Israele-Hamas e il ruolo dei Paesi arabi: «doppiogiochisti» o abili mediatori?

Roberto Vivaldelli

30 Ottobre 2023 - 15:04

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«Non è da escludere che un Paese come il Qatar abbia interesse a tagliare i ponti con il passato dopo la guerra tra Israele e Hamas». Intervista a Lorenzo Vita, giornalista e analista geopolitico.

Israele-Hamas e il ruolo dei Paesi arabi: «doppiogiochisti» o abili mediatori?

Mentre procedono le operazioni delle forze di difesa (Idf) di Tel Aviv all’interno della Striscia di Gaza, il mondo s’interroga sulle ripercussioni geopolitiche del conflitto tra Hamas e Israele. Che rischia di deflagrare in una guerra - mondiale - più ampia, che nessuno sulla carta vuole. Da decifrare, in questo mosaico complesso, il ruolo dei Paesi arabi, dal Qatar - maggiore sponsor di Hamas - a quello dell’Arabia Saudita, più importante alleato regionale degli Stati Uniti. Ne abbiamo parlato con il giornalista e analista geopolitico, Lorenzo Vita.

Caro Lorenzo, Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, pronuncerà un attesissimo discorso venerdì. Il paventato rischio di allargamento del conflitto è concreto, a tuo parere?

Il rischio c’è, indubbiamente, anche se Hezbollah non ha al momento un interesse reale a un conflitto diretto con Israele. In primis perché coinvolgerebbe l’intero Libano, il cui sistema politico e le forze armate non vogliono né possono permettersi una guerra con lo Stato ebraico. Il Paese vive una crisi economica e sociale senza via d’uscita e gli alleati internazionali hanno già palesato gli enormi rischi in caso di ingresso in guerra. In secondo luogo, perché anche Hezbollah deve rendere conto alla popolazione di riferimento, gli sciiti in particolare del sud del Libano, che sanno bene come dalla guerra del 2006 il Paese non si sia di fatto più ripreso, tanto più quell’area dove ora ci sono i militari di Unifil. Certo, questo non significa che non possa esserci una guerra. Esistono incidenti, schegge impazzite, inoltre Nasrallah e l’Iran potrebbero avere voglia di mostrarsi potenti e decisivi nella regione, alzando il tiro per evitare di essere considerati poco credibili agli occhi del mondo mediorientale. Ma penso che il cosiddetto “asse della resistenza” abbia ben chiaro che un conto è esser identificato come difensore in caso di attacco, un conto è attaccare per primo e far sprofondare le cose con la Marina degli Stati Uniti davanti al Libano. [...]

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