L’influenza aviaria può diventare pandemia, ecco quando

Giorgia Bonamoneta

3 Aprile 2024 - 21:32

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L’influenza aviaria potrebbe arrivare all’uomo? Cosa hanno detto l’Ecdc e l’Efsa sul rischio di diffusione.

L’influenza aviaria può diventare pandemia, ecco quando

Rischiamo una nuova pandemia. Dopo il virus Dengue, l’allerta da parte del sistema sanitario è scattato per il virus dell’influenza aviaria. A fare la differenza tra l’assenza di rischio e l’ipotesi di una nuova pandemia è la capacità di diffusione.

Se i virus dell’influenza aviaria A/H5N1 acquisissero la capacità di diffondersi tra gli esseri umani, potrebbe verificarsi una trasmissione su larga scala. A dirlo è un rapporto congiunto dell’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) e della European Food Safety Authority (Efsa). In questo si legge che, a causa dell’intensa diffusione del virus e della sua continua evoluzione, potrebbero essere selezionati nuovi ceppi portatori di potenziali mutazioni per l’adattamento nei mammiferi.

Quando potrebbe verificarsi il salto?

Influenza aviaria: i primi casi di infezione

Ecdc ed Efsa hanno spiegato che a oggi il virus A/H5N1 del clade 2.3.4.4b attualmente circolante ha causato solo pochi casi di infezione umana; tuttavia l’elevato numero di infezioni ed eventi di trasmissione tra diverse specie animali aumenta la probabilità del riassortimento virale e/o dell’acquisizione di mutazioni che potrebbero migliorare la capacità dei nuovi virus influenzali emergenti di infettare, replicarsi e trasmettersi in modo efficiente a e tra i mammiferi.

Il virus, come spiegano le agenzie, ha già dimostrato la capacità di compiere alcuni passi evolutivi verso l’adattamento ai mammiferi. In altre parole ha imparato a moltiplicarsi in maniera più efficace nelle cellule di mammifero e a sviare alcune componenti della risposta immunitaria. Ma soprattutto il virus sembra particolarmente in grado di combinarsi con altri virus circolanti per infettare i mammiferi.

Rischio diffusione: non si può escludere la trasmissione all’uomo

Non ci sono indicatori che facciano sospettare che il virus abbia acquisito una maggiore capacità di infettare l’uomo. Come si legge dalla nota delle agenzie, se questa trasformazione avvenisse, l’uomo sarebbe particolarmente vulnerabile a infezioni da virus dell’influenza aviaria A/H5N1.

La spiegazione è semplice:

Gli anticorpi neutralizzanti contro i virus l’A/H5 sono rari nella popolazione umana, poiché l’H5 non è mai circolato negli esseri umani. Ciò significa che qualsiasi virus A/H5 trasmissibile, con un numero di riproduzione di base (R0) superiore a 1, si diffonderà.

Il rischio di infezione all’uomo è “basso”, ma passa da basso a “moderato” per coloro che sono esposti professionalmente o in altro modo ad animali infetti da influenza aviaria. Il rischio di future trasmissioni però non si può escludere. Per quanto resti una trasmissione rara quella da uccelli infetti all’uomo, la possibilità aumenta nel caso di mammiferi infetti.

Angeliki Melidou, principale esperto Ecdc di virus respiratori, ha quindi parlato di necessità di mettere in campo “vigilanza continua”, oltre che sforzi finalizzati alla preparazione e una maggiore comprensione dei fattori sottostanti. Il report infatti chiede una sorveglianza sugli animali e sull’uomo rafforzata: “Negli allevamenti, la biosicurezza dovrebbe essere rafforzata per evitare che gli animali entrino in contatto con l’infezione e la diffondano”, si legge.

Si attende un parere scientifico, ma è certo che, continuando a evolversi a livello globale e con la migrazione degli uccelli selvatici, potrebbero essere selezionati nuovi ceppi portatori di potenziali mutazioni utili per l’adattamento ai mammiferi.

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