Nel 2024 le aziende italiane hanno sostenuto il prezzo dell’energia più alto tra i grandi Paesi UE, pagando fino al 47% in più.
Nel 2024 il prezzo medio dell’energia elettrica per le aziende italiane ha raggiunto i 109 euro per megawattora, il livello più alto tra i principali Paesi europei.
In Germania il prezzo si è fermato a 78 euro, in Spagna a 63 euro e in Francia addirittura a 58 euro per megawattora. Il gap sfiora così il +47% rispetto a Parigi, mentre rispetto a Madrid e Berlino si attesta riepsttivamente al +42% e al +28%.
A rivelarlo è una recente analisi condotta dal Centro studi di Unimpresa, secondo cui questo divario, che rispetto al 2023 si è ulteriormente ampliato con un incremento dei costi del +24%, rappresenta un vero e proprio “macigno” sulla competitività delle aziende italiane.
In particolare, a essere colpiti sono i settori ad alta intensità energetica come la grande distribuzione, la ristorazione e il turismo, dove le bollette mensili possono superare i 10.000 euro.
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Le cause del divario: dipendenza dal gas e ritardi nella transizione
Alla base di questa situazione c’è una struttura del sistema energetico italiano ancora troppo dipendente dal gas naturale, che rappresenta il 45% del mix di generazione elettrica nazionale. Questo rende l’Italia particolarmente vulnerabile alla volatilità dei mercati internazionali e fa sì che il prezzo dell’energia sia strettamente legato al costo del gas, anche quando la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili è in crescita.
Al contrario, Paesi come Francia e Spagna possono contare su un mix più diversificato e meno costoso: la Francia beneficia del nucleare, che garantisce prezzi stabili e bassi, mentre la Spagna ha investito massicciamente nell’eolico e nelle rinnovabili.
Il risultato è che le imprese italiane, soprattutto le piccole e medie imprese che costituiscono il cuore del tessuto produttivo nazionale, partono ogni giorno con un handicap competitivo rispetto ai colleghi europei, vedendo erodere i propri margini e la propria capacità di investimento.
Il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora, ha sottolineato come questa situazione rappresenti una vera e propria emergenza per la competitività del sistema produttivo italiano:
Non è accettabile che le aziende italiane paghino l’elettricità fino al 47% in più rispetto alle concorrenti europee. È il momento delle scelte coraggiose: serve una riforma strutturale del mercato elettrico, che sganci finalmente il prezzo dell’energia dal costo del gas e premi gli investimenti nelle rinnovabili.
Come ridurre il gap? Le proposte per aumentare la competitività delle imprese italiane
Per ridurre questo gap, il Centro studi di Unimpresa e diverse associazioni di categoria propongono una serie di interventi strutturali.
In primo luogo, si chiede una riforma del mercato elettrico che consenta di scollegare il prezzo dell’energia dal valore del gas, favorendo la formazione di prezzi più stabili e competitivi. In secondo luogo, è fondamentale accelerare gli investimenti nelle fonti rinnovabili e nell’efficienza energetica, così da ridurre la dipendenza dalle fonti fossili e abbattere i costi per le imprese.
Tra le misure più urgenti, Unimpresa indica la necessità di introdurre crediti d’imposta, tagli agli oneri in bolletta e un piano nazionale per l’efficienza energetica.
Secondo le stime, una combinazione di queste misure potrebbe portare a una riduzione dei costi fino al 20%, restituendo ossigeno alle aziende e migliorando la competitività della manifattura italiana sui mercati internazionali.
Il rischio, in assenza di interventi rapidi e incisivi, è che il differenziale di costo continui a penalizzare la manifattura nazionale e il tessuto produttivo delle PMI, con effetti negativi su occupazione, investimenti e crescita.
Come sottolinea Spadafora, “pagare l’energia più di tutti gli altri Paesi significa partire ogni giorno con un handicap, significa condannare interi settori alla marginalità, significa regalare fette di mercato ai nostri competitor europei”.
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