientali.
20 milioni di tonnellate d’oro in mare: perché non si possono estrarre e sfide future
Se la scoperta accende i riflettori sul valore inestimabile degli oceani, allo stesso tempo mette in luce un grande limite: estrarre queste riserve è, almeno per ora, impossibile. Ogni litro d’acqua marina contiene in media 0,00000005 grammi d’oro, una quantità così minima che nessuna tecnologia attuale può recuperarla in modo efficiente. I tradizionali metodi minerari, efficaci sulla terraferma, non si possono applicare al mare, dove il metallo non è concentrato in depositi solidi ma disperso in soluzioni.
Gli scienziati stanno studiando soluzioni innovative, come l’uso di nanofiltri in grado di trattenere le particelle aurifere o processi chimici selettivi che potrebbero “catturare” il metallo senza distruggere l’ecosistema marino. Tuttavia, oltre alle difficoltà tecniche, rimane aperto il tema dei costi: l’energia e le risorse necessarie per sviluppare un sistema del genere supererebbero di gran lunga il valore dell’oro che si riuscirebbe a estrarre.
Infine, c’è il problema ambientale. Gli oceani sono già sotto pressione per inquinamento, pesca e cambiamenti climatici: avviare un’attività estrattiva massiccia rischierebbe di aggravare una situazione fragile. Per questo, al momento, gli esperti concordano sul fatto che la scoperta debba essere interpretata più come una curiosità scientifica e uno stimolo per l’innovazione, piuttosto che come una prospettiva economica immediata. Il futuro dirà se l’oro degli oceani resterà un tesoro irraggiungibile o se un giorno l’ingegno umano troverà un modo per renderlo accessibile.
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