Le aziende cinesi non potranno più comprare chip NVIDIA. Lo dice il governo

Giorgia Paccione

17 Settembre 2025 - 16:37

Pechino ordina a big tech come ByteDance e Alibaba di sospendere ordini e test sui chip Nvidia. Intanto partono indagini antitrust contro il colosso Usa.

Le aziende cinesi non potranno più comprare chip NVIDIA. Lo dice il governo

La Cina alza il livello dello scontro nella cosiddetta “guerra dei chip”. Secondo quanto riportato dalla stampa internazionale, la Cyberspace Administration of China (CAC) ha ordinato ad alcune delle principali aziende tecnologiche del Paese (tra cui colossi come ByteDance e Alibaba) di non acquistare più chip Nvidia e di interrompere i test in corso su componenti già consegnati.

Il provvedimento riguarda in particolare l’RTX Pro 6000D, un processore grafico progettato da Nvidia proprio per rispettare le restrizioni americane sull’export e venduto esclusivamente sul mercato cinese. In teoria, quel modello avrebbe dovuto rappresentare un compromesso, ossia garantire alle aziende cinesi accesso a una tecnologia di alto livello, pur senza superare le soglie di performance vietate dagli Stati Uniti. Ma Pechino ha deciso di fare un passo in più, vietando l’acquisto e l’utilizzo di quei chip.

Alla base della decisione c’è la volontà di accelerare sull’autosufficienza tecnologica, riducendo al minimo la dipendenza dai fornitori stranieri. Un funzionario cinese, citato da fonti vicine al dossier, ha spiegato che l’obiettivo è “creare un’offerta nazionale sufficiente a soddisfare la domanda interna senza dover acquistare chip Nvidia”. In altre parole, la Cina vuole costruirsi una filiera completa dei semiconduttori, dalle fonderie alla progettazione delle GPU per l’intelligenza artificiale.

Stop all’uso di chip NVIDIA e nuove indagini antitrust

La stretta di Pechino non si limita allo stop agli acquisti. Negli stessi giorni, infatti, le autorità cinesi hanno avviato una nuova indagine antitrust nei confronti di Nvidia. Al centro dell’inchiesta c’è l’acquisizione di Mellanox Technologies, società americana specializzata nelle infrastrutture di rete, comprata da Nvidia nel 2020 per 6,9 miliardi di dollari.

Quando l’operazione venne approvata, anche dalla Cina, erano state imposte precise condizioni per evitare squilibri concorrenziali. Ora Pechino sospetta che il colosso californiano non abbia rispettato pienamente quegli impegni. “Stiamo verificando il rispetto degli obblighi assunti”, hanno dichiarato fonti dell’autorità garante, sottolineando che non sono ancora state prese decisioni definitive su eventuali sanzioni.

Per Nvidia, quindi, si tratta da un lato del rischio di perdere una quota importante del mercato cinese, dall’altro l’ombra di possibili multe o nuove restrizioni. Il tutto in un momento in cui l’azienda è già al centro delle tensioni geopolitiche tra Washington e Pechino, con gli Stati Uniti che da mesi limitano l’export dei chip più avanzati verso la Cina per motivi di sicurezza nazionale.

Cosa aspettarsi ora dalla “guerra dei chip”?

La mossa di Pechino segna un passaggio cruciale nella lunga guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina. La leadership cinese vuole affrancarsi dai colossi americani e investire massicciamente in soluzioni domestiche.

Per le big tech cinesi come ByteDance, Alibaba o Baidu, però, lo stop all’utilizzo di chip Nvidia rappresenta una sfida immediata. Molti dei loro progetti di intelligenza artificiale si basano proprio sulle GPU del gruppo americano, considerate uno standard di fatto a livello mondiale. Dovranno quindi cercare alternative tra i produttori nazionali o affrontare ritardi nello sviluppo dei loro sistemi di AI generativa e cloud computing.

Sul fronte opposto, Nvidia rischia di perdere una delle sue aree di crescita più promettenti. La Cina rappresentava già prima delle restrizioni una quota significativa della domanda globale di GPU avanzate. Le nuove disposizioni, unite all’indagine antitrust, mettono a rischio miliardi di dollari di potenziali ricavi.

Ma il nodo è soprattutto politico. Mentre gli Stati Uniti cercano di contenere l’ascesa tecnologica cinese limitando l’export, Pechino risponde con contromisure mirate. Da qui in avanti, ogni passo nella corsa ai semiconduttori diventa parte di un gioco più ampio, in cui l’innovazione tecnologica si intreccia con la geopolitica e con la sicurezza nazionale.

Per gli osservatori, la vera incognita è se e quanto rapidamente la Cina sarà in grado di colmare il divario con Nvidia e con altri leader globali del settore. Alcuni analisti ritengono che Pechino possa raggiungere una produzione domestica competitiva entro pochi anni, grazie agli investimenti miliardari già stanziati e al sostegno politico. Altri, invece, sottolineano come il gap tecnologico in termini di architetture, software e know-how resti ancora molto ampio.

Quello che appare certo è che la “guerra dei chip” entra in una nuova fase in cui le decisioni di Pechino colpiscono direttamente i colossi americani. E in questo braccio di ferro, il rischio è che a pagare il prezzo più alto siano proprio le aziende che, da entrambe le parti, hanno bisogno di tecnologia per continuare a crescere.

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