Il cashless non ha prezzo

Dario Colombo

12/09/2022

06/10/2022 - 15:01

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Il mondo sta diventando cashless, l’Italia si deve convincere a farlo. Fra contactless, mobile e wearable spendiamo già centinaia di miliardi di euro. Li aumenteremo con semplicità e sicurezza

Il cashless non ha prezzo

Tutto il mondo sta diventando cashless: le tendenze, le norme, le opportunità per fare della moneta digitale e dei servizi di gestione connessi sono uno strumento di crescita economica e non un odioso obbligo da assolvere.

Basti pensare che gestire il contante costa alla Banca d’Italia 8 miliardi di euro all’anno, mentre a un imprenditore o commerciante, fra contabilità, strumenti, passaggi di mano e bancari, senza che se ne accorga il contante costa l’1% del volume di affari. Detto in altro modo, il passaggio integrale al cashless aumenterebbe il PIL.

Se inteso in questo modo anche un recente obbligo che ai più è parso come l’iniqua pressione di un tallone, come il Pos obbligatorio per commercianti e professionisti (lo era già; dal 30 giugno sono scattate le sanzioni per chi non lo utilizza) può essere visto come un’opportunità e non una minaccia.

Kenneth Rogoff ne La fine dei soldi (sottotitolo: Una proposta per limitare i danni del denaro contante) sostiene che l’’eccesso di denaro contante contribuisce in modo decisivo a rendere il mondo più povero, più iniquo e meno sicuro: pone grandi limiti alle politiche monetarie, favorisce l’evasione fiscale e il lavoro nero, rappresenta di fatto un regalo alla criminalità organizzata e al terrorismo”.

Se è vero ciò che le statistiche dicono, ossia che oggi circolano 3.200 euro in contanti per ogni cittadino europeo e 4.200 dollari per ogni americano, e che soltanto il 10%, è utilizzato dal “popolo” mentre il resto giace nel sommerso, la soluzione proposta da Rogoff, di abolire gradualmente la cartamoneta, con l’eccezione dei piccoli taglio, sarebbe uno stop all’illegalità e faciliterebbe le politiche monetarie delle banche centrali.

Vito Borgia, ceo della catena di pasticcerie milanesi Baunilla e Bioesserì ha forse letto Rogoff? Può darsi. Di certo poi lo ha preso alla lettera, perché dai suoi negozi ha tolto l’utilizzo del contante: da settembre i punti vendita diventano cashless, si può pagare solo in digitale, con carte di credito, debito o smartphone. Facile farlo perché si è a Milano? Si e no. I dati della diffusione dei pagamenti digitali, senza contante, tratteggiano già un quadro in cui l’Italia nel complesso si sta muovendo, anche se ha ancora bisogno di una spinta.

Quanto vale il cashless in Italia

Secondo l’Osservatorio Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano nel 2021 i pagamenti digitali sono stati di 327 miliardi di euro, con una crescita complessiva nell’anno pari al +22% rispetto al 2020.

Tutto bene allora? No. Il divario nei confronti degli altri Paesi europei quanto a transazioni pro-capite è peggiorato. L’Italia, infatti, è al 25esimo posto (su 27) nella classifica continentale per pagamenti digitali e precede solamente la Romania e la Bulgaria.

A dare una stura è stata sicuramente l’iniziativa del cashback, sposata da quasi 9 milioni di persone.

Qui gli italiani hanno cambiato passo nei confronti della digitalizzazione dei pagamenti: senza incentivi, i pagamenti digitali hanno continuato a crescere anche nella seconda metà dell’anno, raggiungendo, appunto, i 327 miliardi di euro e con un incremento complessivo rispetto al 2020 del 22%.
Nel 2021 la penetrazione dei pagamenti elettronici sui consumi delle famiglie è arrivata a quota 38%, con una crescita di 5 punti percentuali.

Si scrive cashless, si legge contactless, mobile e wearable

I pagamenti con carte contactless, di 126,5 miliardi di euro, si confermano i preferiti per acquisti nei negozi fisici.
La tendenza è stata resa possibile dalla diffusione delle carte e dei Pos abilitati, spinta dall’innalzamento del limite per i pagamenti senza Pin dai 25 ai 50 euro.

Al mobile wallet, ovvero lo smartphone che sostituisce il portafoglio fisico, si affiancano i wearable (oggetti indossati, come gli smartwatch), utilizzati in maniera più specifica per il pagamento contactless, ma capaci di rendere l’esperienza di pagamento più veloce e semplice per il consumatore.

Risultato, i pagamenti mobile e wearable in negozio superano i 7 miliardi di euro, raddoppiando il loro valore rispetto al 2020 (+106%).
Questo successo è da ricondursi alla combinazione di una serie di fattori: semplicità, velocità e utilità, percepita nell’uso quotidiano, portano infatti gli utilizzatori di questi strumenti a preferirli rispetto ad altri metodi.

La grande mano dell’e-commerce

Ma è negli acquisti online che ovviamente i pagamenti digitali danno ovviamente il meglio
L’e-commerce B2C in Italia è atteso raggiungere 45,9 miliardi di euro nel 2022 (+14% rispetto al 2021).

Acquisti online in cui il pagamento viene gestito nell’83% dei casi attraverso carte di credito o prepagate e il 23,6% di queste transazioni avviene tramite un digital wallet. Qui il contante viene utilizzato solamente nel 3,8% dei casi, ed è in decrescita.

Rimane il fatto che è necessario da un lato lo sviluppo di una cultura del pagamento digitale tra i consumatori e dall’altro il superamento superare barriere tecnologiche ed economiche per le imprese.

La chiave è rendere il pagamento come facilitatore tanto dell’incontro tra domanda e offerta, quanto della relazione tra merchant e operatori.

In questo l’e-Commerce ha fatto da guida nell’educare ai pagamenti cashless. Come ha osservato Roberto Liscia, Presidente di Netcomm, se quattro anni fa più della metà dei pagamenti nei negozi erano in contanti, oggi il panorama è cambiato: nei punti vendita, l’uso del contante ha la stessa incidenza del Bancomat (circa il 35%) e sono cresciute le forme di pagamento associate allo smartphone.

Fanno ancora la differenza età e scolarità media nel generare timori tra i consumatori, freni che si allentano con la comunicazione corretta e la sicurezza intrinseca delle tecnologie utilizzate.

Perché bisogna parlare di payment experience

Il momento del pagamento è la fase chiave del processo di acquisto. È un momento in cui le transazioni possono anche non essere concluse.

Il consumatore percepisce il valore della sicurezza e della libertà delle soluzioni offerte dai merchant per gestire in maniera autonoma, flessibile e sicura il proprio processo di acquisto.

Si parla dunque di esperienza di pagamento che completa quella di acquisto. Una fase in cui rientra anche il percepito emotivo creato dal processo di pagamento semplice, affidabile e veloce e la possibilità di scegliere fra digital wallet o wearable.

Stanno a una ricerca di Netcomm in collaborazione con EY, più del 40% dei consumatori dichiara che pagherebbe con strumenti elettronici, ma in realtà tende a pagare in contanti. Si vivono quindi emozioni contrastanti: si guarda al nuovo, si persevera nel vecchio.

Le imprese possono fare la loro parte garantendo sicurezza a processi di acquisto privi di freni.
Lo smartphone è quindi lo strumento prediletto, e le tecnologie di intelligenza artificiale (riconoscimento facciale e biometrico), proteggono dalle frodi.

Tecnologie complesse, indubbiamente, che hanno costi di servizio che possono frenare gli esercenti, specie quelli di piccole dimensioni, che così si allontanano dal cogliere i vantaggi in termini di sicurezza e gestione dei pagamenti.

Ma nonostante questi ostacoli, il futuro è dei pagamenti digitali e di un commercio senza contante, dato che prevarrà l’esperienza di acquisto multicanale e personalizzata.

In questo quadro il ruolo dell’open banking è già adesso rilevante. Già lo stanno facendo, ma devono investire sempre di più in strumenti che tolgono gli ostacoli al pagamento digitale e in tecnologie di sicurezza, a contrasto delle nuove forme di cybercrime.

Coinbar Fabrick

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