Il governo Meloni ha trovato chi finanzierà la legge di Bilancio da €18 miliardi

Donato De Angelis

15 Ottobre 2025 - 10:08

Da dove arrivano i soldi necessari a finanziare la Manovra 2026 del governo Meloni?

Il governo Meloni ha trovato chi finanzierà la legge di Bilancio da €18 miliardi

Dopo settimane di indiscrezioni, vertici, fibrillazioni e trattative ad alta tensione, è emersa con chiarezza l’architettura di base con cui il governo Meloni intende finanziare la manovra 2026: circa 18 miliardi di euro medi annui, con un “assioma” ormai definito - una parte delle coperture verrà da un contributo straordinario richiesto al settore bancario e assicurativo, come già chiarito nel comunicato stampa della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 145 del 14 ottobre 2025.

Non si tratta di un sacrificio simbolico: l’orizzonte che emerge dalle dichiarazioni e dalle voci di stampa indica che lo Stato punterà a raccogliere tra i 4 e i 5 miliardi da banche e assicurazioni (in modalità concertata) nel corso del triennio 2026-2028.

Questo importo sembra sempre di più rappresentare il vero motore che rende credibile la macchina da 18 miliardi su cui insiste Palazzo Chigi, mentre altre fonti aggiuntive alle risorse necessarie arriveranno da tagli di spesa, rimodulazioni e maggiori entrate ordinarie.

Il quadro di insieme della Manovra 2026: 18 miliardi ogni anno

Come anticipato, nel comunicato ufficiale diffuso al termine del Consiglio dei ministri, il governo ha indicato che la Manovra 2026 opererà su interventi “per circa 18 miliardi medi annui”.

Di fatto, è un incremento rispetto alle stime iniziali (che parlavano di 16 miliardi).

Il governo viaggia su un doppio binario: da un lato, preservare spazi di stimolo al potere d’acquisto e investimenti pubblici, dall’altro, garantire una “tenuta” della finanza pubblica all’interno dei vincoli europei fronte debito.

Ricordiamo che le misure centrali al momento trapelate e potenzialmente inserite nella Legge di Bilancio 2026 - il cui testo sarà divulgato venerdì 17, la cui approvazione non arriverà prima della fine dell’anno dopo diversi emendamenti - includono:

  • il taglio della seconda aliquota Irpef dal 35% al 33% per i redditi intermedi (tra 28mila e 50mila euro), con un costo stimato nel triennio di circa 9 miliardi;
  • un “pacchetto salario” da 2 miliardi per adeguare i redditi al costo della vita;
  • proroghe di bonus edilizi e incentivi agli investimenti (superammortamento, credito d’imposta per ZES) per sostenere il comparto delle imprese;
  • maggiori risorse per sanità (2,4 miliardi aggiuntivi nel solo 2026) e interventi per famiglie e contrasto alla povertà (3,5 miliardi nel triennio);
  • una riforma dell’Isee per escludere la prima casa dal calcolo dell’indicatore, agevolando l’accesso alle prestazioni agevolate.

Queste misure, però, non sarebbero credibili senza un robusto “contributo” aggiuntivo da fonti esterne. E da qui l’attenzione sul ruolo delle banche e delle assicurazioni.

Il “contributo straordinario” richiesto agli intermediari finanziari

L’aspetto più delicato e controverso della Manovra 2026 riguarda il contributo che lo Stato potrebbe chiedere alle banche (e, in misura più minore, alle assicurazioni). È ormai chiaro che il governo non intende procedere un blitz fiscale, né puntare su imposte straordinarie punitive. L’approccio è quello di una richiesta concertata, diluita nel tempo, calibrata sui bilanci degli istituti e sulla “capacità contributiva”.

Le stime più diffuse parlano di 4,5 miliardi complessivi da raccogliere, anche se fonti alternative - soprattutto interne al mondo bancario - suggeriscono che il punto di caduta realistico potrebbe essere intorno a 2,8 miliardi.

Il meccanismo più accreditato sarebbe quello della liberazione di riserve prudenziali accumulatesi in precedenti esercizi, mediante la tassa sugli extraprofitti (tramite un’aliquota più contenuta rispetto al passato) che consenta agli istituti di “liberarsi” di riserve oggi immobilizzate.

Il testo del Documento Programmatico di Bilancio (DPB) approvato in Consiglio dei Ministri prevede infatti che le risorse derivanti dalle “risorse reperite a carico degli intermediari finanziari e assicurativi” rientrino tra le coperture della Manovra, insieme a tagli di spesa e rimodulazioni di stanziamenti.

È utile sottolineare che le banche non stanno presentando un rifiuto netto: l’ABI ha espresso la disponibilità a “proseguire in via straordinaria nei contributi poliennali”, puntando a un confronto sul modello già sperimentato nello scorso esercizio, e respingendo ipotesi di imposizioni punitive e immediate.

Ma l’atteggiamento è prudente: gli istituti vogliono garanzie sui tempi, sugli effetti e sul peso effettivo del contributo.

I rischi, per il governo, sono politici e finanziari. Se il contributo fosse percepito come un’imposizione iniqua, la reazione del sistema bancario potrebbe essere più dura in sede tecnica, con richieste di contropartite o concessioni su normative o regolamentazioni. E soprattutto, se l’importo effettivamente raccolto dovesse restare sotto le aspettative (2-3 miliardi al posto di 4-5), le coperture della Manovra si ritroverebbero con un buco da colmare.

Alcuni osservatori indicano che l’architettura del contributo “concertato” sia anche una forma di compromesso politico interno alla maggioranza: Forza Italia e alcuni settori del centrodestra spingerebbero per non scavare troppo nelle casse del credito, mentre Fratelli d’Italia insiste sull’idea che chi ha beneficiato di rendimenti elevati debba dare un contributo maggiore.

Gli “altri” tasselli verso la Legge di Bilancio: tagli, rimodulazioni e maggiori entrate

Il contributo da banche e assicurazioni non rappresenta l’unica fonte delle coperture necessarie alla Legge di Bilancio 2026. Il governo conta anche su:

  • tagli agli stanziamenti ministeriali e rimodulazioni delle spese pubbliche meno prioritarie (infrastrutture, trasferimenti, fondi speciali), per recuperare qualche miliardo;
  • maggiori entrate ordinarie, derivanti dall’effetto crescita, miglior gettito fiscale, accertamenti e lotta all’evasione (anche se non è chiaro l’entità realistica);
  • rimodulazioni e utilizzo del PNRR, o effetti positivi legati alla riorganizzazione dei fondi europei, che potrebbero alleggerire la pressione sul bilancio ordinario.

Tutte queste fonti, però, richiedono tempo per realizzarsi, consenso parlamentare e un monitoraggio nel corso del 2026. Il vero banco di prova sarà la concreta capacità del governo di far quadrare i conti nei prossimi mesi.

Quali incognite restano?

Nonostante la bozza del DPB e le dichiarazioni ufficiali, diversi aspetti restano da definire e da monitorare in attesa del testo della Manovra.

Quanto concretamente verseranno le banche? Se il contributo reale resterà al di sotto della soglia minima necessaria, la Legge di Bilancio dovrà compensare con maggiori sacrifici su spesa o aumenti indiretti di imposte. E questo contributo sarà distribuito in un’unica tranche o spalmato su più anni?

Attenzione anche ai vincoli europei e alle valutazioni della Commissione UE. Il bilancio italiano dovrà passare il filtro di Bruxelles, che valuterà lo sforzo espansivo in relazione alle regole del Patto di stabilità e crescita.

Intanto, l’evoluzione delle variabili macroeconomiche - crescita, inflazione, tassi d’interesse e gettito effettivo - rischia di alterare i margini di flessibilità del governo.

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