«Necessario inviare armi all’Ucraina per fermare i russi. Ecco quando interverrà la Nato». Intervista a Calcagno (Iai)

Emiliana Costa

08/04/2022

Continua la guerra in Ucraina. Le truppe russe si ritirano dal nord e si spostano sul fronte est. Putin ha rinunciato a Kiev? E in quale caso interverrà la Nato? Intervista a Elio Calcagno (Iai).

«Necessario inviare armi all’Ucraina per fermare i russi. Ecco quando interverrà la Nato». Intervista a Calcagno (Iai)

Quarantaquattresimo giorno di guerra in Ucraina. Stamane il bombardamento russo alla stazione di Kramatorsk, nella regione di Donetsk. Al momento dell’esplosione, migliaia di persone stavano cercando di lasciare la città in treno per sfuggire agli attacchi. Il bilancio provvisorio è di almeno 50 vittime, tra cui 10 bambini.

Secondo l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani finora sarebbero 1.611 i civili uccisi in Ucraina, di cui 31 bambini. Oltre 2.200 i feriti. Ma i numeri potrebbero essere molto più alti. Le autorità ucraine parlano di 7 mila civili ucraini uccisi. Oltre 4 milioni i profughi.

Al momento il conflitto si trova in una fase di stallo. Le truppe russe hanno liberato la parte nord e si starebbero ricollocando a est, nella zona del Donbass. Putin ha rinunciato Kiev? Qual è ora il suo obiettivo e quanto durerà ancora il conflitto? Ne abbiamo parlato con Elio Calcagno, ricercatore nel programma Difesa dell’Istituto Affari Internazionali (Iai).

Siamo quasi al mese e mezzo di guerra. Pochi giorni fa, l’orrore di Bucha e Borodyanka. Oggi un missile su una stazione ferroviaria. A che punto siamo?

La «strategia Siria» l’abbiamo vista attuare dai russi molte volte, anche in Cecenia. Sono tattiche a cui il Cremlino fa ricorso per ovviare agli stalli sul campo di battaglia. In quasi 45 giorni hanno avanzato poco. Ora hanno lasciato il nord e si sono ritirati oltre il confine della Bielorussia. Bisogna aspettare l’esito dei negoziati per capire se saranno affrontati dai russi in buonafede o utilizzati come specchietto per le allodole.

Il Cremlino ha annunciato che gli obiettivi sono stati raggiunti e che l’operazione militare durerà poco. Cosa sta succedendo? Putin non punta più a rovesciare Zelensky?

Rovesciare Zelensky era il primo obiettivo dichiarato dai russi con la famosa formula della «denazificazione». Pensavano che il governo di Kiev sarebbe scappato all’estero. Ma l’Ucraina si è rivelato un paese unito. Adesso deporre Zelensky è un obiettivo non più raggiungibile. Ogni giorno che passa la Russia si indebolisce. È in atto un ricollocamento delle forze russe a est, la zona dove le truppe del Cremlino sono avanzate di più. Dopo Mariupol, il prossimo obiettivo potrebbe essere Odessa. Questo doterebbe la Russia di più porti sul Mar Nero. Ma la guerra non è gratis né in termini di vite umane né economici e l’esercito russo si trova in difficoltà.

Qual è la situazione militare degli ucraini?

Anche gli ucraini si trovano in una situazione delicata, con carenze di munizioni. Le truppe di Kiev si trovano ad assaltare i carri armati russi con i soli missili anticarro. Il tempo potrebbe portare beneficio all’Ucraina, che può consolidare le misure di difesa e ricevere equipaggiamenti dagli altri paesi. Anche se la guerra sul fronte est sarebbe difficile da affrontare per Kiev senza carri armati. I russi usano i cieli più degli ucraini.

Un ex consigliere del Cremlino ha affermato che i prossimi obiettivi sono in Europa. È possibile l’apertura di nuovi fronti?

Dall’inizio della guerra si vocifera di un nuovo fronte in Moldavia, la cui popolazione è in larga parte russa. Si è parlato anche dei Paesi Baltici e della Polonia. Non è detto che non si aprano nuovi fronti, ma al momento la Russia fa fatica a combattere sul campo di battaglia l’Ucraina. Un altro fronte sarebbe difficile dal punto di vista pratico. Hai un serio problema di uomini quando sei costretto a utilizzare coscritti e mercenari.

La Cina ha votato contro la sospensione della Russia dal Consiglio dei diritti umani. Qual è il suo ruolo? Potrà appoggiare militarmente Mosca?

In tanti si sarebbero aspettati un tipo di supporto più esplicito da parte di Pechino. Ma la Cina con questa guerra ha subito gravi danni a livello economico, con l’aumento dei prezzi del carburante. Pechino ha una relazione di collaborazione con la Russia, ma non sono alleati. È vero che ha votato contro la sospensione della Russia dal Consiglio dei diritti umani, ma questo non è un segnale di apertura verso Mosca.

Tensione alta anche nel Mediterraneo dove le navi russe tallonano la flotta Nato. E i bombardieri B-52 Usa sorvolano l’Europa e l’Italia. Cosa può far scattare un’escalation? In quale caso interverrebbe la Nato?

Gli interventi della Nato dipendono dall’articolo 5 sulla difesa collettiva. Un attacco a uno degli alleati è un attacco a tutti gli alleati. Perché la Nato entri in guerra, dunque, ci vorrebbe un attacco a un paese membro come i Paesi Baltici o la Polonia. Esiste il rischio di incidenti. Ma il Mediterraneo è sempre molto «trafficato» dai tempi della Guerra fredda. I russi hanno una base in Siria e sul Mar Nero. C’è sempre stato il «tallonamento» tra flotte anche per strategia.

Quinto pacchetto di sanzioni alla Russia e per la prima volta si tocca il settore energetico con il carbone. Intanto continua l’invio di armi all’Ucraina. È efficace la strategia occidentale?

Senza l’invio di armi l’Ucraina si troverebbe in una situazione sempre più precaria. Nel conflitto che stanno vivendo le munizioni finiscono velocemente. Con le armi occidentali gli ucraini riescono ad abbattere gli aerei russi. Inoltre, prima della guerra la Nato ha addestrato decine di migliaia di soldati ucraini e questo sta avendo un impatto. Sull’invio di carri armati i paesi sono divisi. C’è chi teme che se un carro armato proveniente da un paese occidentale ne abbatte uno russo, il Cremlino potrebbe considerare quel paese coinvolto nel conflitto. Per quanto riguarda le sanzioni, finché si compra energia dei russi la situazione è paradossale. Oggi, la visita a Bucha della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen insieme all’Alto Rappresentante per la Politica Estera Josep Borrell.

Sono circa 620 mila gli Ucraini che sono tornati a casa convinti che la guerra sarà ancora lunga. Qual è lo scenario possibile?

Putin ha passato anni a dire che quello ucraino era un governo nazista. Perderebbe la faccia a tornare a mani vuote. Se si accontenterebbe del Donbass? Bisogna vedere se gli Ucraini accetterebbero. Il paese si sente ferito da un attacco tremendo. Anche nel 2014 Putin non riuscì a conquistare tutto il Donbass. Poi c’è il discorso della Crimea. Zelensky ha detto più volte che non è sul tavolo negoziale, perderebbe un porto importante. Di fatto, la Russia è un impero anche oggi, con decine di milioni di persone non russe al suo interno. E si comporta da impero. Un impero debole può dar vita a movimenti indipendentisti. Quanto durerà il conflitto? Bisogna vedere se Putin è disposto a scendere a compromessi. Ma se fosse stato disposto forse non si sarebbe arrivati alla guerra.

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